«Chiunque può arrabbiarsi: questo è facile; ma arrabbiarsi con la persona giusta, e nel grado giusto, ed al momento giusto, e per lo scopo giusto, e nel modo giusto: questo non è nelle possibilità di chiunque e non è facile»

(Aristotele)

Tempo fa scrivevo che amo gli incazzati. Oggi rifletto sulle parole di Aristotele e concludo: arrabbiarsi è facile, quel che è difficile è scegliere la ragione giusta per indignarsi.

Non ho cambiato verbo per una questione di netiquette. È che la rabbia, l’incazzatura, è un fatto istintivo e irrazionale. L’indignazione è un’altra cosa. È non consentire che si vada in dignitatem, cioè contro la dignità di un essere umano, di un principio, di un valore.

In altri termini, chi si indigna non tollera. Non tollera i soprusi, le meschinità, gli atti di prepotenza. Non tollera il parlare di massa, quasi un belato di pecore, che segue la scia. Non tollera la superficialità, la grettezza d’animo, le posizioni di comodo. Intendo: quelle assunte per proprio comodo. A discapito di ciò che sarebbe giusto prima che conveniente.

E così: ci si arrabbia per il bacio in bocca tra due uomini, ci si arrabbia per un look aggressivo (in realtà, scelto anche quello per proprio comodo e vantaggio, della serie: purché se ne parli…), ci si scandalizza per molto poco e poi si sorvola su ciò che poco non è.

Giorni fa, ascoltavo le parole luminose di un testimone che, abitualmente, rischia la vita per salvare gente in mare. Mentre le sue parole mi rianimavano, ho provato il piacere di respirare parole fresche. Vale a dire: parole autentiche, disinteressate, accese solo da passione per l’umanità. Mi dicevo: ecco un uomo con cui poter parlare. Sì, perché faccio sempre più fatica a trovare persone con cui parlare in profondità. Non dico che non ce ne siano: non sono così pessimista. Dico solo che tollero sempre meno la fatica di cercarle. Sarà che invecchio e divento sempre più intollerante di ciò che è meschino.

Ad esempio, mentre quel testimone finiva le sue parole di carne e sangue, alle mie spalle, un signore commentò (traduco dal dialetto altamurano): te lo dico io, questo è un comunista…

Ecco, sarebbe stata un’occasione giusta per indignarsi. O forse no: e così mi sono solo incazzato. Ignorando l’incauto e sommario commentatore, ovviamente.

Sì, nella scala Richter di quando perdo la brocca, alzare la voce non è il livello più alto. Il più alto, almeno di magnitudo 10, è quando resto in silenzio.

Or mi sovviene il dubbio che quando sono veramente incazzato io trapassi nella somma indignazione.

E tu? Tu ti indigni? Parliamone…

Einstein: «Talvolta un pensiero mi annebbia l’Io: sono pazzi gli altri o sono pazzo io?».

Nicolás Gómez Dávila: «Ci sono certe stupidaggini che è possibile impugnare adeguatamente solo con una stupidità ancora più grottesca».


2 COMMENTI

  1. Ma, a Zelig, anni addietro usciva un comico chiamato “l incazzatore” forse potrebbe essere anche un mestiere! In situazioni da “muro di gomma” se ti arrabbi anche nel giusto, sei chiamato “filosofo” ovvero un rompiballe duro chissà chiedo di…. Assumermi!!

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