L’universo poetico di Tommaso Castellana

In questi ultimi tempi tecnologie sempre più sofisticate, prodotte nel campo dell’Intelligenza Artificiale, sono in grado di riprodurre quasi esattamente linguaggi di poeti e scrittori tali da sembrare frutto della loro attività creativa; ma  è facile individuarli dato che non contengono il profumo della carta a cui siamo storicamente legati, carta sulla quale hanno trovato la loro ragion d’essere versi e periodi fatti e rifatti, smontati e rimontati magari nel chiuso di una stanza, ma sempre frutto del contatto stretto col mondo che ci circonda. Prendere in mano un libro, ed in particolar modo un libro di poesie, e sfogliarlo è come assistere quasi in diretta al travaglio interiore dell’autore che le ha partorite; ma il fascino delle parole scritte su carta è unico sino a coinvolgere il lettore che si sente quasi compartecipe degli eventi di verità che ogni singola poesia porta in grembo in quanto espressione di un hinc et nunc irriproducibile e frutto di un momento della vita corredato sia da gioie che da sofferenze con le sue irripetibili atmosfere. Ed è quanto avviene nelle poesie di Tommaso Castellana nella sua prima silloge dal significativo titolo Foglie e ricordi  (Roma, NeP Edizioni, 2022), accompagnata da un breve ma intenso scritto  di Cinzia Cofano e corredata da diverse fotografie su temi campestri ad opera di Ilaria Valenzano, che aiutano il lettore a sentirsi quasi di casa nel fare sue le medesime atmosfere e i ritmi della vita che vi hanno fatto da supporto.

Tommaso Castellana sin dalle prime poesie, nel mettere a nudo stati d’animo e sensazioni provenienti dal suo incessante interrogare ogni singolo particolare del mondo naturale come un semplice filo d’erba che sta nascendo o una foglia caduta da un albero o un fiore che sta morendo, ci inoltra in un universo armonico caratterizzato, sulla scia di Boris Pasternak citato all’inizio, da una immersione totale nei flussi della vita dove essa è tale solo nella misura in cui ogni singola vita si riconosce nelle altre; ma ciò che più risalta man mano che si procede nella lettura di altre poesie è quello che lo stesso autore chiama nell’introduzione “mio approccio verso la Natura e l’Essere Umano”, visti nella loro interezza, e “maturato in direzione di una maggiore consapevolezza partendo da un ‘Io’ poco conosciuto”. Come in ogni vero percorso poetico si mette in atto in tal modo un evento di verità che ha come scopo principale quello di non mentire innanzitutto su sé stessi, così come del resto è implicito nell’etimologia stessa della parola poesia dove pe, che proviene dal lessico delle antiche  lingue sacre del Mediterraneo da quella egiziana a quelle punica ed ebraica, sta a significare  ‘bocca degli dei’ ed in tale bocca non c’è posto per la falsità, presupposto a base degli antichi poemi epici e dello stesso testo biblico come ‘Libri della verità’.

Ogni singola poesia di Foglie e Ricordi si presenta come uno scavo in profondità nella vita del proprio io e nel delinearne i contorni si scava altresì nelle viscere della Terra col dimostrare nei suoi confronti “un amore viscerale” in quanto “Terra Madre che pur a volte ferita e ai suoi tempi severa, è sempre pronta ad accogliere” ma con l’obbligo di rispettarne i ritmi data la sua “lenta e costante evoluzione”; Tommaso Castellana in tal modo ed in forma poetica fa suo un sentimento diffuso di ecologia integrale da più parti invocato e si fa così portavoce non di un naturalismo fine a sé stesso, ma di una umanità che sappia rispettare le logiche di una alterità quali possono essere un tramonto, delle foglie, un tronco, un ulivo, un trullo di famiglia immerso in un paesaggio unico qual è quello della Valle d’Itria e non a caso messo in copertina, proprio per sottolineare lo stesso intreccio tra ‘ricordi’ e stagioni, tra memorie ed emozioni, dove  ritmi della vita e sogni dialogano col riconoscersi a vicenda come parti di un medesimo processo.

