Eppure, noi ancora non vogliamo credere ai nostri occhi…

Tommaso l’apostolo disse: “se non metto la mano al posto dei chiodi non credo, se non vedo non credo”. Ecco, detto fatto: volevamo vedere, volevamo le prove, volevamo i morti per accertare che la Libia non fosse un porto sicuro, ora abbiamo una prova schiacciate inconfutabile: almeno 44 morti e 130 feriti, tra cui donne e bambini.

La notte tra il 2 e il 3 luglio un bombardamento ha colpito a Tajoura, periferia a est di Tripoli, un centro di detenzione per migranti.

Una carneficina. A pochissima distanza dal mar Mediterraneo, raid aerei hanno colpito un centro di detenzione di migranti, provenienti in prevalenza dal Sudan, dall’Eritrea e dalla Somalia.

La prova è stata pagata a caro prezzo di decine di vite umane in un centro di detenzione che non doveva essere lì, nel quale non dovevano esserci migranti, ma anche questa tragedia non servirà a smuoverci dalla nostra colpevole indifferenza e a dubitare ancora, si perché fin quando non vedremo con i nostri occhi non vedranno i corpi sotto le macerie e le nostre mani non toccheremo i corpi mutilati e straziati dalle bombe noi non crederemo.

Eppure, l’’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di rifugiati, ha immediatamente condannato per il raid che ha colpito il centro di detenzione di migranti a est di Tripoli. ”L’Unhcr è estremamente preoccupata per le notizie dei raid aerei che hanno colpito il centro di detenzione di Tajoura, e per il numero di rifugiati e migranti uccisi”, ha scritto l’Agenzia su Twitter. ”I civili non devono mai essere un obiettivo”, ha aggiunto. La missione delle Nazioni Unite in Libia evidenzia poi come siano circa 3.500 i migranti ed i rifugiati che si trovano nei centri di detenzione vicini alla zona dei combattimenti e la cui vita, dunque, è a forte rischio.

“Occorre garantire, immediatamente, misure di seria protezione per i civili e in particolare, trasferire i migranti che si trovano nelle strutture di raccolta in luoghi al sicuro dai combattimenti e sotto la tutela delle Nazioni Unite”. Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri italiano Enzo Moavero Milanesi, in riferimento ai gravi atti commessi a Tajoura in Libia. La Farnesina di recente aveva ribadito, riferendosi anche alla posizione della Commissione Europea, che la Libia non può essere considerato un porto sicuro. “I porti libici non sono sicuri, in tre mesi 780 morti”

Infine, il presidente della Commissione episcopale Cei per le migrazioni, mons. Guerino Di Tora, a nome dei vescovi italiani, non solo esprime preoccupazione, ma condanna fortemente il gesto definendolo “un atto deplorevole di disumanità”. Il presule, che è anche a capo della Fondazione Migrantes, parla dei campi di detenzione libici come veri e propri “campi di concentramento” e con forza sollecita una presa di coscienza mondiale di fronte al fenomeno migratorio che non è più emergenziale ma strutturale e alla violazione dei diritti umani, perennemente subita da queste popolazioni e dai migranti in particolare che cercano di fuggire alla ricerca di un futuro migliore.

Mio Signore e mio Dio!

concedici un po’ del tempo per piangere, forse siamo ancora in tempo per tornare indietro dalle nostre ottuse ed egoistiche logiche da fortezza Europa.


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So che tutto ha un senso. Nulla succede per caso. Tutto è dono. L'umanità è meravigliosa ne sono profondamente innamorato. Ciò che mi spaventa e mi scandalizza, non è la debolezza umana, i suoi limiti o i suoi peccati, ma la disumanità. Quando l'essere umano diventa disumano non è capace di provare pietà, compassione, condivisione, solidarietà.... diventa indifferente e l'indifferenza è un mostro che annienta tutto e tutti. Sono solo un uomo preso tra gli uomini, un sacerdote. Cerco di vivere per ridare dignità e giustizia a me stesso e ai miei fratelli, non importa quale sia il colore della loro pelle, la loro fede, la loro cultura. Credo fortemente che non si dia pace senza giustizia, ma anche che non c'è verità se non nell'amore: ed è questa la mia speranza.