Sono anni ormai che, per le vacanze, faccio ritorno ad Andria ad estate inoltrata. Io vivo a Milano e Andria è la città pugliese, poco lontana dal mare, in cui sono nato e cresciuto. È una città dove la stagione balneare comincia a maggio e finisce ad ottobre, dipanandosi con morbosa regolarità. È così che la maggior parte degli abitanti di questo luogo nei mesi estivi cambia colore della pelle, passando da una tonalità caucasica ad una in tutto e per tutto magrebina. La gente sfoggia abbronzature invidiabili che vanno da gradazioni di marroncino tipo “coppa del nonno” fino al nero Balotelli. Forse è per questo che Cesare Lombroso sentì l’esigenza scientifica di inserire i settentrionali fra le razze ariane e assegnare ai meridionali origini africane, sarà venuto al Sud d’estate per le sue ricerche; come forse è per questo che il dipartimento immigrazione americano, a fine ‘800, catalogava gli italiani inserendo i settentrionali fra i “celtici” e i meridionali fra gli “iberici”. Come dal loro torto.

Ad ogni modo, in questo contesto, verso fine luglio, arrivo io. Io non solo vivo a Milano, sono anche tendenzialmente biondo e in generale chiaro. A ciò si aggiunga che quando Dio distribuiva la melanina, sarò stato in fila per aggiudicarmi la dote di piegare i sacchetti di plastica con precisione, dunque non mi abbronzo praticamente mai. Così il giorno che arrivo faccio un giro per salutare tutti e i dialoghi sono

AMICO 1: “Uè André, sei tornato, come va?”

IO: “Tutto bene. Finalmente un po’ di vacanz…”

AMICO 1: “Però cum sté biang”

***

AMICO 2: “Andrea carissimo, salutiamoci. Quando sei sceso?”

IO: “Sono arrivato sta mattina”

AMICO 2: “Ah ekk pkké sté biang”

***

Esterno sera. Io che bevo una birra in tranquillità.

AMICO 3: “Uannà ma stai bene?”

IO: “Sì, perché?”

AMICO 3: “I né cumm stè biang”

***

VIGILESSA: “Senta devo farle la contravvenzione”

IO: “Per cum staik biang?”

VIGILESSA: “No, ha parcheggiato sulle strisce blu”

In altre parole il primo giro, una volta in città, si trasforma in una parata carica di disprezzo per il colore della mia pelle. Sarà questo il motivo per cui poi empatizzo tanto con gli stranieri. Tuttavia il massimo dell’umiliazione e dello scherno lo si raggiunge solitamente in occasione della prima volta in spiaggia.

Ogni anno arrivo sugli scogli convinto di avere un discreto colorito perché magari, da inizio giugno, sono andato addirittura tre volte in piscina, poi però mi tolgo la maglietta e gli sguardi di tutti mi riportano alla realtà. I “cum sté biang” mi raggiungono da ogni dove come gli schizzi delle onde infrante sulle rocce. Il peggio è che non sono più semplici “cum sté biang”, quello è fin quando sei vestito, da quando sei a torso nudo si aggiunge l'”adò”. “Adò” è per l’andriese quello che “oh my God” è per gli anglofoni. Dunque, la frase diventa “adò cum sté biang” dove il risentimento di chi la pronuncia alla vista del tuo colorito, è tanto più grande quanto più lunga e acuta è la “a” di “adò”: “AaaaaaAAaaadò cum sté biang”, è quasi disgusto.

E allora ti metti in un angolo, sapendo di essere la vergogna della tua compagnia, e fai finta di averla presa bene. Inizi a guardarti intorno e ti sembra che tutta la spiaggia stia parlando del tuo candore. Il figlio alla madre, indicandomi, “Mamma, mammina, cum stè biang”. Il fidanzato alla fidanzata “Amò, tramind cum stè biang”. La combriccola dello scopone “ciò d coip cum sté biang”. Il nonno pancione, passandomi una Peroni, “voiv ca stè biang”. Così via, sempre più a fondo nella tua autostima.

Tutto ciò porta a dire che, per l’andriese, arrivare ad estate inoltrata ed essere ancora bianchi, è motivo di scandalo, una colpa da evidenziare. D’altra parte il colpevole, colui che è rimasto bianco, lo sa, e quasi mai risponde piccato rimandando l’accusa al mittente. Più che altro si costerna, ammette le proprie responsabilità, e cerca di fare il necessario per abbronzarsi il prima possibile. Questo può voler significare solo una cosa, cioè che gli andriesi, crescendo, vengono educati in modo da far propria l’idea per cui essere bianchi, puri, incontaminati, rappresenti un tradimento. Quelli dell’Altitalia restano bianchi, noi siamo mediterranei e abbiamo il dovere di diventare neri, apparire meticci.

Restare bianchi vuol dire avere accettato standard di vita estranei a quelli del Mezzogiorno, standard che le società del Sud, pur apprezzandone l’efficienza, considerano un po’ da sfigati. Non essere abbronzati vuol dire essersi rassegnati ad avere solo 15 giorni di ferie all’anno, aver abdicato a ritmi di lavoro forsennati, che non ti lasciano il tempo di andarti a stendere al sole ogni volta che puoi. Significa aver accolto la produttività e messo da parte la pigrizia e il godimento. Vuol dire essersi votati al dinamismo e aver girato le spalle alla lentezza che la controra impone. Essere bianchi vuol dire, in definitiva, aver tradito il sole, e se c’è una cosa che un uomo non dovrebbe mai fare è tradire il sole. E io son contento che la mia comunità me lo ricordi ogni volta che può con un severo, laconico e sentito “cum sté biang”.


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"Andrea Colasuonno nasce ad Andria il 17/06/1984. Nel 2010 si laurea in filosofia  all'Università Statale di Milano con una tesi su Albert Camus e il pensiero meridiano. Negli ultimi anni ha vissuto in Palestina per un progetto di servizio civile all'estero, e in Belgio dove ha insegnato grazie a un progetto dell'Unione Europea. Suoi articoli sono apparsi su Nena News, Lo Straniero, Politica & Società, Esseblog, Rivista di politica, Bocche Scucite, Ragion Pratica, Nuovo Meridionalismo.   Attualmente vive e lavora a Milano dove insegna italiano a stranieri presso diversi enti locali".

4 COMMENTI

  1. Caro Andrea, io al mare non vado da un numero imprecisato di anni per libera scelta e per vari motivi, pertanto vivo anch’io questo “dramma”. A me si aggiunge il fatto che camminando per strada sotto il sole d’estate prendo l’abbronzatura sui piedi solo nella zona del tarso non coperta dalla tomaia della comode ciabatte acquistate alla “medico-sanitaria”; ne consegue che indossando altre scarpe o denudando il piede esso sembri sporco a strisce e io ne sono lievemente imbarazzata. Sono gli infiniti inconvenienti del possedere un corpo oltre che un’anima. 😉
    Complimenti comunque per il simpatico articolo.

  2. Ah! Ah! Ah! Capisco e solidarizzo da “diversamente abbronzato” quale sono, perennemente bianco e sposato ad una donna che si abbronza alla sola parola “sole”!!

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