«Oltre quelle vetrate hanno bisogno di serenità e rispetto e di sicuro verrà fuori qualcosa oltre la speranza»

Riceviamo e pubblichiamo:

Mi sembra di stare in una sala d’attesa o in un corridoio o comunque in uno spazio antistante un reparto di Terapia Intensiva.

Sono fisicamente lì, ma assente, aspetto qualcuno che esca per portarmi alla realtà.

È uno spazio che ho sempre percorso in fretta a testa bassa o con lo sguardo nel vuoto per evitare di essere fermato e dare risposte che non volevo o non ero ancora in grado di dare.

Quando succedeva evitavo le illusioni e stroncavo, evitando di dire quanto piaceva a loro.

Mi imponevo di spiegare dov’era il danno anatomico, in modo da sgombrare il campo da imprecisioni e conseguenti rielaborazioni, visto in quelle circostanze la caterva di consiglieri e specialisti.

Invitavo a comprendere il momento e vivere alla giornata, avremmo lavorato più sereni e ci saremmo compresi meglio al di là di ogni risultato ottenuto.

Ma non succedeva spesso: era quasi sempre il perverso gioco del telefono senza fili, l’avevo odiato fin da piccolo, si parte con le cipolle e si arriva alle patate.

Questo in breve ciò che vivevo.

Ma chi sostava notte e giorno fuori: meritava molto

Me lo sono sempre chiesto, ma la medicina non è scienza esatta, per questo ritengo ci si fermi alla giornata, anche per quanto stiamo vivendo.

È esatta l’esperienza che ha sempre aiutato a migliorarsi.

Ieri mi diceva un caro amico che lavora nell’amministrazione ASL: sono confuso.

Hai ragione gli ho detto e mi sono ritrovato in quei luoghi.

Sono tutti opinion leader, virologi, epidemiologi, farmacologi, terapeuti riesumati dal letargo, protettori civili, politici che blaterano contro il governo e che il loro tempismo sarebbe stato migliore, gli uni non si fidano degli altri, ripeto la medicina non è scienza esatta.

Certo la prevenzione e l’epidemiologia fanno tanto …ma non sempre bussa per avvertire che sta arrivando.

Abbiamo un male. Una cosa precisa esiste: non sappiamo comunicare serenamente e se lo si facesse troveremmo una qualche soluzione, ma è uno sport che in medicina è poco praticato.

Oltre quelle vetrate hanno bisogno di serenità e rispetto e di sicuro verrà fuori qualcosa oltre la speranza.

È questo che stiamo vivendo: non sappiamo ascoltare e men che meno attenerci alle regole.

dott. Ciro Lorusso