di Giovanna Sgherza

“Se guardi le scarpe che una persona indossa capisci tante cose di lei: chi è, dove va, cosa fa, quanto guadagna, cosa pensa e chi frequenta” …

Agostino sentiva spesso la madre ripetere questa frase o una simile, e attribuiva quelle parole, sagge o insensate in base al punto di vista che si sceglie, al fatto che il marito di mestiere facesse proprio il calzolaio e perciò di scarpe ne aveva viste e riviste a migliaia e anche più nella bottega.

Il padre di Agostino considerava la riparazione di scarpe usate o consumate  una vera e propria arte che si tramandava ormai da decenni di padre in figlio.

E ne era molto orgoglioso, anche perché con il passare degli anni, agli insegnamenti ricevuti dai predecessori, aveva aggiunto una particolare abilità che lo rendeva un calzolaio speciale: confezionare per intero una tomaia, in cuoio o pelle, che cucita con precisione sulla suola dava alla luce una nuova calzatura.

Agostino era cresciuto nella bottega, soprattutto in estate quando non frequentando la scuola, cercava di rendersi utile aiutando il padre nelle mansioni più semplici.

Perciò adorava l’odore del cuoio e della colla, si divertiva a mettere ordine sugli scaffali, a suddividere i piccoli chiodi nei contenitori in base a colore e  grandezza, e aveva inventato un metodo efficiente per la consegna e il ritiro delle scarpe.

All’età di 12 anni si chiedeva se il suo futuro fosse già scritto o se poteva avere altre aspettative e nuovi interessi. Certo non gli sarebbe dispiaciuto continuare il mestiere del padre, per altro abbastanza redditizio, ma non aveva intenzione di precludersi una carriera lavorativa diversa, anche perché a scuola otteneva sempre ottimi risultati in tutte le discipline e gli insegnanti lo spronavano a continuare gli studi anche dopo la scuola dell’obbligo.

Abituato com’era a vedere scarpe di tutti i tipi nella bottega del padre, un giorno durante la lezione del martedì che precedeva le vacanze di Natale, fu proprio in classe che si profilò nella sua mente una strana e curiosa riflessione.

Il paese dove viveva era un paesino di montagna e la strada per arrivare all’edificio scolastico, di nuova costruzione, in inverno era sempre piena di fango o neve a causa delle intemperie. Tutti quelli che entravano avevano quasi ogni giorno gli stivaletti sporchi di terra e spesso il collaboratore scolastico era costretto a ripulire il pavimento durante lo svolgimento delle lezioni.

Ma puntualmente, ogni giorno, il professore di Italiano e Storia entrava in aula indossando un paio di scarpe di pelle nera, con lacci nuovi e tomaia lucidata e mentre si aggirava tra i banchi dei suoi alunni, Agostino poteva addirittura sentire quel particolare odore di pelle che conosceva sin dalla nascita.

La sua domanda era: “Ma come farà il professore ad avere sempre le scarpe così pulite e nuove? È impossibile attraversare il paese senza sporcarle neppure di un centimetro …Forse arriva a scuola con largo anticipo e prima di iniziare la lezione le pulisce ben bene? Non credo faccia una magia o qualcosa di simile!”.

Si sa, la fantasia dei ragazzi talvolta supera l’immaginabile e magari può fuorviare quella che invece apparirebbe la soluzione più semplice al mondo.

Così la mattina dopo Agostino uscì di casa molto prima della solita ora e si incamminò a passo svelto verso la scuola, finendo di sbocconcellare l’ultimo pezzo di pandolce con uvetta che la mamma preparava per la colazione.

Tirò su il cappuccio del pesante giaccone un po’ per difendersi dal freddo, un po’ per mimetizzarsi, e si appostò dietro l’ingresso principale della scuola, ben nascosto da una delle due grandi colonne che sorreggevano il cancello.

Esattamente dieci minuti prima del suono della campanella, che abitualmente chiamava a raccolta tutti gli studenti, vide sopraggiungere il suo professore, equipaggiato di cappello, guanti e una pesante sciarpa di lana.

In mano portava la sua fedele cartella e un elegante ombrello.

