“Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave senza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!”
Direi che l’invettiva del canto VI del Purgatorio, che è probabilmente la più famosa dell’Opera di Dante, si confà perfettamente ai giorni nostri, dove gran parte della stampa nazionale, nonche diversi esponenti politici, piangono le dimissioni di Mario Draghi, il nostro “nocchiere”, di cui la nostra “nave” avrebbe tanto bisogno e invece è stato scelleratamente (secondo loro) rimosso dall’incarico.
Infatti, continuando la lettura del canto, si scopre che l’invettiva ha più destinatari.
Dante se la prende con il popolo, sempre litigioso e violento, incapace di vivere in pace, ma soprattutto attribuisce le maggiori responsabilità della triste situazione italiana all’imperatore Alberto d’Austria che l’ha abbandonata a sé stessa, ed è di conseguenza il primo colpevole della “tempesta” in cui si trova “la nave”, insieme alla Chiesa (per mano del secondo Dante perfido Bonifacio VIII) che ha approfittato della sua assenza per fare esclusivamente i propri interessi.
Se però c’è una differenza tra lo sfogo amaro di Dante e gli attuali (già) nostalgici di Draghi, sta proprio nel fatto che mentre il primo ritiene l’imperatore (e quindi il nocchiere) il maggiore responsabile dell’instabilità in cui versano l’Italia e la sua popolazione, i“draghiani” se la prendono con i partiti (ergo i rappresentanti del popolo) che non hanno accettato la guida del nostro illuminato comandante, e temono il risultato delle elezioni (cioè la volontà del popolo), dimenticando che è stato proprio il presidente Draghi a dimettersi quando aveva ancora una solida maggioranza in parlamento.
Dante era un uomo del suo tempo, non certo democratico, anche se la sua Firenze proprio in quegli anni faceva esperienza di un sistema che era certamente più democratico delle signorie e dei regimi assolutisti che si svilupparono tra il’400 e il ‘600, e lui stesso fu eletto come uno dei priori della città. Forse però fu proprio perché quell’esperienza praticamente gli costò l’esilio, che il poeta fiorentino cominciò a pensare che il popolo non dovesse partecipare attivamente alla vita politica del Paese, causa i soliti litigi e rancori che impediscono alle persone di pensare al bene comune e non esclusivamente ai propri interessi, ma affidarsi alla guida temporale dell’Imperatore e a quella spirituale del Papa.
Tuttavia, dai versi di Dante si evince una concezione più moderna del rapporto tra nocchiere e nave, governanti e governati, di chi in questi giorni è sembrato preoccuparsi più delle sorti del nocchiere che della nave, causa l’atavica attrazione che provano gli italiani per l’uomo forte, vero o presunto che sia.
Comunque la si veda, purtroppo l’unica cosa certa è che, dopo più di settecento anni, l’Italia è ancora di dolore ostello, e infatti questo inverno rischia di essere dolorosissimo.
Infine, visto che solitamente mi occupo di Cina, vorrei concludere con l’invettiva del sesto canto del Purgatorio in cinese (in precedenza avevo scritto un articolo riguardo alla Divina Commedia tradotta in mandarino), anche perché pure nel Paese del Dragone quest’anno ci sarà il congresso che nominerà il prossimo“nocchiere” della “nave” (o meglio ”transatlantico” viste le dimensioni), anche se l’elezione sarà esclusivo appannaggio dei delegati del Partito Comunista Cinese.
Comunque il canto è tradotto così:
“呜呼,奴隶的意大利,痛苦的温床,你是暴风雨中失去舵手的孤舟,你不复是各省的主妇,却沉沦为娼妓!”
(wū hū , núlì de yìdàlì , tòngkǔ de wēnchuáng , nǐ shì bàofēngyǔ zhōng shīqù duò shǒu de gūzhōu , nǐ bú fù shì gè shěng de zhǔfù , què chén lún wéi chāngjì )
che in italiano sarebbe
“Ahimé, schiava Italia, focolaio di dolore, sei una barca solitaria che ha perso il suo timoniere in una tempesta, non sei più la donna di casa di ogni provincia, ma sei ridotta a prostituta!”.
Da notare come “donna di province”, in cinese viene tradotto esplicitamente come “donna di casa, casalinga” (主妇 zhufu), a rimarcare che la donna ideale per Dante era colei che si occupava delle faccende domestiche, l’”angelo del focolare”, e forse è per questo che la parola “focolare” (温床wenchuang), è stata utilizzata al posto di “ostello”.