L’articolo dello scorso 26 febbraio, del prof. Michelangelo Filannino, mi fornisce l’occasione di comunicare le mie idee a proposito della matematica e del suo rapporto con le altre scienze.

Riservandomi di leggere integralmente il saggio “L’irragionevole efficacia della matematica nelle scienze naturali” di Eugene P. Wigner, riporto soltanto alcune mie riflessioni.

Se si parte dall’attribuire alla matematica la cifra della sacralità, se si parla di essa in termini di fascino o di mistero, se si parte dal presupposto che la matematica sia appannaggio di pochi eletti, le si fa un grosso torto: la si relega nella sfera dell’inconoscibile, dell’esoterico. Niente simbologie numeriche dunque; non esistono proprietà magiche dei numeri e delle formule.

E’ altresì infantile venerare la figura del matematico o la persona che la insegna, asserendo che pochi sono in grado di capire questa disciplina. Non è questione di superiorità intellettiva; anzi, la matematica è la più logica delle scienze naturali, la più accessibile di esse, quella che fornisce più certezze. In matematica – mi sia consentito il gioco di parole – i conti tornano sempre. E’, come amo definirla io, “la scienza delle scienze”.

Altra cosa è invece sostenere l’ineffabilità, ossia l’incapacità di dire a parole cosa si prova quando si studia la matematica; è impossibile comunicare lo stato di appagamento della spirito che provi mentre te ne stai occupando.

Le scienze della natura hanno inevitabilmente alla base la matematica, ma vanno molto oltre. La fisica in particolare si avvale delle scoperte matematiche, ma trascende la loro esattezza; possiede quel quid che appartiene alla sfera della casualità, dell’inesattezza, per dirla con Popper della falsificabilità. Per capire la fisica occorre aggiungere al pensiero convergente una certa dose di pensiero divergente.

Ha ragione Wigner quando afferma che “esistono aspetti del mondo a proposito dei quali non crediamo nell’esistenza di regolarità precise”. Il rapporto fra la fisica e la matematica – aggiungo io – è lo stesso che intercorre fra la finitezza delle creature e l’infinitezza del Creatore. Non concordo però con lui quando parla della matematica in termini di semplice “pensiero calcolante”, come lo definisce Heidegger. La matematica è molto di più; supporta e legittima in qualche modo le scoperte scientifiche, ma non è “ancilla” di nessun’altra scienza. Ha il suo peculiare approccio euristico, e più in generale epistemologico, ha il suo linguaggio e quanto basta a farla vivere di vita propria.

Se c’è una divinità che ha creato l’Universo, quella divinità si manifesta all’Uomo attraverso la matematica: essa è dunque una sorta di teofania.

E a questo punto concludo scomodando il mito della disobbedienza di Adamo ed Eva, che a me piace interpretare così: essi vengono puniti da Dio per aver mangiato il frutto che li avrebbe resi come il loro Creatore. Dio si arrabbia e li caccia via, ponendo loro una serie di limiti, ma dà una seconda possibilità: avvicinarsi alla sua onniscienza, in altri termini alla verità, attraverso la matematica, sebbene – è il caso di dire – solo in maniera asintotica, cioè avvicinandosi ad essa sempre più ma senza mai raggiungerla.


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Sono nata a Barletta il 19 gennaio 1961 da padre barese e madre barlettana ma vivo ad Andria dal 1972. Docente di scuola elementare, materna e di sostegno, dal 1987 al 2001 ho insegnato nella scuola materna statale. Conseguita nel 1993 la laurea in Pedagogia all’Università “La Sapienza” di Roma, ho insegnato nel Liceo Scientifico “A. Moro” di Margherita di Savoia e dal 2002 insegno lettere nel Liceo Scientifico “R. Nuzzi” di Andria. Per molti anni ho studiato e commentato i testi delle canzoni di Fabrizio De Andrè, alcune delle quali confluite nella mia tesi di laurea (inedita) e ho tenuto in merito alcune lezioni. Ho pubblicato su “Odysseo” il commento del brano “Don Raffaè”. Ho trascritto una importante cronaca barlettana e sono tutta immersa nello studio della storia della mia città natale. In particolare mi sto occupando di opere letterarie che parlano di Barletta o che sono state scritte da autori barlettani non molto noti. Attualmente sono nel Consiglio Direttivo delle sezioni barlettane della “Società di Storia Patria per la Puglia” e di “Italia Nostra”.

1 COMMENTO

  1. Dante parla delle creature che hanno intelletto ed amore. Non solo intelletto. Intelletto congiunto all’amore, cioè ad un valore etico superiore che deve essere confermato dall’intelletto, che deve essere goduto dall’intelletto, ma non deve essere legittimato dall’intelletto. Questo indica che il popolo analfabeta e non istruito in matematica è dotato di autentica scienza e sapienza. E’ sbagliato turbare questa gerarchia. Quando Wigner parla, stupito, della coincidenza dell’efficacia della matematica nella spiegazione del reale vuole metterci in guardia da un errore tragico che oggi è sotto i nostri occhi: vedere individui tecnologicamente e scientificamente eccellenti che vogliono attentare ai valori più elementari dell’umanità.

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