«Si può parlare del niente a lungo, se sai farlo con grazia»

(Victor Mature)

Che hai?

Niente.

E non mento se dico niente, poiché davvero non ho niente: non vivo in guerra, non vivo di stenti, non ho fame, non ho sete, non sono ammalata e non sono disoccupata.

Non ho niente: doppia negazione. E non ci fa caso mai nessuno, nemmeno chi lo dice. Il segreto è nascosto nell’espressione stessa: è che ho niente, niente abbondante, niente ignorante, niente aberrante, niente disarmante, a volte abbagliante: niente duro come il diamante.

È mia madre che invitava: “Vieni qua che non ti faccio niente”, il palloncino che volava via e non era niente, il ginocchio sbucciato sullo scoglio e non succedeva niente, il gelato caduto per terra e che volevi che fosse? Niente.

È chiaro che: che hai?

Niente.

Una cosa inconsistente, flebile e indomabile, quando ti svegli alle tre di notte, apri gli occhi e resta buio, quando tornano tutte le paure del mondo: la mano del mostro che arriva da sotto al letto, i ladri, gli alberi in notturna che ti sbranano, il rumore autonomo della bottiglia di plastica sul comodino.

Niente. E se insisti, perché il miracolo ogni tanto avviene, cosa posso dirti? C’è un bisonte in mezzo alla stanza, si gira e fa cadere tutto quello che è conservato nella cristalliera, riduce in frantumi interi volumi. Fuori è il silenzio, dentro è fragore, l’universo si schianta e dove sta scritto che sia sempre colore?

Non è neanche nero, perché il nero non esiste, è solo il frutto dei giochi di luce raccolto dalla mente. Nulla, niente non è niente.

 

È forse la somma delle cose che non si possono fare né dire, nemmeno guardare, che si devono procrastinare, per cui è necessario aspettare: ed è così che dico niente, per evitare di non essere capita, ma quando chi può, e solo chi può, si fa insistente, allora ci prova:

Che hai?

Niente.

Che hai?

Niente!

Ho detto: che hai?

Niente, ma grazie. Lo hai visto, non hai mollato, mi sento capita, mi hai smentita.

Così può darsi che niente non sia più ignorante e sebbene gigante, diventi conciliante e perché no? Determinante.

Niente è pur sempre niente, è la sua natura. Finché non insisti, quindi solo finché dura. Cambia tutto, forma, aspetto, sostanza, suono: come la magia della lettera muta. Che ci sia o non ci sia a volte non si sente, ma se fai attenzione… niente, non è NientHe.


FonteFoto di JL G da Pixabay
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Sono una frase, un verso, più raramente una cifra, che letta al contrario mantiene inalterato il suo significato. Un palindromo. Un’acca, quella che fondamentalmente è muta, si fa i fatti suoi, ma ha questa strana caratteristica di cambiare il suono alle parole; il fatto che ci sia o meno, a volte fa la differenza e quindi bisogna imparare ad usarla. Mi presento: Myriam Acca Massarelli, laureata in scienze religiose, insegnante di religione cattolica, pugliese trapiantata da pochissimo nel più profondo nord, quello da cui anche Aosta è distante, ma verso sud. In cammino, alla ricerca, non sempre serenamente, più spesso ardentemente. Assetata, ogni tanto in sosta, osservatrice deformata, incapace di dare nulla per scontato, intollerante alle regole, da sempre esausta delle formule. Non possiedo verità, non dico bugie ed ho un’idea di fondo: nonostante tutto, sempre, può valerne la pena. Ed in quel percorso, in cui il viaggio vale un milione di volte più della meta ed in cui il traguardo non è mai un luogo, talvolta, ho imparato, conviene fidarsi ed affidarsi.