
Di Paolo Matera
Da alcune settimane ho il piacere di condividere con la professoressa Rosa Del Giudice, “sotto l’ombrello” del Centro di Orientamento Don Bosco, il progetto di alfabetizzazione e miglioramento della comunicazione dal titolo “L’Armonia delle parole”. Esso è rivolto agli ospiti della Cooperativa Sociale “Questa città”, alcuni dei quali provengono dalla struttura di Trani, e si svolge, con il supporto interno delle dott.sse Alessandra Lamesta e Enza Patruno, in una serie di incontri settimanali presso il Centro diurno di Via Carissimi, ad Andria.
I partecipanti al percorso sono soggetti adulti, in prevalenza tra i trenta e i cinquant’anni, tutti portatori, ciascuno a proprio modo, di fragilità psicologiche ed emotive, gravosi fardelli invisibili che non li privano, fortunatamente, delle legittime motivazioni all’apprendimento e all’auto-miglioramento.
L’iter formativo si snoda lungo alcune semplici direttrici, finalizzate, da una parte, a fornire ai corsisti gli strumenti di base, concettuali e verbali, per una adeguata espressione del proprio pensiero; dall’altra a favorire e promuovere la presa di coscienza delle individuali potenzialità comunicative, ponendo le condizioni per un futuro sviluppo autonomo.
In tale ottica si è partiti da test d’ingresso su competenze grammaticali, sintattiche, ortografiche, lessicali di base, per proseguire con guide alla lettura, analisi del testo ed esercitazioni di coerenza e comprensione dei contenuti, con l’obiettivo finale di approdare a una metodologia di educazione al bello e di stimolo alla lettura attiva, senza escludere fasi di evoluzione interattiva, che coinvolgano, per esempio, esperimenti di drammatizzazione e l’utilizzo di mezzi multimediali.
Il rapporto di insegnamento-apprendimento tra adulti rappresenta una prova ben più ardua del più canonico rapporto pedagogico-didattico tra maestro e alunno in età d’apprendimento; pertantoesso sembra essere ancora più stimolante, perché richiede uno sforzo umano e comunicativo maggiore, una delicatezza gestuale e metodologica, un’attenzione costante alla misura delle parole. Si può dire che la metadidattica, in questo caso, prevalga decisamente sulla didattica, in una dinamica che ha poco a che fare con la tecnica e molto più con il cuore. Le signore e i signori del Centro diurno di Via Carissimi e della struttura di Trani posseggono un’innocenza puberale immersa in una sensibilità adulta, connotazioni, queste ultime, che sono il prodotto virtuoso del meglio esistente in ogni età. C’è Maria, il cui sorriso di struggente dolcezza ti disarma, in dissonanza con questi nostri sciagurati tempi di riarmo; c’è Giuseppe, riservato, ma decisamente volenteroso e silenziosamente operativo; c’è Vincenzo, unico giovane ragazzo del gruppo, i cui talenti scalpitano come cavalli imbizzarriti; c’è Luigi, stoffa da primo della classe, occhi piccoli dietro a occhialini da intellettuale, modi discreti e gentili, un numero dieci che segna i suoi gol senza esultare. E l’elenco potrebbe continuare con Teresa, garbata nel modo di interloquire con tutti gli altri, oltre che diligente e costante nell’impegno; Leonardo, capace di originali intuizioni che si sforza di manifestaree di socializzare con le compagne/i compagni di corso; Davide,orgoglioso di indossare la divisa di aiutante cuoco e costantemente partecipe al dialogo, con l’intento di acquisire competenze per gli esami di stato che affronterà a giugno come studente dell’Alberghiero di Trani; Anna, affettuosa, espansiva e pronta a chiedere umilmente scusa quando, a tratti, si astrae dal contesto contingente inseguendo i suoi pensieri e le sue preoccupazioni; Fabio,empatico, irruento e deciso a esprimere in ogni circostanza il suo punto di vista; Rosa, mite, riservata, provata dalle esperienze negative della vita e, di conseguenza, bisognosa di incoraggiamento e di sollecitazioni e, dulcis in fundo, Nicola, furbacchione, ironico e autoironico, con un sorriso sornione che sembra voler prendere in giro chi si interfaccia con lui. Ognuno è consapevole delle proprie specifiche difficoltà e le mette subito in chiaro, davanti a sé, ora come pettorina, ora come scudo.
Dall’altra parte ci siamo noi operatori del sapere, con le nostre fredde nozioni e il nostro senso convenzionale del bello, qualche volta dimentichi delle nostre stesse fragilità, come anche dell’importanza di un gesto, di uno sguardo e di una stretta di mano in più, che – impariamo a nostra volta e senza spese – non vanno mai omessi. E, al termine della sessione, la netta sensazione di un bilancio in attivo da entrambe le parti: dalla loro una riconoscenza traboccante, che emana palese dagli occhi sorridenti e dai frequenti applausi, per ciò che di nuovo si è imparato e per la chiara auto-percezione dei progressi compiuti; dalla nostra il sospetto palpabile, che a poco a poco si fa vaga certezza, di aver ricevuto molto più di quanto si è dato.
Paolo Matera, con il contributo di Rosa Del Giudice