In tal modo  anche una silloge di poesie col suo portato di verità viene ad inserirsi negli attuali dibattiti a livello internazionale sulla necessità di un diverso ‘Antropocene’, così come viene chiamata la nostra attuale era per il ruolo sempre più invasivo delle attività umane che se non tenute sotto controllo possono portare ad esiti entropici col continuare ad infierire sulla natura in modo indiscriminato; e le poesie di Tommaso Castellana esplorano la possibilità di coltivare e arare un ‘nuovo Antropocene’ richiesto da più parti, un Antropocene  dove tutti “possiamo essere eroi su questa Terra, partendo dalla nostra Radice”, come viene chiarito nella breve ma illuminante introduzione.  Ogni singola poesia di  Foglie e Ricordi, con l’aiuto a volte quasi maieutico delle fotografie, ha il merito di aiutare le  coscienze a ridimensionare le pretese totalitarie che a volte albergano nelle nostre menti  coll’invitarci  a trovare un “giusto equilibrio tra un’attività umana sempre più all’avanguardia e iper-informatizzata, rispettando tutto ciò che è natura, uomo incluso”; in tal modo il lettore stesso viene coinvolto non grazie a  dei ragionamenti, ma con una poesia in mano nel sentirsi a sua volta un ‘eroe’ in quanto, attraverso l’entrare nei ritmi delle stagioni e nel mettere sul tappeto i ricordi di una vita, può “rinascere, abbracciare e abbracciarsi” nel trovarsi come alleato una natura che lo riconduce alle  origini, a riscoprire sotto una nuova luce le sue radici e a ripartire.

Le poesie di Tommaso Castellana ci ricordano, facendolo sentire più nostro, il percorso di Arthur Rimbaud che, nelle sue Illuminations, ha reso le  promenades in ogni angolo della natura fonte di ispirazione; ed in tal modo il poeta, ‘abbracciando l’alba’ ad esempio, ha  la capacità di partecipare al ‘risveglio’ degli uccelli e del mondo vegetale col dare inizio ad una nuova avventura. E nell’entrare nelle sue logiche da vigile e attento spettatore, gli stessi fiori insieme al destino delle foglie si aprono ai suoi occhi come portatori di altri e più significativi eventi di verità che vengono ad ‘illuminare’ il proprio passato e soprattutto a dotare il cammino da intraprendere di ‘nuove radici’ nel senso di Simone Weil; e questa riconciliazione tra uomo e natura, oggi più che mai avvertita in modo pressante, non solo è vissuta emotivamente in Foglie e Ricordi, ma diventa il perno con un suo fascino del pensiero poetante di Tommaso Castellana dove viene ad incarnarsi quella  logica dell’et et o pensiero del ‘tra’, prassi di vita in ogni sua forma. I versi che si susseguono, pagina dopo pagina, rispondono a questo bisogno umano e che diventa sempre più umano proprio in virtù di tale ‘illuminazione’ ricavata dalla riscoperta delle ragioni dei ritmi della natura ‘abbracciati’ per quelli che essi sono stati e per quelli che saranno in futuro, solo se saremo in grado di ascoltarli e di adeguatamente narrarli.

