Il contributo di due scienziati al lavoro
Tra i tanti doveri che incombono in questi primi decenni del XXI secolo c’è quello di comprenderne le diverse dinamiche che lo attraversano, molte delle quali inedite, da richiedere solo per tale ragione di fondo una radicale riforma del pensiero; tale esigenza si manifesta più che mai con tutto il suo portato non solo di natura cognitiva ma pure esistenziale che viene, infatti, avanzata da diverse parti sino a configurarsi come il perno di una nuova Paideia, nel senso proposto da Mauro Ceruti. Del resto, un obiettivo del genere è stato sempre e continua ad esserlo il compito primario di ogni comunità pensante che oggi per i cruciali problemi globali è la stessa intera umanità; diventa, pertanto, sempre più cogente mettere in atto il conseguente ‘travaglio dei concetti’, come ci hanno insegnato alcune figure più note, sia del pensiero filosofico come Hegel, e altre meno note del pensiero scientifico come il matematico ed epistemologo Federigo Enriques. E tra le diverse strategie messe in atto lungo i secoli, ha avuto un ruolo centrale e cruciale quella di interrogare in una prospettiva unitaria il come ed il perché delle cose; tale percorso ha scandito le tappe più significative del pensiero umano a partire da quello greco le cui figure di scienziati-filosofi, nel cercare di rendere conto delle ragioni della phýsis,hanno dato vita alla platonica episteme nel tentativo di chiarire sul terreno teoretico il carattere ‘divino’ o ‘miracolo’ delle matematiche, come lo ha chiamato Simone Weil, sapere già con una lunga storia alle spalle, condiviso da tutti i popoli del Mediterraneo e potenziato grazie al loro incontro-scontro con le civiltà dell’Asia.
Un approccio del genere con tutto il suo carico di intelligibilità ha permesso, in seguito, da un lato lo sviluppo della scienza moderna e dall’altro ha portato, soprattutto nell’ambito del pensiero scientifico dell’Ottocento ed in parte nel primo Novecento, alla scissione di questi due momenti costitutivi del pensiero umano coll’assegnare al come quasi un predominio assoluto e con lasciare il perché fuori dai binari dei processi conoscitivi messi in atto; e dato che la ricerca incessante del come ha comportato un aumento considerevole di conoscenze col loro intrinseco portato di verità e dato che, come diceva John Stuart Mill, ‘«le verità se non sottoposte a continua revisione cessano di essere verità e anzi se si esagera con esse, diventano falsità»’ sino a creare in tal modo la nefasta separazione tra cultura scientifica e cultura umanistica. Di conseguenza, non potevano non risorgere all’interno del pensiero scientifico più maturo di questi primi decenni del nostro secolo, e non solo, le domande sul perché delle cose, sulle origini e singolarità degli eventi più significativi verificatisi. Tali domande di fondo investono la loro essenza e riguardano in particolar modo le ragioni dell’esistenza della realtà, dell’universo e della vita, col mettere sempre più in campo questioni sul da dove provengono e dove tendono; col porre tali problemi nella loro complessità si «’supera la fisica e la biologia’», come afferma Mauro Ceruti nella prefazione al volume di Angelo Vianello e Marco Zancani, In principio era l’energia. Storia dell’evoluzione energetica della vita, con illustrazioni e poesie di Paola Guglielmo e postfazione di Federico Vercellone (Milano, Meltemi Ed., 2024).
