Diceva Winston Churchill “la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora”.

La lunga corsa dell’Italia per diventare una Repubblica democratica parte da lontano, luglio 1831, allorquando Giuseppe Mazzini, esule a Marsiglia, fondò il movimento politico della Giovine Italia con l’obiettivo di trasformare l’Italia in una repubblica democratica unitaria, secondo i principi di libertà, indipendenza e unità. Si sono dovute combattere due guerre mondiali per arrivare, il 2 giugno 1946, alla scelta della forma democratica dello Stato Italiano e a sancire, con l’entrata in vigore della Costituzione della Repubblica Italiana il 1 gennaio 1948, i diritti inviolabili dell’uomo. In una interessante relazione della Corte Costituzionale si legge che L’articolo  2  della  Costituzione  sancisce  il  fondamentale  principio  secondo  cui  la  Repubblica riconosce  e  garantisce  i  diritti  inviolabili  dell‟uomo,  ed  eleva “a  regola  fondamentale  dello  Stato, per tutto quanto attiene ai rapporti tra la collettività e i singoli, il riconoscimento di quei diritti che formano il patrimonio irretrattabile della persona umana [e che…] appartengono all’uomo  inteso come essere libero» (cfr. sent. n. 11 del 1956): diritti che, stante il loro “carattere fondante rispetto al  sistema  democratico  voluto  dal  costituente” (sent.  n.  366  del  1991),  non  possono “essere sovvertiti  o  modificati  nel  loro  contenuto  essenziale  neppure  da  leggi  di  revisione  costituzionale  o da  altre  leggi  costituzionali” (sent.  n.  1146  del  1988),  perché “appartengono  all’essenza  dei  valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana”.

Ci troviamo oggi, ai tempi del coronavirus, a vedere limitate, per decreto ministeriale, quelle libertà costituzionali. Come è possibile? E’ possibile sovvertire l’ordine costituzionale conferendo pieni poteri ad un organo costituzionale o legittimare limitazioni o addirittura la sospensione dei diritti dei cittadini?

Lo prevedrebbe, con tutte le cautele già espresse dai padri Costituenti, l’art.77 della Costituzione per i casi straordinari di necessità ed urgenza e per il tempo limitato di 60 giorni.

Oggi, anno solare 2020, i numeri impietosi che ogni giorno vengono sviscerati circa i contagi e i morti da infezione di un nemico invisibile, il Covid-19, e l’avanzata esponenziale dell’infezione virale su tutto il territorio nazionale ha portato il Governo ad emanare decreti che di fatto limitano e restringono molte delle libertà individuali faticosamente raggiunte nel dopoguerra.

Il primo provvedimento emanato dal governo ha riguardato la chiusura di scuole e università su tutto il territorio nazionale, inizialmente fino al 25 marzo e poi esteso al 3 aprile, ed una raccomandazione di evitare assembramenti. Le disposizioni governative erano dettate da quanto gli esperti epidemiologi e scienziati suggerivano di adottare di fronte ad un “nemico” fino ad oggi sconosciuto e pertanto imprevedibile nella sua potenziale letalità. La restrizione della frequenza didattica non è bastato a rallentare la corsa infettiva del virus, in quanto i comportamenti e le manifestazioni di irresponsabilità di molti cittadini hanno costretto il governo ad adottare misure sempre più restrittive, limitando la libertà non solo individuale ma associativa: libertà personale contro ogni forma di costrizione (articolo 13); libertà di circolare e soggiornare in qualsiasi parte del territorio nazionale (articolo 16); libertà di riunione (articolo 17); libertà di associazione (articolo 18); diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in pubblico (articolo 19).

Il tempo sembra quindi sospeso in una dimensione che ci ha di fatto tolto la libertà come succede solitamente in guerra. In questo caso il nemico è un elemento di pochi micrometri, il coronavirus, il quale infetta con una potenza elevata, ma, come evidenziato dagli scienziati, provocando una bassa mortalità se si interviene per tempo e con efficacia. Due elementi: tempo ed efficacia che sono stati messi a dura prova non tanto dal virus, ma dai comportamenti sconsiderati dei cittadini allergici alle regole di un paese democratico. In questo contesto, è interessante ribadire come alcune persone si infettano ma non sviluppano alcun sintomo. Generalmente i sintomi sono lievi, soprattutto nei bambini e nei giovani adulti, e a inizio lento. Circa 1 su 5 persone con COVID-19 si ammala invece gravemente, soprattutto persone anziane e/o con patologie debilitanti, e presentano difficoltà respiratorie, richiedendo il ricovero in ambiente ospedaliero.

