«Io non sono contrario a Cristo. Era una personalità umana in tutto e per tutto e se vivesse ai nostri tempi, si unirebbe certamente ai rivoluzionari e, forse, avrebbe anche un ruolo di spicco fra di loro… Non c’è dubbio su questo»
(Fëdor Dostoevskij)
“Disegnatemi un pastore con il gregge. E disegnatene una sulle sue spalle”.
Fra dodici di loro, l’unico fu Giovanni a consegnarmi un disegno diverso dalla massa: aveva eseguito perfettamente le indicazioni, ma la pecora sulle spalle l’aveva fatta nera.
Un colpo di fulmine e Giovanni non seppe spiegarmi perché lo avesse fatto, se non con la genuinità di un bambino: “Non lo so, ma cercavo un modo per fare la differenza”.
Sono quelle cose semplici che non dimentichi più e che tornano ogni volta in cui le immense e indistruttibili strutture di peccato vengono con le ruspe a presentare il loro conto.
Le pecore nere, alla fine dei conti, sono le serene ed incoscienti persone che servono per affrancare intere generazioni.
Coloro che non si piegano alle regole e alle abitudini sociali e familiari e, senza accorgersene fino a un certo punto, né con cattive intenzioni, ancora senza poterlo evitare, provano incessantemente a sradicare le ataviche usanze.
Sono quelle che vanno in direzione ostinata e contraria e, neanche a farlo apposta, vengono allontanate, giudicate, derise, rifiutate.
Le stesse che prima o poi verranno trattate da zero e per un certo tempo cadranno nella trappola, comportandosi da zero; trattate da stupide, si violenteranno e faranno le stupide; trattate da inette, stanche, cederanno all’idea di essere effettivamente inette.
Eppure funziona che la natura chiama in maniera primordiale, e presto o tardi le pecore nere torneranno alla loro missione che è quella di liberare chi le circonda dalla frustrante ripetitività degli schemi.
Vivendo la vita nell’unico modo che conoscono, scalpitando senza sosta, facendo volare i tavoli, non trovando pace nella capacità di adattamento dei più, guariscono, aggiustano, depurano e forniscono nuovo ossigeno intorno.
Sono loro l’arma diletta degli avi che non sono riusciti, in vita, a scardinare le dottrine secolari diventate invisibili catene per i ciechi che credono di vedere, i sordi che credono di sentire, i servi che credono di liberare.
Spesso la forza di inerzia spingerà il mondo intorno a mantenere il flusso avvelenante ed inquinato delle cose, rendendo apparentemente impossibile la vita del Lancillotto sovversivo e rivoltoso.
Eppure lui, in qualche modo, troverà sempre il sistema per ricordare che
Il nero genera nero.
Il nero moltiplica nero.
Il nero cresce nero.
Il nero accresce nero.
E se lo dice chi del nero ha fatto modus vivendi, imparando a non farne modus operandi, toccherebbe provare a crederci.
Di nero ci si veste, non ci si nutre.