La lezione di Galimberti, su di una cattedra minimal, è stata confortante. Come ho avuto modo si commentare a caldo con alcuni: “non siamo soli”.

I giovani e il Nichilismo: era questo il tema della lezione di Galimberti al Festival della Disperazione. Ascoltarlo, è stato confortante perché i grandi temi – il monito sociale, la responsabilità di chi educa, il mondo dei ragazzi – hanno ripercorso strade che molti di noi percorrono nella quotidianità del proprio lavoro. Spesso questo ci fa sentire soli e a tratti controcorrente. Dopo questa lezione è come se ci sentissimo ulteriormente supportati nel prosieguo di questa strada ancora troppo poco battuta.

La lezione di Galimberti al Festival della Disperazione è stata un racconto del Nichilismo, che porta la firma di Nietzsche, e una breve sintesi delle tappe fondamentali dello sviluppo emotivo e cognitivo di un essere umano da bambino a giovane.

Più che in altre fasi storiche i giovani oggi vivono in un momento in cui il futuro tutto è, se è, fuorché qualcosa di positivo.

Il Nichilismo.

Galimberti sul Nichilismo dice: “Non possiamo metterlo alla porta perché è in casa; è importante guardarlo in faccia”. Ma cos’è il Nichilismo? Il Nichilismo è iniziato con Nietzsche e con la trasformazione di attribuzione di valore del tempo. Da un pensiero che si associa facilmente al grande pensiero Cristiano dove il futuro, che arriva dopo il passato e il presente, è positivo perché si avvera la promessa cresciuta nei due tempi precedenti; con Nietzsche e l’annuncio della morte di Dio da parte di un folle entra in scena l’inesistenza della positività del futuro; la precarietà del futuro.

Quante volte in questi ultimi anni abbiamo detto, letto e ci siamo sentiti dire che il futuro non esiste? Tante. Troppe.

Il passare in rassegna di Galimberti delle fasi di crescita sta ad indicare e a sottolineare con passione i punti cruciali e di snodo potenziale, sta ad indicare che di questo Nichilismo sono vittime i giovani. Sono vittime – ci ricorda che sono quattrocento gli studenti morti suicidi, ogni anno, cioè in media più di uno al giorno – quei giovani che sono il più grande potenziale della società, ma anche il meno utilizzato in essa.

Se tale rassegna ci ricorda i passaggi di crescita interiore, a più livelli sottolinea anche il ruolo delle figure che girano intorno a questi bambini, a questi giovani. Alle loro caratteristiche e responsabilità. I genitori. I maestri.

Non a sei anni, come sosteneva Freud, ma a tre anni si formano definitivamente le mappe emotive e cognitive per conoscere e reagire agli stimoli del mondo.

Ricorda ai genitori che “l’identità è un dono sociale – ed io aggiungerei relazionale – è conferito dalla mamma e dal papà quando dicono ‘bravo’ al proprio bambino” ed è un dono che continueremo ad acquisire da adulti con il riconoscimento familiare e sociale. Per questa ragione “quando i bambini vi fanno vedere un loro disegno rinfrancateli, guardateli con attenzione i loro scarabocchi (noi ad Andria diremmo papascisci) perché il bambino non ha un’idea di sé”, ed aggiungo: un bambino ha un’idea di sé se c’è qualcuno a dargliela!

Ricorda a tutti il ruolo fondamentale e delicato degli insegnanti, un po’ meno, per come stanno oggi le cose, quello dei professori universitari, per i quali ci vorrebbe una selezione mirata alle capacità di insegnamento. Gli insegnanti devono essere in grado di affascinare i propri studenti. E la lezione di Galimberti ricorda il ruolo fondamentale della curiosità, delle domande che hanno bisogno di trovare risposta. Ricorda i modelli che sono acquisibili solo dalla letteratura.

Questa società tutta ha bisogno di ritornare, tornare, formare il proprio livello emozionale individuale e sociale.

Sono stata felice di vedere molti ragazzi a questa lezione, sono stata felice di osservare che hanno ascoltato qualcuno che li ha ascoltati e sentiti, che ha dato loro un ruolo di valore e bellezza.

La responsabilità di un adulto su un essere umano è enorme e non parlo di un essere umano qualsiasi, ma di un bambino; un bambino che non avendo chiesto di essere messo al Mondo ha il diritto di ricevere tutti gli strumenti per starci al meglio. Ha il diritto della cura. Ha il diritto di essere educato. Ha il diritto dell’ascolto, del confronto, del conforto, della condivisione, delle regole. Perché tutto ciò accada credo sia necessario guardarsi negli occhi. Entrare in relazione.

Credo con forza che il futuro sia la somma del presente. Occupiamoci dell’hic et nunc senza ipotecare il futuro, senza dargli alcuna connotazione aprioristica.

Le aprioristiche connotazioni sono pericolose. Ogni pagina bianca avrà una nuova penna, una nuova parola che andrà a comporla e sarà stupore per il foglio, per la mano, per la carta, per gli occhi.

Sarà una nuova pagina.

Sarà il futuro. Magari positivo. Perché no?

Il programma della terza ed ultima giornata del Festival della Disperazione:

Domenica 6 Maggio

Ore 9 – 13 Torre Disperata

Ore 16:30 Erri De Luca – Speranza Vs Disperazione

Ore 18 Vanessa Roghi – La disperazione di una virgola. Note a margine di un discorso su luoghi comuni, scuola e 68.

Ore 19:30 Gianni Amelio – Domani è un altro giorno.

Ore 21 Stefano Benni e Paolo Di Paolo – L’ora più bella

Ore 22:30 Festa della Disperazione con Ivan Talarico.