C’era una volta Pino, che correva per passione.

Correva le corse dei podisti: alto e forte, ha tagliato decine di traguardi. Le sue coppe sono tutte a casa, in cima alla grande libreria dell’ingresso. Sembrano voler dire che per arrivare in alto occorrono allenamento, fatica, determinazione; che bisogna imparare a sollevare lo sguardo, non per fuggire le difficoltà e credere in un mondo disincantato, ma per scoprire orizzonti sempre più vasti.

Pino aveva e sapeva tutto questo…e molto di più. Perché insieme alle corse sul campo, correva la vita, quella che insegna che non si vince sempre, quella che a volte diventa dura, imperscrutabile e ingiusta. Ma Pino la camminava tutta fino in fondo. Sotto i suoi piedi di uomo buono, discreto, dedito alla famiglia e al lavoro, ogni selciato, anche il più scosceso, diventava l’occasione per affinare l’arte di essere al mondo, senza permettere alla potenza superba degli ostacoli di inibire la forza delle cose fragili che danno senso a tutto.

Anche la sera del 22 gennaio Pino è andato a correre. Anzi, a fare la “camminata veloce”: il suo cuore un po’ sofferente gli aveva imposto ritmi nuovi. Ma non è più tornato. Si è accasciato al suolo e non si è più mosso, sotto lo sguardo incredulo di tanta, tantissima gente, e di fronte al dolore sgomento delle sue piccole, grandi donne.

Rossella, la più grande delle sue figlie, fa la giornalista in tv. È una ragazza bellissima, piena di vita, profonda: ultimamente aveva scambiato con suo padre uno degli abbracci più belli di sempre; è tornata a lavorare a Roma con una voragine negli occhi e nel cuore e la forza di quel gesto inatteso. Michela, la più piccola, splendida dentro e fuori, vivace, affettuosa, qualche giorno dopo l’accaduto ha sostenuto e superato brillantemente uno degli esami del suo corso di laurea in scienze infermieristiche; quando parla del tirocinio in ospedale si commuove, sembra fatta per avere cura dei più deboli. Pino ha insegnato loro il coraggio di continuare a correre, anche quando si avrebbero mille motivi per arrendersi.

L’ha insegnato anche a Maria, che adesso fa i conti con l’assenza e fa appello a tutta la vita insieme per cercare di ritrovare i fili della speranza. Piange e poi sorride, accoglie tutti con un abbraccio e racconta i ricordi con una spontaneità che disarma, forse con la voglia di ricambiare l’affetto di chi va a trovarla condividendo un pezzettino di lui. Nessuna di loro era pronta alla morte, ma quando in una casa l’amore e la cura non restano proclami, non c’è sofferenza che chiuda il cuore. E non perché questo non sanguini, anzi. Semplicemente perché si ha il coraggio di rimanere a nudo davanti agli altri, senza filtri. Sono queste tre donne i trofei più ineguagliabili di Pino.

Adesso lui non corre più. La sua casa è piena delle sue cose, quelle piccole cose autentiche delle quali sono piene le vite belle: foto, lettere di figlie innamorate, libri. Il giorno dopo il funerale la sua macchina era ancora piena delle buste della spesa: erano nascoste e mute, come i gesti di chi ancora parla la lingua del silenzio; erano piene della solita premura smisurata che, ancora una volta, si era fatta gesto. “Io nel vedere quest’uomo che muore, ho imparato l’amore”: ha ragione De Andrè.

E allora è più corretto dire che Pino corre ancora, perché a quelli come lui “interessa solo fare la strada. Consumare la strada con le loro gambe. Loro bevono la via. Hanno sete della via. Sono più forti della via. Sono più forti della fatica. Non ne hanno mai abbastanza. Loro non corrono per arrivare, ma arrivano per correre, per andare. Non risparmiano nulla. E così è la speranza” (C. Peguy).

Corri, Pino!


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Sono un'insegnante, anche se il più delle volte sono io quella in-segnata dai miei studenti. Sono una ricercatrice, perché cerco piste di rilevanza pubblica per una materia troppo fraintesa e troppo di nicchia: la teologia. Sono una giornalista e faccio cose con le parole. "Quello che non ho è quel che non mi manca" (F. De André) e sono immensamente grata alla vita perché, non senza impegno e sacrificio, "ho trovato amore nel mezzo de la via, in abito legger di peregrino" (Dante Alighieri, Vita nova)