Sono un po’ visionario e un po’ cinico – sottolinea Cavazzoni – vivo da cani (ride)
Settantadue anni di comico sconforto quelli di Ermanno Cavazzoni, ospite, domenica 19 maggio, alle ore 19.30, presso Mater Gratiae, del Festival della Disperazione di Andria. Nato nel 1947, infatti, lo scrittore emiliano deve proprio alla sua terra le origini letterarie che lo hanno temprato di latinistica industria e italiana arguzia, scenari paesaggistici desolati e desolanti, distese verdi ricolme di speranza e nichilismo, paradossi essenziali per comprendere la sua penna, tacita ed eloquente, il sole ma, soprattutto, la luna nei cui crateri seppellire tutti i dispiaceri, come in una sorta di Vaso di Pandora, perlustrazioni satiriche che hanno ispirato la sua opera “Breve storia della Disperazione”, testamento di sensibilità adattata alla contingenza, anacronistici spazi da avvicinare.
“Sono un po’ visionario e un po’ cinico – sottolinea Cavazzoni – vivo da cani (ride), nel senso più etimologico del termine, coniato, per la prima volta, nel Manuale di Epitteto in cui si parla del pensiero inteso come sorgente di ansie e paure, e della nostra capacità di controllarlo, allontanandoci, a differenza dell’allunaggio di cui sopra, da false promesse ed improduttive ambizioni. “
E’ un Universo inesplorato la cifra linguistica di Cavazzoni, “La galassia dei dementi“, per citare un altro suo capolavoro, un futuro avanzato fino al 6000, un meltin’ pot di attesa e nullafacenza, sulla scia del Vladimiro ed Estragone descritti nell’assurdo di Samuel Beckett. Figure maschili e femminili, muliebri elucubrazioni di donne emarginate, raccontate nelle Eroidi di Ovidio, anello di congiunzione fra le anime depresse incise nei geroglifici egizi, le fisime sentimentali dell’Iliade di Omero, e le foscoliane “Ultime lettere di Jacopo Ortis“, pseudonimo o maschere con cui anelare all’eremitaggio, una vita single, in pratica, con bollette da non pagare e pensione di reversibilità da ritirare…
A dominare l’incontro di Cavazzoni con il pubblico andriese sarà il tema della morte, riletta con sagace ironia “anche se la parola ironia rinvia ad una certa aggressività”. Il rapporto eros-tanathos si enfatizza nella caratterizzazione dei personaggi dell’Ariosto, cavalieri fedeli alle diatribe sull’aldilà, guerrieri catafratti e bardati di umanità, percorso transitorio di un destino già segnato.