Riccardo, come nasce Andria Città Europea?
Nel 1989 viene proposto agli assessorati alla cultura di Andria, Trani e Barletta di produrre un documentario sulle città e i rapporti esistenti tra loro. L’assessore alla cultura di Andria di quell’anno chiese: “Ma ha intenzione di portare turisti ad Andria? Ma sa che non ci sono alberghi…”. Anno dopo, nessuna rassegnazione. Cambia l’amministrazione ma non il desiderio, il bisogno di raccontare la mia città e le sue relazioni. Questa volta l’Assessore alla Cultura del comune di Andria, Mario Mangione, accetta la proposta. L’idea del documentario quindi si concentra sulla città andriese senza tuttavia tralasciare i legami con le città vicine. “La motivazione – scrive lo stesso assessore nell’8 giugno del 1992 – che ha spinto l’amministrazione comunale a realizzare il documentario Andria Città Europea arricchendolo con approfondimenti scritti di valenti professionisti andriesi e non è la seguente: secoli e secoli di storia, segni eloquenti di antiche civiltà, pregevoli testimonianze di arte; in definitiva tutta la vita di una città che evidenzia con il suo tessuto quotidiano le varie epoche storiche, un mondo che rivive e parla… Questa è la nostra Andria che è essa stessa bene culturale per chi ci vive, per chi la visita, per chi la studia. Purtroppo siamo spesso disattenti lasciando deteriorare le ricchezze che possediamo”.
E questa è la parte più pubblica. Qual è quella più intima, tua, da cui nasce il progetto?
Fino all’1984 mi sono occupato di teatro di ricerca con il Teatro Nuova Edizione e il Teatro Moline con la direzione di Luigi Gozzi che faceva parte del Gruppo 63. Terminati gli studi al Dams e la fase teatrale puramente intellettualistica, nasce l’urgenza di parlare a un numero maggiore di persone e una tipologia diversa di spettatori. Quindi il cinema. Cambia, come lo stesso mezzo richiede, l’approccio contenutistico e formale. Cosa fosse filmare lo apprendo ben presto sui set: tre film come scenografo, poi come aiuto regista, infine ideatore e regista di miei video. Dopo avere preso dimestichezza con la macchina da presa penso a cosa ho bisogno di raccontare tramite immagini in movimento: il luogo che è più vicino a me, che fa parte di me. Mi interessava mettere in evidenza la sua storia, e per questo fine avevo pensato al documentario, ma anche la sua poesia perciò decido di separare il progetto in due parti: nel documentario avrei curato l’aspetto scientifico, fatto di studi archeologici e architettonici, e dell’aspetto lirico avrei parlato in un vero e proprio film: 8 Rigenerazione che tuttavia nasce anch’esso da uno studio scientifico sulla valenza dei numeri in epoca medievale. E rigenerazione è proprio uno dei significati del numero otto. Quindi il Castel del Monte è il protagonista di questo lavoro sulla capacità evocativa del simbolo. Il film è stato riproposto alla cittadinanza andriese dall’Associazione Carsica e proiettato tre anni fa alla Sala Roma.
Come si riuniscono i due lavori?
Volevo raccontare la mia città dal doppio punto di vista e rispettare questa che mi appariva come una vera e propria dicotomia formale e contenutistica. Ovviamente per realizzare il documentario, quindi gli studi scientifici sul territorio, non essendo un esperto del settore, mi sono circondato di persone competenti che si occupassero di questi studi. Giovanni Selano e Annamaria Palladino, vicini intellettualmente e artisticamente, formarono il comitato scientifico di cui poi si è occupato Gianni mentre Annamaria ha redatto il testo del documentario. In questo progetto scientifico, lo studio delle fonti iconografiche del Castel del Monte è stato affidato all’architetto Maria Losito e lo studio archeologico a Lucia Ceci, di quello architettonico si sono occupati gli stessi Gianni e Annamaria, il progetto grafico di tutto il progetto invece a cura di Carla Palladino. Un grandissimo lavoro di squadra inconsueto a quei tempi.
