Lisbona, Messina e lo Tsunami del 2004 sono solo alcuni esempi della furia della natura sull’uomo. 

Lunedì 6 febbraio 2023 la Turchia e la Siria sono state colpite da un tremendo terremoto che ha già fatto più di quarantamila vittime e numerosi dispersi. I video, da subito circolati sul web, hanno evidenziato tutta la crudeltà e l’efferatezza del terribile evento sismico, che senza ombra di dubbio è il più violento di questo secolo. Solo per fare un paragone con gli episodi più recenti, il terremoto disastroso di Amatrice è stato mille volte più debole di quello turco-siriano, che ha fatto registrare una magnitudo di 7.9 e che ha provocato lo spostamento della Penisola anatolica di tre metri. Questo terremoto si è sviluppato lungo la faglia anatolica, che ha una lunghezza di circa duecento chilometri. Nelle ore successive all’evento tettonico la nostra protezione civile aveva diramato un allarme tsunami, ben presto rientrato.

Il presidente turco Erdogan, visibilmente scosso da quanto accaduto, è intervenuto commemorando le vittime e richiamando l’unità nazionale, espressa attraverso l’empatica immagine di 85 milioni di cuori che battono all’unisono. Sicuramente più tragica è la situazione in Siria, dove si combatte una guerra decennale, sulla quale ora si abbatte anche la terribile mannaia del terremoto.

L’ultimo grande terremoto in Turchia è datato al 1939, l’anno in cui scoppiò la seconda guerra mondiale. C’è stato il cordoglio e la vicinanza di tutto il mondo, dagli stati impegnati nella guerra ucraino-russa all’Unione Europea. Anche la Grecia, notoriamente non in ottime relazioni con lo stato euroasiatico, ha espresso la sua vicinanza attraverso il primo ministro Kyriakos Mitsotakis.

La storia è ricca di eventi sismici epocali, che hanno lasciato cicatrici nel tessuto urbano di alcune città, come accadde nel terremoto di Lisbona del 1° novembre 1755, che interessò anche il Marocco e la Spagna. In quell’occasione le perdite nella capitale portoghese furono nell’ordine del 20-30 %, incrementate anche dal maremoto che si abbatté sulla città, con onde che raggiunsero i quindici metri. Emerse la figura del ministro del Regno Sebastião José de Carvalho e Melo, noto come Marques de Pombal, che da subito organizzò i soccorsi e pianificò la ricostruzione della città.

Un altro terremoto violento fu quello del 28 dicembre 1908 che colpì Messina e Reggio Calabria. Per capire l’ampiezza del disastro riportiamo ciò che annotarono gli addetti dell’Osservatorio Ximeniano di Firenze con i loro rilevamenti: «Stamani alle 5:21 negli strumenti dell’Osservatorio è incominciata una impressionante, straordinaria registrazione: “Le ampiezze dei tracciati sono state così grandi che non sono entrate nei cilindri: misurano oltre 40 centimetri. Da qualche parte sta succedendo qualcosa di grave.» (fonte Wikipedia)

Le vittime furono più di 70000, sorprese nel bel mezzo della notte. Lo storico molfettese Gaetano Salvemini viveva a Messina con la moglie, i cinque figli e sua sorella. Sulle colonne dell’Avanti riportò la sua testimonianza: «In camicia, come ero, balzai dal letto e con uno slancio fui alla finestra per vedere cosa accadeva. Feci appena in tempo a spalancarla che la casa precipitò come in un vortice, si inabissò, e tutto disparve in un nebbione denso, traversato da rumori come di valanga e da urla di gente che precipitando moriva. Tutto disparve tranne il muro maestro ove si trovava la finestra alla cui tenda m’ero avvinghiato con la frenesia della disperazione. Sotto di me – si deve pensare che ero al quarto piano –le macerie avevano fatto un cumulo tale che il mio urto fu meno forte di quanto potevo aspettarmi. Mi feci male ma non mi uccisi.» (Fonte fondazionerossisalvemini.it).

Restano nella memoria collettiva italiana il catastrofico terremoto nel Friuli del 1976 e quello drammatico del 1980 in Irpinia, dove la figura di Pertini si erse come araldo del grido di rabbia e di supplica per la popolazione colpita.

Tutti abbiamo nella mente le immagini del crollo della volta della Basilica di San Francesco ad Assisi nell’evento sismico del 1997 e la tragedia e la sofferenza delle vitttime della casa dello studente che segnò il terremoto dell’Aquila del 2009, senza dimenticare gli ultimi eventi del 2016 che hanno mostrato la fragilità del nostro patrimonio artistico e storico.

Tralasciando l’Italia, molti di noi possono ricordare la devastazione dello Tsunami del 26 dicembre 2004 che provocò centinaia di migliaia di morti e che si sviluppò lungo la placca indo-asiatica. La scossa principale, che si sviluppò al largo di Sumatra con magnitudo 9.3, durò otto minuti e fu rilevata da tutti gli sismografi della terra. Seguirono una quarantina di scosse di uns certa violenza. Le onde del maremoto raggiunsero i venti metri e spazzarono via tutto ciò che incontrarono. Per comprendere la gravità del sisma bisogna ricordare che i danni si ebbero in Kenya, Somalia, Madagascar, Mauritius, Australia e Sudafrica. Oltre alla popolazione locale, persero la vita tanti turisti che erano lì per le vacanze natalizie.