Non comprende l’uomo calcolatore

per quanto ci provi a capire il ‘sì strano

criterio alla base del Seminatore

 

che sparge copioso, aperta la mano,

il seme prezioso ch’è vita in potenza:

non sparge nel solco, lo lancia lontano…

 

sul nero catrame, di morte parvenza,

l’uccello lo vede, lo punta, si fionda:

quel seme lì sopra ha breve giacenza.

 

Cadere lo lascia su pietra rotonda

lì dove il terreno ha pochissimo peso:

radice morrà prima d’esser profonda.

 

Permette che cada tra i rovi disteso,

crescendogli intorno, lo soffocheranno:

a preoccupazioni ed affanni si è arreso.

 

Su morbida terra, più lieve d’un panno,

il seme può infine trovare dimora

nel suolo fragrante: gli antichi lo sanno

 

che appena vangato il terreno ha un odore

di buono, di fresco, di fertile grembo…

e passano i mesi, i giorni, le ore…

 

quel seme ignaro caduto sul lembo

muore nel buio, rinasce, da vita:

promesse di pane in estate ha sul gambo.

 

Magnanimità di Chi a larghe dita

non siede a stilar dei ricavi il diagramma;

segreto per chi della propria vita

 

vuol far quel che fa nel buio la fiamma.

Ascolta la “Follia del Seminatore” interpretata da Giuseppe Porro:


Fontehttps://pixabay.com/it/photos/campo-d-orzo-grano-agricoltura-1684052/
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Giuseppe Porro nasce ad Andria nel 1985, vive in Seminario gli anni della sua fanciullezza e adolescenza. Frequenta il Liceo Classico “Carlo Troya” e si laurea in Lettere presso l’Università di Bari. Dal 2015 vive a Martina Franca con sua moglie e le sue figlie. Da sempre amante della poesia, l’endecasillabo lo diverte particolarmente: Per gioco cominciai al cento die convivio, i pari miei per allietare, vincendo primordiali retrosie dinnanzi ai prof non temmi di parlare: usai da dilettante il bello metro, per dare ai brindisi una veste un po’ più ilare. Ridea di gusto, vetusta, la Di Pietro, la Tarantini, ch’avvampa di vermiglio e la teatrale musa Notarpietro. Da allora quando carta e penna piglio, se voglio raccontare di qualcosa, m’imbarco in ‘sì nobile naviglio che può suonar più dolce della prosa.