Lunedì 31 agosto, dalle ore 21.30, andrà in scena, a Palazzo Ducale, in occasione della XXIV Edizione del Festival Castel dei Mondi, “Quale droga fai per me”, il coraggioso trip emozionale di una madre che l’attrice andriese Stella Addario eredita dall’opera di Kai Hensel e restituisce al pubblico con un tocco di classica, ma non banale, umanità:
Ciao Stella. Essere madre di un bambino problematico rischia di rafforzare o di svilire il sentirsi Donna?
Hanna, la protagonista di questa storia, non è un’eroina, è una donna “normale”. E’ il racconto di una donna qualunque, uno dei tanti visi che ognuno di noi incrocia per strada, di cui non sappiamo nulla, ma dietro cui può nascondersi tutto. Il vuoto tragico di un’esistenza, per esempio, rinchiusa e “protetta” nella sua condizione di casalinga e mamma, segnata da una inconsapevole incapacità di amare e di prendersi delle responsabilità. Una donna frastagliata, incapace di abbracciare persino il proprio bambino. Che non ha più nulla da dire al proprio marito. Se questo è lo sfondo sul quale si staglia la vita di una donna, può accadere che la problematicità del proprio bambino, diventi una condizione che rischia di incidere su un equilibrio psichico, che di per sé è già fragile e compromesso. Come donna, non come attrice che interpreta Hanna, ho molta difficoltà a rispondere, penso che bisognerebbe viverla quella condizione nella sua quotidianità, in prima persona. Potrebbe sembrare che mi stia giocando la carta del politically correct, ma non credete che sia abbastanza normale e “umano” sentirsi talvolta sviliti, inadeguati, imperfetti? Ciò che è importante è come ripartiamo da questo svili-fallimento. Nel percorso della vita, la vittoria si vede alla fine. E lì, guardando indietro, potrebbe pure accadere di sorprenderci, nello scoprire che nonostante tutto siamo stati capaci di evolverci, migliorarci e di uscirne rafforzati.
Sarebbe giusto considerare Hanna, la protagonista dello spettacolo “Quale droga fa per me” per la XXIV Edizione del Festival Castel dei Mondi, l’insegnamento che la vita è l’eccitante più potente di qualsiasi sostanza chimica e sintetica?
Sono assolutamente d’accordo. Hanna è in cerca di una svolta esistenziale. E, se prima gli stupefacenti le fanno conoscere l’euforia, la liberazione di parti di sè rimaste in ombra, poi giunge anche alla presa di coscienza della sua devastante caduta, dell’umiliante labirinto chimico di cui è prigioniera. Chiedersi, anche se non sempre con parole precise, se si è felici della propria vita è importante. Desiderarlo è fondamentale, lo scopo unico ed ultimo di tutta l’esistenza. La scelta del percorso per il raggiungimento della propria felicità è individuale. Ognuno è libero in questa ricerca e questa libertà è sacrosanta e inviolabile. Ma non credo che questa scelta possa prescindere dal riconoscimento e dal rispetto del valore della VITA, di ogni singolo individuo e di ogni essere vivente.
Come mai l’autore Kai Hensel decide di raccontare ricorrendo ad aforismi di Seneca?
Non facciamo anche noi la stessa cosa ogni giorno, forse? Basta scorrere le pagine di alcuni dei più popolari social per rendersi conto che siamo tutti pericolosamente affetti da una sorta “citazionismo”. Aforismi, massime, pret-a-porter, per ogni circostanza, per tutte le occasioni. Il web ha reso possibile compiere questo saccheggio. I più forse non conoscono o non hanno mai letto un libro per intero dell’autore che citano. Hanna fa esattamente la stessa cosa. Probabilmente avrà sfogliato distrattamente “Seneca per manager” e si serve delle parole dell’illustre filosofo, per supportare le sue convinzioni, eleggendolo a ruolo inconsapevole di suo nume tutelare. E’ lo specchio fedele dei tempi. E Kai Hensel ha colto benissimo questo aspetto.
Credi che rispettare il concetto comune di femminilità sia il più alto gesto di eroismo nella società moderna?
Ti rispondo con una cosa che ho scritto qualche tempo fa, a proposito della maternità, ampliando un concetto che, secondo me, va oltre l’atto della procreazione, “…viviamo i diritti con la meraviglia di tenerceli stretti, senza volerci rinunciare, ma con la pienezza di quelle cose che ci rendono femmine, che sono e devono rimanere tutte per noi.”
Che differenza, teatrale ed umana, c’è fra la Stella Addario mia introspezione sotto le coperte nell’esperimento “Todo lo que esta a mi lado” del Festival di due anni fa e quella di quest’ultima pièce?
Il teatro è umano, perché basa la sua stessa essenza sull’essere umano. Per questo il teatro non morirà mai. Ogni esperienza di palco per un attore è innanzitutto un’esperienza umana.
Todo lo que esta a mi lado è stato incredibile. Sono grata alla vita per l’opportunità che mi è stata data. Dividere lo spazio così intimo, come un letto, stare sotto le coperte con uno sconosciuto e sapere che hai solo quello spazio, quel tempo, quelle parole per stabilire una connessione profonda con l’altro. E’ stato molto forte. Quale droga fa per me è stata una grande scommessa. Quando Marinella Anaclerio, regista e direttrice artistica della Compagnia del Sole, con la quale collaboro da ben sette anni, me lo ha proposto, dopo aver letto il copione non ho avuto esitazioni e ho accettato. Hanna è un personaggio complesso, un ruolo che rappresenta una grande sfida per qualunque attrice che voglia esplorare e portare in scena le molteplici sfaccettature dell’essere umano. Un ruolo che ti permette di giocare, ridere, piangere e di sfidarti continuamente per migliorarti. Quando porto in scena Hanna, mi sento come se entrassi in un’arena e devo lottare in ogni istante perché il miracolo del teatro si compia, perché accada, hic et nunc. E’ un grande privilegio. E per questo, io mi sento molto fortunata.