L’amore nello spreco di un olio profumato

Quando penso all’amore, quello folle, mi viene alla mente l’immagine evangelica di Maria, sorella di Lazzaro, che a Betania, unge i piedi di Gesù con un olio profumatissimo, presente in un contenitore di alabastro.

Il testo dice che il costo di quell’olio era equivalente a trecento denari. Il valore di quei soldi è paragonabile al salario di dieci mesi di lavoro, pagato ad un operaio di ceto medio dell’epoca.

Maria asciugò i piedi di Gesù con i suoi capelli, dopo averli cosparsi di olio, manifestando così il suo radicale affetto per il Maestro. Verrebbe da dire, come Giuda, che lo tradì per soli trenta denari: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?».

L’amore è sempre esagerato, sproporzionato, incontenibile e sconfinato, quando è vero. L’amore è il vero bene, sprecato e abbondante.

I pensieri della convenienza e dell’utilitarismo non reggono, anche se inscritti radicalmente, nella nostra cultura. L’amore è paragonabile a quelle lampade ad olio che splendono, sempre, nelle chiese anche quando restano chiuse, ad illuminare la presenza del santissimo o di una icona.

Verrebbe da dire: perché tanto spreco? Non è forse inutile? È così, ad esempio, la vita contemplativa. Non si vede, è nascosta e non si ricava, apparentemente, alcun utile. È una vita sprecata e nascosta dietro alcune mura, verrebbe da pensare. Che utile c’è in questo?

Basti bastare pensare allo stesso Gesù, vissuto tra i 33/35 anni, che ha “sprecato” la sua vita trent’anni a Nazareth, senza predicare  e senza operare miracoli.

In realtà, chi ama conosce lo spreco di generosità, un bene nascosto che non fa rumore. Chi non si spreca, senza sovrabbondare, in realtà, non ama, ma calcola. È lo spreco d’amore che profuma la vita, come l’olio di Maria inondò la stanza di Betania.

Possa la vita di ognuno essere di monito, gridando nel silenzio ciò che il servo di Dio, don Tonino Bello, affermava: ” Fate spreco di generosità!”.