Ci sono stai paesi dell’Abruzzo che hanno accolto il Truce con installazioni di mani di uomini, donne e bambini che annegano. Non c’è da spiegare.

Caro Direttore,

come sai, vivo in Abruzzo ormai da 25 anni, dopo aver lasciato la Puglia 40 anni fa per Roma, Milano, Mantova, Palermo. L’Abruzzo è ormai la mia seconda patria, forse non l’ultima, vedremo. Premessa utile per raccontare come ho vissuto la campagna elettorale e l’elezione del nuovo Governatore della Regione. Il risultato è noto. Ha vinto largamente il centrodestra che ha eletto  Marsilio, un signore che abita e vive a Roma, pegno pagato da Salvini alla Meloni. Nulla di scandaloso, tanto le considerazioni politiche non interesserebbero al popolo sovranista, puro e duro.

Ora, se il risultato per la destra era scontato, non era scontato il resto. I sondaggi davano il M5S al secondo posto e il Pd, con la sinistra sparsa, al terzo. Senonché è successo l’imprevisto, anzi l’imprevedibile. Un uomo chiamato Giovanni Legnini, già deputato, sottosegretario e poi vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, ha fatto un mezzo miracolo, anzi un miracolo intero. Ha scoperto l’uovo di Calenda e lo ha applicato in Abruzzo: il Civismo.

Nove liste, fra esse il Pd. I cattolici in prima fila. Chi temeva che l’operazione cannibalizzasse il partito democratico ha avuto torto. Legnini, partendo dal 14 per cento del Pd alle politiche del marzo scorso, ha portato il Civismo a superare il 30 per cento. Lui non si era neanche candidato a consigliere, non fosse arrivato primo o secondo, sarebbe rimasto a casa. Ha rischiato, ci ha creduto e ha aperto una nuova stagione per il centrosinistra. Il simbolo del Pd, nel bene e nel male, ha fatto il suo tempo, ma un popolo che non ne può più di Salvini e del razzismo c’è ancora. Questa è una buona notizia, come lo è quella che ci sono stati paesi dell’Abruzzo che hanno accolto il Truce con installazioni di mani di uomini, donne e bambini che annegano. Non c’è da spiegare.

No, non mi sono scordato del terzo incomodo: il M5S. I lettori di Odysseo sanno come la penso su questo governo e sanno che cosa scrivo dei grillini da almeno cinque anni: incompetenti, incapaci, arruffapolo, al servizio di Casaleggio e non del Paese. Il loro successo, come quello di Salvini, ha radici nella contestazione alle élite, all’Europa, alla scienza e alla sapienza. L’ignoranza al potere può rappresentare il popolo (che se lo meriterebbe) fino a un certo punto. Poi accade che, pur di stare al governo, fanno un Contratto con una vecchia volpe leghista, il capitano di oggi, che nasce in un partito che odia il Sud, rapina allo Stato 49 milioni, ma dà al Nord amministratori capaci. Salvini al governo ci va volentieri, lascia agli stellati le proteste vacue e le proposte controproducenti (il reddito di cittadinanza ad esempio) e si dedica a fomentare le paure: i “negri”, i rapinatori, i terrosisti di 40 anni fa, i venditori di cocaina… Di Maio pensa di essere più intelligente, ma gli elettori hanno capito che, fra un sovranista furbo e uno idiota, sarà meglio il furbo che è più italiano, e che vuole prima gli Italiani.

Le liti quotidiane nel governo su ogni provvedimento (non ripeto l’elenco) danno l’idea di una baracca che non sta in piedi, che non può durare. Salvini sa che, tempo al tempo, lui dovrà ricostruire il centrodestra perché  il centrosinistra non è seppellito per sempre. E quindi lavora a demolire, un pezzo al giorno, i suoi alleati di governo. Dopo otto mesi, i sondaggi danno a lui dieci punti in più e li tolgono ai grillini. Alla prima prova di quanche rilevanza, le regionali di Abruzzo, il lavoro di Salvini dà i suoi frutti e quello di Di Maio pure. La Lega guadagna 20 punti, il M5S perde 20 punti. Legnini fa il suo “miracolo” e dice che la partita del futuro non è chiusa. Da due giorni Di Maio, Di Battista, Bonafede, Toninelli, Lannutti e compagnia sproloquiante hanno perso la parola. Cioè hanno perso l’unica cosa che spandevano a fiumi e a sproposito.

Beh, posso concludere con speranza che la storia non è finita, anzi ricomincia.


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Pugliese errante, un po’ come Ulisse, Antonio del Giudice è nato ad Andria nel 1949. Ha oltre quattro decenni di giornalismo alle spalle e ha trascorso la sua vita tra Bari, Roma, Milano, Palermo, Mantova e Pescara, dove abita. Cominciando come collaboratore del Corriere dello Sport, ha lavorato a La Gazzetta del Mezzogiorno, Paese sera, La Repubblica, L’Ora, L’Unità, La Gazzetta di Mantova, Il Centro d’Abruzzo, La Domenica d’Abruzzo, ricoprendo tutti i ruoli, da cronista a direttore. Collabora con Blizquotidiano.  Dopo un libro-intervista ad Alex Zanotelli (1987), nel 2009 aveva pubblicato La Pasqua bassa (Edizioni San Paolo), un romanzo che racconta la nostra terra e la vita grama dei contadini nel secondo dopoguerra. L'ultimo suo romanzo, Buonasera, dottor Nisticò (ed. Noubs, pag.136, euro 12,00) è in libreria dal novembre 2014. Nel 2015 ha pubblicato "La bambina russa ed altri racconti" (Solfanelli Tabula fati). Un libro di racconti in due parti. Sguardi di donna: sedici donne per sedici storie di vita. Povericristi: storie di strada raccolte negli angoli bui de nostri giorni. Nel 2017 ha pubblicato "Il cane straniero e altri racconti" (Tabula Dati).