L’ultimo libro di Tommaso Castellana, una via verso nuove “albe ridenti di luce, nonostante la pioggia o la tempesta”
In base alle ultime ricerche sul ‘chi siamo’, tema oggetto di varie scienze dalla neurobiologia alla psicologia in un’ottica transdisciplinare, sta venendo fuori una diversa e più articolata visione dell’uomo in cui vengono ad intrecciarsi più dimensioni da quella più propriamente biologica nel senso di C. Darwin a quella cognitiva e coscienziale; e questo sta avvenendo anche perché da diverso tempo scienza e arte, scienza e poesia, scienza e letteratura, una volta considerate come dei campi separati tra di loro, stanno dialogando in modo costruttivo nel cercare di definire l’uomo ed il suo essere ‘dilemmatico’ in quanto in grado di concepire, unico tra gli esseri viventi, le alternative: si scopre mortale e concepisce l’immortalità, si scopre finito e concepisce l’infinito, coglie le rugosità del reale e ne dà una dimensione simbolica dalle pratiche religiose all’arte col produrre, a dirla Robert Musil, ‘Bibbia e cannoni’. Ma è nella letteratura nel suo complesso, sin dalle origini omeriche solo per limitarci al mondo occidentale, che ha trovato e trova spazio una lunga e continua riflessione di natura esistenziale su se stesso e sulle varie avventure con lo scontrarsi con la realtà che lo circonda; ed il duro cimentarsi con essa lo mette di fronte ai suoi limiti con generare un corredo di illusioni, grida, errori e nello stesso tempo, però, lo obbliga a non mentire sulla propria condizione, a fare i conti sino in fondo con la non lineare storia che ha contribuito a costruire.
In tal modo, nel mettere in atto un lungo, faticoso e doloroso viaggio in sé stessi, si ricava a volte un beneficio in grado di rigenerarsi col ridare un nuovo senso alla propria esistenza; ed è quello che Tommaso Castellana offre al lettore In cammino con Nathan, 2024, testo che per essere meglio compreso va affiancato alla silloge di poesie Foglie e ricordi (Roma, NeP Edizioni 2022) dove emerge un altro aspetto non secondario del percorso messo in atto teso, nello scavare dentro le proprie pieghe, a sentirsi parte della ‘Terra Madre’ (Quando il sentimento ecologico si fa poesia: l’universo poetico di Tommaso Castellana, 26 settembre 2022). Infatti, Davide, il protagonista del romanzo, affronta il cammino per Santiago lungo la costa portoghese col fare suo in modo programmatico ‘la certezza che si sta sempre iniziando’ nel citare Fernando Pessoa, per scavare nel proprio io interiore, per interrogarlo senza nessuna reticenza e sempre più in profondità; ed in questo non comune viaggio nelle pene dell’anima e nel metterla a nudo, per parafrasare espressioni di tanti poeti e scrittori da Baudelaire a Proust, si rivela decisivo e strategico l’incontro con ‘l’altro’ che, come scrive lo stesso Castellana in una lettera al Direttore di Odysseo (Il cammino di Santiago: riflessioni di un viandante, 4 dicembre 2023), diventa non solo “un modo di armarsi, ma di abbracciarsi e abbracciare nuove vite”, utile per “tornare all’essenziale” e “diventare un tutt’uno con l’ambiente e il ‘tutto’”.
Il cammino, pertanto, è un modo per confrontarsi non solo con le asperità dei paesaggi che si attraversano con avere come compagno anche l’immensità dell’oceano con i suoi repentini cambiamenti e alte onde, ma con le difficoltà e le aspettative di altri come Nathan, un disabile che si affida alla sua carrozzella Mafalda per fare un suo specifico cammino; e pur breve nel corso di una giornata, tale incontro viene a scombussolare l’intero universo esistenziale di Davide costretto a fare i conti con le proprie fragilità, a rivedere sotto un’altra prospettiva la storia della sua vita, ad interrogarsi sul senso delle cose che vengono nel corso del romanzo rivisitate e rivissute con diversa intensità, a partire dai luoghi e persone che vi si incontrano. In tal modo lo stretto rapporto umano, che viene ad instaurarsi sia pure per poco, si trasforma in un pieno di nuova vitalità per Davide che sfrutta tutte le potenzialità che non pensava mai di poter trovare in un’altra persona alle prese con problemi molto più gravi dei suoi; e tutto il romanzo, imperniato su una totale e reciproca condivisione di “emozioni e vissuti”, si può pure leggere e tenere presente come un percorso di psicoterapia in senso esistenziale alla Frankl e, se i diversi capitoli vengono affrontati e soprattutto vissuti con tale approccio, possono rivelarsi per il lettore terapeutici nei confronti del proprio lager, di esserne un ‘cuore pensante’, per usare la famosa espressione di Etty Hillesum, per poi trasformarlo decisamente in una indispensabile risorsa per la vita.