Il problema principale quindi sembra essere l’efficace gestione del contagio. Quindi per evitare che il sistema sanitario vada al collasso, il che sarebbe peggio del danno provocato dal coronavirus, il governo ha dovuto di forza limitare le libertà costituzionali non avendo riscontrato senso civico e consapevolezza dei rischi da parte di molti cittadini.

Il paradosso è che c’è stato bisogno di un decreto ministeriale per trasformare l’angoscia in paura; paura dell’infrazione da codice penale per tenere la gente in casa per evitare l’angoscia di un’incognita.

Gli effetti “collaterali” di queste drastiche misure hanno riguardato anche il settore economico e finanziario del Paese a cui il Governo ha cercato di dare una prima risposta con l’emanazione di misure preventive e del decreto “CuraItalia” per il sostegno alle famiglie, lavoratori e imprese.

Alcune libertà costituzionali vengono quindi sacrificate per garantire la piena attuazione dell’ Art. 32 che stabilisce che La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. L’individuo da parte sua deve essere consapevole del valore della collettività e di quello che rappresenta un bene sociale: l’effetto comunità. Quando gli individui capiranno che il bene comune deve prevalere sempre sull’interesse personale si raggiungerà finalmente quell’effetto comunità capace di proteggere da crisi sanitarie, politiche ed economiche e da pandemie di pericolosa ignoranza che minano i diritti fondamentali di democrazia e libertà costituzionale.

La cifra di tutto questo la possiamo capire leggendo quanto scriveva il filosofo Henri-Frederic  Amiel nei Frammenti di diario intimo (1871): “Le masse saranno sempre al di sotto della media. La maggiore età si abbasserà, la barriera del sesso cadrà, e la democrazia arriverà all’assurdo rimettendo la decisione intorno alle cose più grandi ai più incapaci. Sarà la punizione del suo principio astratto dell’uguaglianza, che dispensa l’ignorante di istruirsi, l’imbecille di giudicarsi, il bambino di essere uomo e il delinquente di correggersi. Il diritto pubblico fondato sull’uguaglianza andrà in pezzi a causa delle sue conseguenze. Perché non riconosce la disuguaglianza di valore, di merito, di esperienza, cioè la fatica individuale: culminerà nel trionfo della feccia e dell’appiattimento”.

Le democrazie funzionano per chi se le merita; per chi riconosce il valore del merito, delle competenze e delle regole di uno stato di diritto; gli ignoranti, i delinquenti e gli allergici alle regole non meritano quello per cui non sono in grado di vivere e lottare.


Articolo precedenteIo medico, ora dall’altra parte della vetrata…
Articolo successivoNostro fratello vuoto
Figlio del Salento, abitante del mondo, esploratore della conoscenza. Laurea in Scienze Biologiche, Dottorato di Ricerca in Scienze e Tecnologie Cellulari alla Sapienza Università di Roma e Research Fellow presso la Harvard University di Boston (USA) dal 1996 al 2000. Attualmente è professore ordinario di Istologia, Embriologia e Biotecnologie Cellulari presso l'Università di Roma "La Sapienza". Le sue ricerche hanno portato ad importanti risultati pubblicati su riviste scientifiche internazionali tra cui Nature, Nature Genetics, Nature Medicine, Cell Metabolism, PNAS, JCB. Da diversi anni è impegnato nella divulgazione scientifica; è coordinatore delle attività di divulgazione scientifica dell'Istituto Pasteur-Italia ed è direttore scientifico della manifestazione “Festa della Scienza” che si svolge annualmente in Salento (Andrano-LE). Il suo motto: appassionato alla verità e amante del dubbio.

1 COMMENTO

Comments are closed.