Tali scienziati al lavoro, nei settori della biochimica e della fisiologia vegetali, partono dal farsi carico dei nuovi problemi posti dall’epoca dell’Antropocene caratterizzato dall’inedito e “catastrofico impatto dell’operato umano” sul pianeta Terra, che pur nei milioni anni di vita dell’uomo, ha attraversato immani sconvolgimenti e indicibili ‘”strazi”’ all’interno della sua “stoffa”, a dirla con Teilhard de Chardin, uscendone comunque indenne. Per avvertirci in modo razionale del “peso della nostra responsabilità” e soprattutto per “porvi rimedio”, come ben evidenziato da parte dello stesso Vianello in un precedente scritto (Per una visione agapica dell’Antropocene, 3 marzo 2022), mirano a fornirci le ragioni del fatto che occorra con urgenza recuperare e “attraversare nuovamente il peculiare e fragile equilibrio su cui si basa la vita sul pianeta”, dato che abbiamo gli strumenti ed il tempo per cambiare rotta, derivati dal fatto di interrogarla nelle sue ragioni più profonde “’senza più mentire” su di essa nel senso weiliano, come si è fatto e si continua ancora a fare da più parti. E tal fine, forti sul piano ermeneutico della ormai insostituibile nozione darwiniana della profonda storicità del tempo e dei recenti risultati acquisiti nell’ambito della biologia evoluzionistica grazie “all’irrompere di evo-devo e dell’epigenetica”, ci inoltrano in un non comune viaggio nella storia della vita. L’accurata indagine su come essa, dopo aver attraversato gli ‘strazi della materia’ e pur caratterizzata da “delicati cambiamenti e lente evoluzioni”, sia emersa e sia diventata sempre più complessa, li porta ad individuarne uno dei tanti perché per capire meglio dove si sta andando, allargando in tal modo gli orizzonti cognitivi della nostra razionalità.
Il pieno dei come raggiunto ed il suo sano utilizzo sul piano della conoscenza porta così come dono razionale la ricerca dei perché che sono, analogamente ai come, molteplici e, anche se richiedono approcci qualitativamente diversi, vengono ad ampliare, solo per il fatto di essere posti, in primo luogo di ulteriori prospettive il già acquisito sul reale evidenziando quelle che Gaston Bachelard, a proposito delle prime formulazioni della meccanica quantistica, chiamava sue nuances o finezze, il più delle volte implicite e bisognose di ben altre cure cognitive e attenzioni critiche. Tra i diversi perché, domanda ritenuta programmaticamente necessaria per andare oltre, Vianello e Zancani ci consegnano quello relativo all’energia (dal greco èrgon, energia e odòs, via) che sin dal “principio costituisce il filo conduttore di tutto quello che ci appare”. Vengono a tal fine sfruttate sul piano epistemologico ed ermeneutico alcune fondamentali indicazioni del biologo Stuart Kauffman, relative al fatto che i fenomeni naturali si dividono in due categorie: quelli ergodici, soggetti a leggi fisico-chimiche immutabili con dei vincoli predeterminati, e quelli non-ergodici tipici dei fenomeni biologici che, pur rispettando i principi fisici e chimici, sono in grado di andare oltre coll’auto-costruirsi e auto-organizzarsi nel tempo altri cicli, come ad esempio le cellule nei processi di riproduzione.
L’energia, pertanto, fa emergere la vita nel farsi “materia, per poi differenziarsi nelle infinite forme” anche se, sulla scia di Stephen Jay Gould, si ritiene necessario prendere atto che «”tutte le forme di vita sono anche soggette alla contingenza”, intesa come un evento imprevedibile il cui esito non è scontato». In principio era l’energia nei diversi capitoli ci inoltra nelle varie fasi prima ergodiche, attraversate dall’“infinita energia nel farsi materia” dal Bing Bang alle stelle definite “fucine degli atomi di vita” che poi viene ad insediarsi sulla Terra dando origine alla complessa fase non-ergodica, a sua volta contraddistinta dalla fase prebiotica e dalla comparsa delle prime forme di vita da Bacteria e Archæa sino alla comparsa degli eucarioti col loro formarsi “attraverso un processo di endosimbiosi”. Tale importante idea, avversata negli ambienti scientifici dell’epoca, fu avanzata da Lynn Margulis negli anni ’60 e poi chiarita da Christian De Duve, per poi portare Vianello e Zancani ad assegnare alla stessa cooperazione tra gli esseri viventi “una pervasiva forza che si pone a fianco della competizione per plasmare la loro evoluzione”. E vengono a svolgere un ruolo strategico “tre pilastri bio-energetici” come la glicolisi, la respirazione mitocondriale e la fotosintesi che poi portano alla formazione degli organismi complessi come funghi, animali e piante. A tutto questo hanno contribuito diversi fattori come i “cambiamenti climatici”, il “contesto geologico e ambientale”, le forme con cui “le piante conquistano la terra emersa” e i complessi processi che hanno portato alla fotosintesi, “fonte di energia per (quasi) tutte le forme del divenire”.