Non a caso Tommaso Castellana insiste a più riprese che durante un simile cammino, “la mente umana diviene più fruttifera” ed emergono “nuovi punti di vista con pensieri in continuo movimento, soggetti a cicli di nascita, morte e rinascita”; ma sono sempre frutto del fatto che Nathan dona a Davide “tutta la sua umanità in un palmo” col prendergli la mano rivolgendola “verso l’oceano” col suo carico di onde, “metafora perfetta” di speranze da coltivare per poter riprendere un nuovo cammino nelle rugosità della vita. Così ogni singolo passo, fatto insieme dai due personaggi, si rivela “un percorso inarrestabile, per entrambi”, “una strada da percorrere in direzione del perdonarsi”; ed ogni metro diventa così una irrepetibile e densa “tappa”, a volte con “delle parole non dette” e con delle “verità nascoste”, a volte con un “pensiero abortito” e caratterizzato da significativi silenzi. In tal modo, il lettore viene trasportato in un’atmosfera dove poter assaporare, insieme ai due personaggi, altre tappe del proprio io come quelle “contro il tempo”, del “vuoto”, del “ricordo”, del “piacersi”, dell’’illusione”, del “sasso”, della “conchiglia, della “fiducia”, del “fango”, del “vedere”, dell’”abbandono”, della “percezione”, dell’”unione”, “delle piccole cose”, delle “promesse” e dell’inevitabile “distacco” Ed il tutto porta a creare le condizioni per diventare “un cestino di vimini, con intrecci aggrovigliati, ma liberi di esprimersi e di diramarsi”, di trovare così ognuno la propria strada.
Una breve lettera da parte di Nathan a Davide offre poi a Tommaso Castellana, che correda ogni capitolo con un incipit tratto da una canzone di cantanti a lui cari, l’occasione per avere altri “spunti di riflessione” per continuare alla ricerca del proprio “divenire”; ed ogni punto affrontato in tale lettera è un pressante invito al lettore, per potersi evolvere, ad “amare le piccole cose”, a concentrarsi su “piccoli obiettivi”, a non rincorrere lo spirito del nostro tempo tutto teso a raggiungere sogni irrealizzabili e futilità, a dare importanza al “momento di solitudine” necessario per costruire “i mattoni della nostra vita quotidiana” . Tutto questo porta a ricostruire la nostra vita e se necessario, ripartire da zero per “crescere”, anche perché “il cambiamento è l’unica costante nella vita” dove sono importanti i “piccoli passi” per “abbracciare con entusiasmo il continuo Cammino verso te stesso”.
Così un cammino, con delle difficoltà fisiche nel percorrere diversi kilometri al giorno, si è trasformato in una preziosa risorsa che ci viene offerta per estendere “gli orizzonti” della nostra vita, “lasciare venti vecchi, seguire frecce nuove” se si “sovrappone la propria impronta a quella di qualcun altro”; Tommaso Castellana ci invita, pertanto, a fare nostra “la filosofia dei Cammini” in quanto ci mette nella condizione di capirne “la bellezza, di non sentirsi atipici ma unici nella propria diversità” anche perché la meta, la tappa fondamentale “è la vita”. E sta ad ognuno di noi trovare il suo ‘Nathan’ possibilmente con le proprie forze, per non perdersi e ritrovarsi, scrivere le pagine di un cammino diverso con sentieri magari ripidi ma colmi di approdi ulteriori; e la lettura di In cammino con Nathan può essere di valido aiuto in tal senso nel ritrovarsi in nuove “albe ridenti di luce, nonostante la pioggia o la tempesta” e nel curare il nostro giardino, “un giardino, togliere le erbacce e piantare più alberi con radici profonde”.