«Morire non è nulla: non vivere è spaventoso»

(V. Hugo)

La fabulazione, attraverso il pensiero, aiuta a tenere distante e silente, la morte. La facoltà di crearsi miti e raffigurazioni fantastiche aiutano quella parte disgregatrice dell’intelletto a proteggersi dalla paura di essa. (H. Bergson).

“Nascono” insieme: Vita e Morte. Esse percorrono a “braccetto” un itinerario più o meno lungo secondo un accordo non pattuito ma drammaticamente e tacitamente inteso. L’equilibrio della vita sta appunto, mantenere la mente sempre attiva in uno scioglilingua permanente fatto di nozioni e di pensieri positivi. Servono per tenere silente la compagna di viaggio e non lasciarle mai la parola: tacciarle il sopravvento. È così che chi “decide” a quando si dovrà chiudere il libro non entri nelle sue immediate prerogative, ma lo si rimanda a tempo indefinito. Tempo aperto e indeterminato, mantenuto sfumato dalla volontà di Dio.

“La morte non è niente” dice Henry Scott Holland. -Sono solo passato dall’altra parte…

Ecco che l’espressione: “Sono dall’altra parte” rincuora il nostro cammino. Alla fine   del nostro “viaggio” saranno le “orme” lasciate, ad indicare a chi resta, la posizione esatta dei nostri vissuti e…in quale limbo o girone saremo giunti.

Man mano che il mondo si dispiega e illumina la sensibilità dell’essere a decifrar meglio gli eventi da esso compiuti, pure la parola “fine” gli sarà “valore” appagante, compiaciuto.

Porsi in prima persona davanti al “problema morte” uno non dovrà inventarsi la fantasmagorica illusione di vivere in eterno, dimenticandosi di “vivere” il momento in cui lo sta pensando. La vita va vissuta in pieno. Di essa vanno colti gli attimi, sia quelli piacevoli sia quelli dolorosi. Cosi facendo si dà un tocco nobile al corso della vita e ci si guadagna pure “stima” nei riguardi della Morte.

Ogni giorno di vita affastella strati di esperienze nella nostra memoria. Queste saranno le pagine del nostro best-sellers da lasciare ai posteri.

Il “libro” va scritto non tenendo conto del finale che non va programmato. Altrimenti s’indurrebbe a vivere una vita di costrizioni o privazioni che a nulla valgono se non a ridurne la genuinità e a mettere, cinicamente a fuoco, il proprio essere. Si nasce con un “vestito” bianco, come il giorno, mentre la Morte ne indossa uno, come la notte, nero.

Quando la vita, da bianca si riveste, facendo sfoggio di uniformi militari, in un certo qual modo, si veste di morte? La Morte se ne compiacerebbe nel vedere chi le sta dando una mano…? Oppure resterebbe contrariata nel vedersi sottratto il suo compito…?

La Morte attesa, desiderata a che faccia il suo “lavoro”, oppure programmata quando la “Vita” esige che le venga in aiuto (eutanasia). È una forma di rifiuto a trattenere l’anima in un corpo martoriato, stanco? È una decisione eticamente azzardata, oppure giustificata da una mancanza di rispetto di sé? È in questi casi che si vuol chiudere il libro iniziato con un finale prettamente egoistico-macabro interrompendo un percorso indicato da Dio?

…E l’uomo s’inventa la “pena capitale” … ignorando che per ogni essere umano c’è una clessidra piena di dune di sabbie ancora da scorrere, prima di passare appunto, “dall’altra parte”. Assumersi il gravoso compito della Morte, senza tener conto delle leggi di Dio, equivale sostituirsi a Lui e ignorarne la Sua Maestosità.

Apprendere il vero valore della vita bisogna che s’interpellino i “grandi maestri”: sono quelli con gravi problemi di salute e che le proprie ore di vite le centellinano come farebbero i buoni intenditori di vini. Oppure coloro che hanno avvertito l’appressamento alla morte, come quelli citati e vissuti nei campi di concentramento nazisti (Primo Levi) e che ha poi avuto la fortuna di raccontare nel suo libro, “Nell’inferno di Auschwitz”.

Altroché se la vita è il regalo più bello! Anche se si è partecipi che al nostro fianco cammini la Morte: nostra silente compagna di viaggio.


FontePhotocredits: Myriam Acca Massarelli
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Salvatore Memeo è nato a San Ferdinando di Puglia nel 1938. Si è diplomato in ragioneria, ma non ha mai praticato la professione. Ha scritto articoli di attualità su diversi giornali, sia in Italia che in Germania. Come poeta ha scritto e pubblicato tre libri con Levante Editori: La Bolgia, Il vento e la spiga, L’epilogo. A due mani, con un sacerdote di Bisceglie, don Francesco Dell’Orco, ha scritto due volumi: 366 Giorni con il Venerabile don Pasquale Uva (ed. Rotas) e Per conoscere Gesù e crescere nel discepolato (ed. La Nuova Mezzina). Su questi due ultimi libri ha curato solo la parte della poesia. Come scrittore ha pronto per la stampa diversi scritti tra i quali, due libri di novelle: Con gli occhi del senno e Non sperando il meglio… È stato Chef e Ristoratore in diversi Stati europei. Attualmente è in pensione e vive a San Ferdinando di Puglia.