Uno studio scientifico che non è servito soltanto al documentario…
Sì, infatti. I traguardi di questi studi, che riguardavano appunto la nostra città, furono esposti durante una conferenza nella sala del consiglio di Andria dunque condivisi con la comunità e pubblicati in un libricino che venne distribuito con la videocassetta del documentario Andria, Città Europea.
Ma il 23 giugno del 1992 alla Sala Astra si premiò anche il vincitore di un concorso di sceneggiatura intitolato “Un racconto per il cinema”.
Pensammo che anche altri avrebbero avuto il desiderio di raccontare storie sul nostro territorio così nel nostro progetto fu inserito anche un concorso di sceneggiatura (di soggetti, per esattezza) che invitava andriesi (ma anche non andriesi) a scrivere una storia che avesse un legame con Castel del Monte. Vinse il lavoro di Giuseppe Pomo. Il soggetto cinematografico vincitore fu letto in pubblico nella Sala Astra dopo la proiezione del film 8 Rigenerazione dall’attore Gianni Forte.
Sono passati ventidue anni e l’Associazione Carsica di Andria ti ha chiesto di tirar fuori e di riproporre alla comunità il tuo documentario. Perché hai accolto la proposta?
Per varie ragioni. Innanzi tutto: perché no? E poi, in ordine sparso: il mio concetto di arte è fortemente connesso con lo studio della bellezza. E la bellezza al cinema è la bellezza delle immagini. Ho tenuto moltissimo affinché tutto quanto fosse fotografato in pellicola. E la bellezza di un film in pellicola cinematografica è garanzia di bellezza. L’altro aspetto che ci tenevo a rinnovare è far ritrovare la comunità a guardare insieme un documentario. Nel ’92 quando Andria Città Europea è uscito, i documentari, pochi, si vedevano solo in TV. Alla proiezione al Cinema Astra c’erano in sala 600 persone che contemporaneamente guardavano insieme delle immagini su Andria, la propria città. Conservo un ricordo preciso di quella proiezione: nel momento in cui sono apparse sullo schermo le immagini del Chiostro di Santa Maria Vetere è partito un ‘Oh!’ collettivo sussurrato e meravigliato perché in sala nessuno si aspettava fosse così bello non avendolo probabilmente mai visto. Almeno, non così.
Ecco, io spero in questa meraviglia ancora oggi e nella riscoperta del piacere dello studio, della serietà dello studio della nostra città. Se le necessità del turismo invitano ad occuparsi di temi meno scientifici prediligendo ad esempio quelli enogastronomici o più ammiccanti, dall’altra parte la necessità di studiare, documentarsi, conoscere la ricchezza della nostra storia è fondamentale e si potrebbe dire che è una vera esperienza etico-estetica che non si esaurisce mai. In Andria Città Europea non c’è neanche un’inquadratura fatta a una mozzarella (e non perché non ci piacesse, tutt’altro) ma abbiamo preferito le cattedrali e i campanili.
Perché è stato importante raccontare la propria città e come città europea ovvero “frutto di continue stratificazioni avvenute nel tempo”?
Noi siamo fatti per raccontarci. Raccontare la propria città è una questione d’identità. Ed ovviamente sono importanti anche i suoi rapporti con le città vicine, come per le persone sono fondamentali le relazioni per definire la propria identità. Niente è separato. Anche nel tempo. Sebbene cambino tante cose, la città, appunto, tanto che ci fu difficile fare delle riprese evitando il traffico cittadino, tuttavia resta immutata questa necessità di scoprire, conoscere, meravigliarsi e raccontare.
Dovremmo essere d’accordo su questo punto.
Totalmente, Riccardo. Grazie. A domenica.
Andria, Città Europea di Riccardo Cannone, prodotto dalla Vertigo Film, 1992, 30’.
Il film verrà proiettato domenica 14 dicembre alle ore 19:30 all’Officina San Domenico. Ingresso libero.
[…] scorso autunno, sarà ospite dell’associazione di promozione sociale Fucina Domestica ad Andria con il suo “Trans Mongolia – storie di viaggio”, sabato 7 febbraio alle 20.30 e domenica 15 […]