No a uno Stato accentratore, sì a uno stato liberale e moderno.

No a uno Stato accentratore, sì a uno stato liberale e moderno.

In Italia e nella gran parte degli ordinamenti giuridici vigenti in Occidente, lontani anni luce dai non pochi Stati totalitari sparsi nel vicino Oriente, si riconosce ai cittadini uno spazio di libertà a contrarre e a regolare in perfetta autonomia determinati rapporti giuridici. Questo vuol significare un “no” ad uno statalismo autoritario e accentratore e un “sì” ad uno Sato autorevole sì, ma anche e soprattutto liberale e moderno.

Quale istituto se non il negozio giuridico, inteso come la dichiarazione di volontà produttiva di un effetto giuridico, deve balzare ai nostri occhi come l’essenziale arma in più caratterizzante gli Stati occidentali? Lo stesso, invero, consente loro di offrire ai cittadini un ristretto, ma importantissimo, ambito di autonomia giuridica entro il quale regolare da sé i propri interessi.

Tuttavia, occorre precisare: non qualunque manifestazione, seppur volontaria, assume rilevanza giuridica, risultando fondamentale e necessario che la stessa sia esplicitata in un comportamento cosciente dal soggetto che la pone in essere, che abbia come scopo un effetto costitutivo, modificativo o estintivo di una situazione giuridicamente rilevante e, infine, che si muova all’interno della libertà negoziale che l’ordinamento tutela in favore dei singoli consociati.

Nondimeno, può accadere che il processo formativo della volontà sia infirmato nella sua libertà da eventi perturbatori della stessa: i vizi della volontà. I vizi che l’ordinamento giuridico riconosce, prima, e ripudia, poi, sono l’errore, la violenza e il dolo.

L’errore, a cui è parificata l’ignoranza, è una falsa rappresentazione della realtà che determina il soggetto ad una manifestazione di volontà diversa da quella a cui lo stesso era in precedenza determinato. All’errore, com’è giusto che sia, è riconnessa l’annullabilità giudiziale del negozio. Essa, tuttavia, opera esclusivamente nel caso in cui il vizio sia essenziale (qualora cada sulla natura ed identità dell’oggetto contratto e del soggetto contraente) e riconoscibile (laddove pur una persona di normale diligenza l’avrebbe evitato).

Causa di annullabilità del negozio è anche la violenza. Si faccia attenzione, però, poiché con essa non si intende un violento atto fisico volto ad ottenere in via meccanica la dichiarazione negoziale (per lo stesso è prevista la nullità del negozio e non la semplice e mera annullabilità) ma la minaccia, solo morale, di un male ingiusto volta ad ottenere un dichiarazione negoziale del minacciato.

Ultimo atteggiamento viziante la volontà negoziale ripudiato dall’ordinamento giuridico è il dolo. Esso, infatti, è specificatamente inteso come quel comportamento ingannatorio che si sostanzia in artifizi e raggiri grazie ai quali un soggetto cade in errore nel compimento di un negozio. Il vizio in questione è anch’esso causa d’annullabilità ma, qualora anziché dalla parte contraente provenga da un terzo, invaliderà la situazione giuridica provocata esclusivamente nel caso in cui i raggiri fossero stati espressamente noti alla parte contraente che, dal negozio viziato, ne ha tratto vantaggio.