L’aver coniugato in modo critico e costruttivo i come ed i perché della vita porta i due autori ad affrontare “le sfide ambientali del XXI secolo” come il riscaldamento climatico che sta compromettendo la tenuta dei diversi ecosistemi, da quello marino a quello terrestre, con “danni diretti e indiretti alla biodiversità da cui dipende la storia e il destino dell’umanità”, preso atto del fatto che per ricostituirla “saranno necessari milioni di anni” e del possibile ‘collasso energetico’ dovuto al massiccio uso delle energie da fonti fossili. A tal fine è ritenuto necessario che “l’umanità debba, compatta, affrontare questa sfida epocale da cui dipenderà la sopravvivenza di Homo sapiens, non delle forme di vita in sé”. Ma occorre attrezzarsi sfruttando al meglio “il bagaglio di conoscenze acquisito lungo la nostra ‘breve’ storia evolutiva”, bagaglio costituito sia da “conoscenze umanistiche che da quelle scientifiche”, animate nei rispettivi fondi dalle ragioni della ricerca del ‘più vero’ a dirla con Federigo Enriques. Nel loro insieme “arte, filosofia, religione e scienza”, come “fonti” di rispettive conoscenze in un’ottica da pensiero complesso, sulla scia dei lavori di Morin e Ceruti, portano al definitivo superamento della divisione delle ‘due culture’ e ad una loro rinnovata ‘alleanza’, così come fu avanzato da un altro grande scienziato come Ilya Prigogine negli anni ’80 del secolo scorso.
Si perviene così a mettere in piedi un itinerario di pensiero che, forte della presa di coscienza, da parte di Vianello e Zancani, di quello che con Federigo Enriques si ritiene essere in atto visto come un nuovo «”e pieno ‘rinascimento filosofico della scienza contemporanea’»”, assegna in primis alla ricerca scientifica il suo più giusto posto, diventando una base strutturale del nostro tempo nel portarci alla reale comprensione di come stanno effettivamente le cose, condizione di fondo per reimpostare su nuovi binari le diverse e insostituibili fondamentali domande poste dai perché che “l’umanità deve affrontare” per porre rimedio ai riduzionismi di vario genere prodotti in più ambiti. Per parafrasare una poco nota espressione di Léon Brunschvicg, i perché sono in grado per loro natura di riaprire dei varchi ulteriori in ciò che le scienze riescono a mettere in piedi e sono bisognosi di una non facile metabolizzazione per i sempre più profondi risvolti cognitivi ed esistenziali necessari per andarvi oltre.
Equipaggiata con tali apporti razionali, l’umanità si rivela essere più in grado, per Vianello e Zancani, di rispondere alle diverse sfide e di affrontare le complesse transizioni in corso, di “approdare a una auto-comprensione antropologica” e di mettere in piedi un “nuovo ethos” nel riappropriarsi di una delle tante risorse della specie umana, quella “fondata sulla socialità, frutto, fin dalle origini del genere Homo, della cooperazione tra singoli soggetti”, in sintonia con delle indicazioni provenienti da figure di orientamento diverso come Ernesto Balducci, Pierre Teilhard de Chardin, Bruno Latour, Jürgen Moltmann, Edgar Morin, Stephen Gould, Robert Laughlin, Mauro Ceruti e Papa Francesco. Questo percorso, incentrato sul “ruolo giocato dalle variazioni di energia”, si presenta come “un modesto ‘inno alla vita’” all’interno di una sua “concezione pluralista” più in grado di abbracciarne le diverse articolazioni. E nello stesso tempo si rivela strategico come un dono razionale nel farci capire che la nostra specie è “una entità non ergodica, frutto di proprietà emergenti, tipiche dei sistemi complessi”; e come tale è dotata di una intrinseca “saggezza”, che trova le sue migliori espressioni nella scienza, nell’arte e nella religione, in grado di tenere “a cuore il nostro destino, al fine di non diventare gli artefici della nostra estinzione”. In principio era l’energia, pertanto, come frutto di scienziati al lavoro nel convivere sulla scia di Gould con una pluralità di posizioni senza per questo essere ‘”relativisti nei confronti della verità”’, si presenta come una guida nel darci un umile contributo teso a “salvare il nostro piccolo ma stupendo pianeta, una perla dello sconfinato Universo”; e a tal fine si nutre anche di una considerazione di don Pietrantonio Bellina (1941-2007), scritta nella sua lingua friulana (ladina), inneggiante alle varie forme di vita con una non comune attenzione ai problemi planetari all’interno di una visione universalistica.