“E questo è ciò che realmente ho provato il primo giorno di intervista nella sede del CPIA BAT “Gino Strada” a Spinazzola: pensavo di dover fare qualche semplice domanda per capire il livello di conoscenza della Matematica di base per i corsisti di I e II periodo, ma si presentano una trentina di ragazzi dalla casa di accoglienza; la docente di alfabetizzazione era solo una e quindi ci siamo dovuti dividere i ragazzi da intervistare. E chi era pronto?!

…Un confronto del genere ti produce una sorta di scarificazione, della cute e dell’anima …e non si rimane indifferenti!” (prof. Stefano Carrisi)

«Altri quattro …dentro!» – urla la giovane operatrice.

Entrano in aula con la stessa scarsa convinzione con cui i cani abbandonano il loro rifugio nel canile con la promessa di una rapida adozione. Un incedere timido e impaurito, a testa bassa, quasi debbano chiedere il permesso per esistere. Nessuno ha un paio di scarpe chiuse, tutti in ciabatte, qualcuno con le calze altri senza, ma non somigliano alle star modaiole di ora, calciatori o cantanti Trap che sfoggiano questa mise di dubbio gusto. I sandali si incrociano sotto i banchi e si strofinano nervosamente, scoprendo quella irregolare linea al fianco del piede che separa il nero carbone di sopra dalla pianta biancastra.

Li guardo in faccia mentre lancio loro violentemente un sorriso, vero e accogliente …un sorriso che a loro pare quasi invadente che però vuole solo dire: “…tranquillo, fidati, nessun giochetto o tranello…se me lo permetti ti aiuto…”.

Seduto di fronte a me intravedo sopra la cornice del mio pc solo una macchia nera riccia e due palle bianche come occhi …sembrano quasi sospesi.

Con la lentezza con cui parlerei ad un alieno appena sceso sulla Terra gli chiedo:

 «Coomee …ti …chiaamii?».

Il nulla …l’alieno non risponde.

«Il…tuuo…noomee…».

Niente di niente.

«Whaa t…iss …yoourr …naamee?».

A quel punto si apre a metà volto una fessura bianco lucente, stesso bianco come le palle sopra; intravedo i denti e si insinua un sorriso, questa volta è il suo … e trasmette, muto, un messaggio diverso:

…“eh io te lo vorrei dire con tutto il cuore ciò che mi chiedi, ma sento solo suon i…abbi pietà e aiutami ancora un po’!”…

Chiedo ad una collega di passarmi un foglio bianco. Mi rivolgo l’indice della mano sinistra verso il petto e contemporaneamente con la destra scrivo sul foglio il mio nome; poi rioriento il foglio verso di lui, ci poggio sopra una penna e, sempre con l’indice, questa volta indico il suo petto.

Come per magia l’Alieno chiude la fessura bianca e si concentra, corruga la fronte e inforca la penna. Partono i primi segni sulla carta e dopo poco è tutto più limpido…”SAYYID”

A quel punto tiro fuori la mia carta d’identità e gli mostro questo rettangolo celeste su supporto magnetico dove c’è la mia foto, il mio nome, dove sono nato e quando.

Stavolta la reazione è quasi repentina, lo vedo armeggiare con le mani nella tasca dei jeans sbiaditi e consumati; ne tira fuori una strisciolina di carta stropicciata e me la porge. È contento e più fiero, questa volta ha capito al volo e si sente più simile a me …anche lui possiede questo oggetto su cui qualcuno ha stampato la sua foto e i dati più importanti della sua vita.

È un piccolo frammento di carta, riconosco bene SAYYID in foto, leggo anche il suo cognome, impronunciabile; la data di nascita è 01/01/1998 …

…strano …anche lui nato il primo gennaio di un anno qualunque …come tutti i suoi compagni che sono scesi dal pullman.

Non è indicata la città di nascita, ma genericamente riporta “Burkina Faso”.

Ma ancora più in fondo, sotto i dati di nascita, c’è un’altra data ed un altro luogo:

  • DATA DI SBARCO: 25/08/2023;
  • LUOGO DI SBARCO: LAMPEDUSA.

Il cuore mi si ferma …questa volta sono io a chiudermi tra le mie spalle e non riesco a proferir parola. In quel momento io e Sayyid non siamo più così simili.

Mi violento ad un ultimo sorriso e lo ringrazio; lui ricambia il sorriso, rinfila meglio le ciabatte, sguscia dal banco e abbandona l’aula.

Stefano Carrisi