Ma quello che sorprese maggiormente Agostino furono gli stivaletti da montagna di colore grigio che portava ai piedi e nei quali erano infilati i pantaloni: mostravano evidenti tracce di fango ed erano molto imbrattati di terreno argilloso.

Il mistero era dunque risolto: il professore percorreva il tragitto con calzature adatte alla strada fangosa e ghiaiosa e poi, appena arrivato a scuola, indossava scarpe pulite ed eleganti più adatte a completare l’abbigliamento formale da insegnante a cui era devoto.

Durante la lezione Agostino non poté fare a meno di continuare a pensare a quello che aveva scoperto.

Sebbene riteneva che fosse giusto fare un cambio di scarpe per non sporcare il pavimento, mentre ascoltava il professore che spiegava un brano della letteratura italiana con frasi ben articolate e con espressione lodevole e a tratti altisonante, faceva tra sé e sé una analisi un po’…romantica di quel gesto notato soltanto da lui.

Guardò attentamente le scarpe lucide del professore e ricordò ognuna delle parole di quella frase ripetuta sempre dalla madre: quasi gli sembrò che quelle scarpe sussurrassero ed emanassero cultura, conferendo alla lezione una importanza straordinaria mentre la voce dell’insegnante pareva far fluttuare il racconto in un’aura di sublime bellezza.

Agostino, con aria imbambolata, si chiedeva se fosse soltanto pura fantasia quella che ogni tipo di scarpe esprime l’essenza del legittimo proprietario, e quando il professore, avendo notato che era immerso in altri pensieri, un po’ contrariato lo richiamò all’attenzione, sorridendo spontaneamente disse: “Le sue scarpe sono troppo belle per essere impersonali, secondo me grazie a loro lei è diventato un professore bravissimo!”.

Tutti i suoi compagni lo guardarono sbalorditi anche perché probabilmente non avevano colto il significato di quella strana affermazione e subito guardarono le scarpe del professore che intanto, allibito anche lui, era diventato rosso un po’ per l’imbarazzo, un po’ per lo stupore.

Risultava difficile in quel contesto trovare la risposta giusta da dare al ragazzo e a tutta la classe. Si creò nell’aula un momento di  tensione incredibile: nessuno si muoveva, nessuno parlava, tutti attendevano una risposta e tenevano la testa un po’ bassa.

Il professore volse inconsciamente lo sguardo alle scarpe dei suoi allievi e dopo aver esitato qualche minuto, aggiunse: “Cari studenti, voi siete ancora molto giovani, avete la vita intera davanti a voi e  tanta strada ancora da percorrere. Questo paese in cui abitate è tutto ciò che avete conosciuto finora, ma il mondo offre altre opportunità. Abbiate cura perciò delle vostre scarpe, che siano robuste e vi conducano in posti migliori, dove poter coltivare i vostri sogni e realizzare i vostri desideri. Un giorno capirete che scarpe leggere ed eleganti non sono proprio adatte ad accompagnarvi in un percorso lungo e faticoso e solo quando avrete raggiunto i vostri obiettivi non sentirete più la fatica del percorso ma la soddisfazione di essere giunti alla meta. Allora potrete sicuramente indossare scarpe leggere ed eleganti!”.

Seguì un fragoroso applauso e Agostino fu molto contento di aver suscitato quella profonda riflessione sebbene avulsa dal contesto della lezione.

Capì subito che la sua disattenzione non sarebbe stata punita giacché il professore gli si avvicinò e sorridendogli gli strinse la mano.

Dopo più di trent’anni, Agostino, osservando le scarpe che indossa, ricorda ancora bene quella memorabile giornata scolastica e forse sente nostalgia dei tempi andati.

Però si ripete che il professore aveva avuto perfettamente ragione: con caparbietà e determinazione, inseguendo il proprio sogno e grazie ad un prestito agevolato per giovani imprenditori, era riuscito a trasformare la bottega del padre in un moderno calzaturificio che dava lavoro a trenta dipendenti e riforniva di calzature migliaia di famiglie.

Suo padre, invecchiato e ormai in pensione, era molto orgoglioso di lui e conservava con amorevole cura i suoi antichi strumenti del mestiere, accanto ad un paio di stivaletti robusti e impolverati a cui Agostino era molto affezionato.