
«Questo disco è stato l’urlo di dolore prima di impazzire. Non ha un lieto fine, non c’è redenzione.
Siamo il giorno e la notte, ma è la seconda a farci sempre più paura…»
“Freddo”, il primo album di Dorian Nox, è in uscita il 17 gennaio.
Il tuo nome d’arte è chiaro riferimento al “Ritratto di Dorian Gray” da cui estrai il monologo iniziale dell’Intro: “Perché influenzare un individuo vuol dire trasfondergli la propria anima: egli non pensa pensieri naturalmente suoi”; ma Nox che pensa dell’educazione?
Educare deriva da “educere”, che vuol dire “trarre fuori, condurre all’esterno”. Il mio pensiero sull’educazione è coerente con questo. Credo che oggi invece la credenza comune vada nella direzione opposta. Educare è diventato un modo come un altro per “spingere dentro”, per imbottire di informazioni, per limitarsi ad istruire, per valutare chi impara meglio a memoria la lezione. In tal senso, influenzare un individuo vuol dire trasfondergli la propria anima e non permettergli di far emergere la sua. Spesso ai ragazzi non viene chiesto di pensare pensieri propri, di immaginarsi il futuro, ma solo di rammentare informazioni. Nei Licei troviamo ancora qualche eccezione, le Università invece si limitano ad essere degli esamifici: l’educazione è solo un lontano miraggio.
Educare le emozioni significa farle emergere ed insegnare a levigarle.
Educare il corpo vuol dire dargli possibilità di esprimersi, di portare fuori i propri moti interiori.
Un tempo qualcuno disse che non è ciò che entra nella bocca ad avvelenarci, ma ciò che facciamo uscire.
Il discorso, ripreso dal libro da cui prendo il nome, vuole essere chiaramente una provocazione.
Spesso sono più importanti le domande sorte rispetto alle risposte date.
Quel Buddha alle tue spalle nel video?
Anche il Buddha alle mie spalle vuole essere una provocazione.
È solo uno dei maestri che mi piace leggere, ma questo non fa di me un buddhista. A pensarci bene poi, neanche Buddha era un buddhista. Era solo Buddha. E Gesù era un Cristo, non un cristiano. Nisargadatta veniva considerato un riferimento per l’induismo – e lo è tutt’ora – ma lui voleva solo fare il tabaccaio. Non so se ho reso l’idea.
Imparo da tutti – ho i miei maestri – ma non mi sento parte di nessun filone. Mi piace vivere la spiritualità in maniera intima. Ho sempre avvertito un legame particolare con l’Universo. Oggi finalmente lo vivo molto più intensamente, in maniera più semplice, diretta e senza l’intermediazione religiosa, che pure rispetto.
Ci vuole coraggio? E per cosa?
Il coraggio di cui parlo è quello di adempiere ai sacri doveri nei confronti di sé stessi. Spesso li vediamo come una forma di egoismo e, per paura che gli altri possano giudicarci, preferiamo fingere di essere altruisti. Credo invece che l’altruismo sia un atto di amore puro, che può emergere solo quando prima tale amore ha colmato interamente sé stessi. E solo dopo può esondare liberamente negli altri.
Sind’ bunn’ r’ paraul’ ca tengh’ da doic’: cos’ha da dirci, oggi, Dorian Nox?
La mia fede nella musica. Tutto qui. Esprimermi attraverso la “scrittura nella musica” è un dovere sacro che ho adempiuto verso me stesso. È l’arte che ha cercato un canale attraverso cui emergere ed io mi sono reso, nel mio piccolo e con mille difficoltà, un suo strumento. Per moltissimi anni mi sono nascosto nella mia cameretta, annegando i miei testi nelle mie paure. Oggi so solo che ho qualcosa da condividere con chi ha “orecchie per leggere”, il resto mi importa meno.
Per “Nox” è sempre notte?
Nox sarà per sempre. La notte non è necessariamente un momento triste. Io sono nato all’una di notte e moltissimi dei miei testi sono nati anche più tardi. È il mio momento preferito della giornata e, nel mio piccolo, ho deciso di rappresentarla.
Sarà perché è l’unico momento in cui posso guardare le stelle.
In “FREDDO” sicuramente c’è una notte diversa, quella del lungo inverno che ho vissuto in questi anni, prima di raggiungere una serenità nuova. Sono stati anni difficili, sicuramente i più duri della mia vita, perché improvvisamente ho sentito le emozioni, i pensieri, i movimenti completamente congelati. Sentivo che un amore finito mi aveva completamente ibernato e mi aveva reso capace solo di raccontare tale sensazione. Forse gli ero utile per questo.
Questo disco è stato l’urlo di dolore prima di impazzire.
Non ha un lieto fine, non c’è redenzione. È sfogo puro. È la mia storia, ma è anche la storia di chi decide di scavarsi a fondo e di non aver paura di far emergere fantasmi più grandi di sé.
Siamo il giorno e la notte, ma è la seconda a farci sempre più paura…