Del resto, il fascino a volte nascosto della vera poesia, a partire da quella epica, e del pensiero poetante non è quello di trovare delle consolazioni e di farci cullare nelle nostre emozioni, ma di rivedere  il proprio ‘io’  e il percorso della  nostra storia irrobustiti da una serie di diverse ‘illuminations’, come del resto è stato quello avviato da Dante  e da molti altri a partire da Cervantes sino a Balzac, Baudelaire, Musil e Proust solo per fare qualche nome, che ci hanno poi condotti per mano a riscoprire le diverse sfumature della vita. Nelle poesie di Tommaso Castellana, nell’assistere all’intreccio costante di ‘foglie e ricordi’,  si  mette in atto una ragione poetica che potremmo chiamare, senza nessuna esagerazione, quasi ‘agapica’ nel senso giovanneo del termine per la capacità di farci comprendere la natura come dono e la necessità di custodirla nell’essere insieme protagonisti attivi del ‘tra’; e nello  scavare nelle sue viscere e misteri con gli strumenti che si hanno a disposizione  dalla scienza all’arte e alla fede, saremo più in grado di farne emergere le implicite potenzialità per l’umano stesso che può ritrovare una sua più retta strada per  ‘virtute e conoscenza’, a dirla con Dante, prima abbracciandola, col partecipare ai diversi strazi che sta subendo, e ricavandone solidi indizi e ‘radici’ per una comune e reciproca rigenerazione.

Fa fede di tutto questo la stessa forma linguistica assunta da ogni poesia di Foglie e Ricordi  che nel creare, come rileva Cinzia Cofano, diverse  ‘metafore e parallelismi fortemente simbolici’ per dare voce a ‘desideri  e inquietudini’, mira all’essenziale che spiega anche la brevità di ogni componimento, dove ad esempio i verbi vengono ad assumere un ruolo determinante pur nella loro voluta indeterminatezza nel senso che aprono  degli squarci tutti, poi da parte del lettore, da intravedere e da vivere quasi continuando da parte sua ad arricchirli di diversi ed ulteriori significati. Non a caso lo stesso uso dei verbi porta alla loro strutturale incompiutezza che a volte sembra essere quasi programmata, ma che trova le sue origini nella necessità di dar conto della pienezza delle situazioni che si stanno vivendo, mai racchiudibili in schemi prefissati e aperte ad altri possibili universi; il processo scritturale che si mette, pertanto, in atto si rivela particolarmente intenso nel senso che i singoli versi, pur sembrando espressione della linfa vitale che vi fa di supporto, annunciano altre cruciali svolte  semantiche proprio perché si nutrono essi stessi dell’essere in situazione nel ‘tra’.

Ogni singolo verso di questa prima silloge di Tommaso Castellana sembra essere, in tal modo, la continuazione non solo ideale di quello precedente, ma anche quasi una scommessa per verificarne ulteriori potenzialità linguistiche nel permettere poi all’io di fare i conti sino in fondo con i propri strazi  e col connesso precipitato di speranze di cui i singoli versi sono portatori; si assiste, pertanto, quasi in diretta al loro travaglio e  alle numerose difficoltà che si incontrano sul piano semantico quando si vuole dare forma poetica a sentimenti, sogni e ricordi intrecciati con i bisogni di un’alterità che a volte sembra dispiegarsi nei suoi significati più profondi solo se ‘abbracciata’ con l’arma della poesia. Ci troviamo dunque di fronte ad un testo di poesie  che ne annuncia un altro, foriero certamente di ulteriori ‘illuminazioni,’ e sta a noi lettori ‘abbracciarlo’ per dare una spinta ad un giovane poeta che, nel fare i conti con le vicende della propria vita, ha scelto, per parafrasare un’idea di Simone Weil, una propria ‘gioia’ con una momentanea ‘fuga dal tempo’; ma tale ‘fuga’  lo ha quasi di forza riportato ad impegnarsi nel proprio tempo e nelle diverse lacerazioni ivi presenti,  a ridargli con la poesia ed il conseguente travaglio semantico una possibilità di rigenerazione di cui tutti possiamo usufruire se come lettori saremo in grado di coglierne qualche squarcio e tradurlo in linfa vitale, come ci invita questa poesia:

 

La ragion d’essere

Stretta da uno spago

La ragion d’essere di un poeta.

Grida.

È anima d’autunno

recisa da muse già note.

Scolpite.

Mal fatte.

Ogni calar di un sole freddo

alimenterà in lui le gesta

lasciando un verso

sulle foglie ormai cadute.


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La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...