
I fedeli laici non saranno mai credibili se non credono nella Parola e alla Parola
È sconcertante il clima politico ecclesiale, che in Italia e in Europa stiamo vivendo. Con Fontana, Salvini, Meloni, Orban, Le Pen, Bannon, Burke ecc. Una corrente con uno scopo ben preciso abbattere l’Europa dei diritti e ripristinare idee cristianiste come l’abolizione delle unioni civili, il divieto di aborto, il blocco dei migranti, il rifiuto degli omossessuali, la caccia ai rom…verebbe da dire, epurazione della razza umana.
Cavalli di propaganda elettorale e di ideologie profondamente atee e disumane. Complice di questo clima oscurantista è quel clericalismo spietato che da secoli viene denunciato, ma protetto da una lobby potente e conservatrice di certi apparati ecclesiastici. «Il clericalismo, favorito sia dagli stessi sacerdoti sia dai laici, genera una scissione nel corpo ecclesiale che fomenta e aiuta a perpetuare molti dei mali che oggi denunciamo». (Papa Francesco, lettera la popolo di Dio, 28 agosto 2018).
Come direbbe il benedettino Ghislain Lafont: “il clericalismo, sarebbe la radice dei mali, una sorta di corruzione della vocazione sacerdotale che si è lasciata distogliere dal suo senso apostolico ed evangelico”. In sostanza sono i nostalgici di una sedicente tradizione, meglio sarebbe dire tradizionalismo, dell’antica dottrina della chiesa, monarchici e intransigenti verso qualsiasi apertura con la modernità. Al punto di generare un arretramento vistoso del messaggio di salvezza cristiano, che aveva visto nel Concilio Ecumenico Vaticano II una nuova primavera del pensiero teologico e spirituale, in ambito sociale, politico, culturale ed economico. Quando invece come Chiesa abbiamo bisogno di una visone profetica, che sembri capace addirittura di apostasia, se in discussione viene messa L’UMANITÀ. Ciò che ha fatto CRISTO quando ha difeso i piccoli, ha guarito i malati di spirito, ha resuscitato i morti, si è fermato ed intrattenuto con i pubblicani, le prostitute, quelli che non appartenevano alla cerchia del popolo eletto, i non credenti.
Paolo VI, nell’esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi al n. 70, a proposito della vocazione specifica dei laici, si esprimeva con queste parole: «I laici che la loro vocazione specifica pone in mezzo al mondo e alla guida dei più svariati compiti temporali, devono esercitare con ciò stesso una forma singolare di evangelizzazione. Il loro compito primario e immediato non è l’istituzione e lo sviluppo della comunità ecclesiale – che è il ruolo specifico dei Pastori – ma la messa in atto di tutte le possibilità cristiane ed evangeliche nascoste, ma già presenti e operanti nella realtà del mondo. Il campo proprio della loro attività evangelizzatrice è il mondo vasto e complicato della politica, della realtà sociale, dell’economia; così pure della cultura, delle scienze e delle arti, della vita internazionale, degli strumenti di comunicazione sociale; e anche di altre realtà particolarmente aperte all’evangelizzazione, quali l’amore, la famiglia, l’educazione dei bambini e degli adolescenti, il lavoro professionale, la sofferenza».
Da quanto affermato da Paolo VI, si evince che la vocazione del fedele-laico porta con sé una duplice dimensione. La prima, dimensione, essenziale la indica l’apostolo Paolo: “Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me” (Gal. 2,20) che è protesa ad una conversione personale e radicale del cristiano-battezzato, che origina la seconda dimensione, che è quella della profezia cristiana nel mondo. Mettere in pratica la denuncia come forma di annuncio.
In questo momento storico le posizioni di Papa Francesco e di tanti Vescovi e Preti, che denunciano queste politiche disumane, che turbano l’assetto sociale dell’Europa e dell’Italia non bastano più. Urge all’interno della Chiesa un movimento laico democratico, con figure autorevoli che possano arginare il sopravvento del sovranismo e del rifiuto dell’altro in quanto diverso. Giovanni Paolo II nell’esortazione apostolica Christifideles Laici, al n. 26, invita il fedele laico che, in ogni periodo della propria esistenza, di saper individuare in momenti particolarmente significativi e decisivi ciò che Dio vuole. «Non si tratta…solo di sapere quello che Dio vuole…occorre fare quello che Dio vuole…E per agire in fedeltà alla volontà di Dio, occorre essere capaci e rendersi sempre più capaci».
Perciò serve una mobilitazione delle coscienze, che possano manifestare il loro dissenso con lo stile evangelico ragionato ed equilibrato. Si perché essere laici cristiani è un prodotto regolato da un profondo rispetto, che bisogna nutrire per qualsiasi diversità nella libertà assoluta e nel dialogo reciproco.
Benedetto XVI inaugurando il “Cortile” sull’argomento della laicità disse parole di profonda apertura: «Le religioni –affermò- non possono aver paura di una laicità giusta, di una laicità aperta che permette a ciascuno di vivere ciò che crede, secondo la propria coscienza. Se si tratta di costruire un mondo di libertà, di uguaglianza e di fraternità, credenti e non credenti devono sentirsi liberi di essere tali, eguali nei loro diritti a vivere la propria vita personale e comunitaria restando fedeli alla proprie convinzioni, e devono essere fratelli tra loro». (Discorso di Benedetto XVI in occasione dell’inaugurazione del cortile San Gregorio l’illuminatore, 22 febbraio 2008).
È da qui, che bisogna ripartire come Chiesa. La Chiesa siamo tutti noi credenti, che dobbiamo ogni giorno distinguere la fede cristiana dall’impegno nella polis. La fede in Cristo deve ispirare azioni concrete nella storia, ma non promuovere fondamentalismi, tradizionalismi e messianismi mondani. L’Europa e l’Italia hanno radici cristiane, ma non sono la Gerusalemme celeste.
La differenza dell’essere cristiani nel mondo portatori sani di fede si misura nell’aprire cammini umani e spirituali a tutti nella speranza di costruire una comunità civile.
Ogni cristiano è chiamato a valorizzare il dono ricevuto, cioè, di essere una unica cosa con Cristo, S. Agostino, direbbe, di essere, grazie al battesimo, Cristo, e questo comporta un grade impegno di vita interiore e obbedienza alla Sua Parola. Quotidianamente, ogni credente dev’essere alla ricerca, quasi disperata, del volto del suo Signore-Maestro nel proprio vissuto e nell’altro.
I Cristiani, i fedeli laici non saranno mai credibili se non credono nella Parola e alla Parola: «Chi ci crede ? Non siamo credibili, se non siamo credenti. E credere significa abbandonarsi a Cristo. Ma ‘si alzò da tavola’ significa anche che non basta stare in chiesa, bisogna uscire fuori. Sembra che quasi il Signore ci dica: ‘Non bastano i vostri bei canti liturgici, i vostri abbracci di pace, i vostri amen, i vostri percuotimenti di petto: che aspettate ? Alzatevi da tavola; restate troppo tempo seduti. È un cristianesimo troppo sedentario il vostro, troppo assopito, un tantino sonnolento’» (don Tonino Bello, vescovo da: La Chiesa del grembiule).