La pittura che libera le immagini

Quando dipingo voglio imprimere il movimento, non so altro” mi dice Domenico Scarongella, pittore tra i più originali di una Scuola pugliese che, se esiste, declina la sua esistenza in uno spazio storico e sociale quasi sottratto alle vicende contemporanee, marginale e che però si sviluppa scontrosamente a contatto con esse in una dimensione memoriale oppure fortemente simbolica.

E così è poco utile cercare un colore regionale nei dipinti del pugliese Domenico Scarongella: nel suo lavoro non c’è pugliesismo, perché non c’è realismo. I suoi ulivi non si stagliano nella cornice di un mito o di un rito. Piuttosto sono vivi nella dimensione del déjà-vù e del ricordo da cui provengono e da cui traggono la loro sostanza, e nella trama di linee e di colori che tenta di radicarli, almeno per un momento. Una vita visibile nel raffinato illustrare, e nell’invenzione del dipingere. Nelle figure antropomorfiche come nelle nature morte e nei pezzi di corteccia e di fusto tratti da una flora ancestrale e postmoderna. Il ricordo infatti non ha confini temporali, e non li ha l’esperienza delle cose che si dilata nello spazio interiore e che confonde e mescola i piani del tempo.

La pittura scabra di Scarongella non rappresenta. Può apparire a volte dura come un’opera di bulino e non di pennello, e a volte invece sembra assecondare il disegno di strutture e tonalità bizantine e classicheggianti: sempre preferendo che lo sguardo, la mano e il gesto che li unisce si lascino guidare dalla ricerca di una via d’uscita per l’immagine che sta lì, dentro e non fuori, e che attende di essere liberata.

L’immagine è interiore e il suo creatore se ne libera come se la impastasse assieme agli altri elementi, cose, del ricordo e della visione. Anche la luce, vivida e calda, viene dalla interiorità, sembra farsi strada dal buio.

Forse la comprensione possibile di questo processo di artista -perché il dipinto, l’immagine realizzata, non è che l’emersione momentanea della vita interiore, delle sue composizioni, scomposizioni e ricomposizioni- è nelle parole con cui Jon Fosse dà voce al linguaggio interiore del personaggio Asle:“…ma quando dipingo è come se cercassi sempre di ritrarre le immagini che sono impresse dentro di me per farle sparire, si (…) in un certo senso di liberarmi di esse, di chiudere con esse una volta per tutte, ho pensato che è per questo che sono diventato pittore, perché ho tutte queste immagini dentro di me, si, così tante da diventare un supplizio, si, mi tormentano con il loro continuo riemergere, si, quasi alla stregua di visioni e in ogni genere di contesto e io non posso farci niente, l’unica cosa che posso fare è dipingere, si, cercare di dipingere le immagini che ho dentro per farle sparire, nient’altro, una dopo l’altra, ma mai dipingendo esattamente quello che ho visto e che mi è rimasto impresso, no (…) devo ritrarre l’immagine che è dentro di me e che cerco di eliminare dipingendola, no, devo ritrarre l’immagine in modo tale che si dissolva e sparisca, come se diventasse una parte invisibile e dimenticata di me stesso, della mia stessa immagine interiore, dell’immagine che sono e che ho, perché di una cosa sono certo, ho soltanto un’immagine, un’unica immagine, e tutte le altre, anche quelle che vedo, quelle che mi rimangono impresse e non riesco a dimenticare, hanno in sé un qualcosa che evoca quell’unica immagine presente in me e questo qualcosa non lo si può vedere da fuori, ma è presente in ciò che vedo, si fissa dentro di me, esiste ed è paragonabile a ciò che sto vedendo adesso”. 


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Claudio Rocco. Giornalista e docente. È stato corrispondente e inviato de “Il Messaggero” di Roma; caporedattore della “Gazzetta di Pesaro”; ha collaborato a numerosi quotidiani nazionali e regionali tra cui “La Gazzetta del Mezzogiorno” e il “Nuovo quotidiano di Puglia”; ha diretto il Periodico nazionale “Salute e prevenzione” dei Tecnici della Prevenzione d’Italia; collabora al sito nazionale dell’“Avanti! online”. Ha fondato e diretto “Controradio” di Urbino, e il periodico locale “Il Corriere di Corato”. È stato co-fondatore del Gruppo Archeologico Napoletano-GAN, e consulente per la cultura e l’informazione della Regione Marche. Ha collaborato con le Università di Leuven/Lovanio, Urbino e Bari. Ha all’attivo numerose partecipazioni, in veste di relatore, a congressi di studi storici e letterari. È autore di studi di storia moderna e contemporanea.