Il Disturbo Bipolare è un disturbo dell’umore complesso, difficile da riconoscere che alterna fasi ipomaniacali e maniacali. Non riconoscerlo e diagnosticarlo correttamente può causare gravi conseguenze, alcune: relazioni affettive compromesse, comportamenti compulsivi, perdita di equilibrio ed emotività. La psichiatria lo ritiene, in taluni casi, altamente invalidante.
A Bari ho avuto il piacere di incontrare e salutare un amico autore e attore di teatro che vive e lavora oramai da tanto tempo in una città del Nord Italia. Per motivi che potete ben immaginare preferisce dichiarare solo il suo nome: Stefano. In un piccolo bar a pochi passi dalla stazione ferroviaria è avvenuta questa conversazione.
Ciao, Stefano. Come stai? Hai deciso di parlare con me di un periodo doloroso della tua vita per un motivo particolare?
Ciao, Damiano, sto bene grazie. Ho deciso di approfittare di questa breve vacanza nella città in cui sono nato e ho vissuto per molti anni, per riappacificarmi con alcune persone e alcuni luoghi di cui non riconoscevo la bellezza e la necessità. Sono andato via più di 10 anni fa con una valigia piena di confusione e dolore, di pezzi di vita che difficilmente avrebbero potuto ricombaciare con altri per ricostruire qualcosa. Nel 2007 circa sono stato male, molto male: dormivo poco, lavoravo molto e non sentivo la dovuta stanchezza. Con il senno di poi realizzo che i primi sintomi li ho percepiti durante l’università, sono laureato in giurisprudenza, perché potevo preparare più di un esame per volta senza accusare affaticamento anzi pregustando l’euforia del successivo. Poi improvvisamente dopo un tempo non precisato, spietato, arrivava qualche attacco di ansia quasi di panico e un dolore assurdo all’anima da spaccarmela in due: ne sono sempre uscito incolume per miracolo senza farmaci, non chiedermi come. Nessuno si è mai accorto di nulla, nessuno. Ora so più cose e ho la maturità necessaria per accettare il bene e il male che è caduto su di me come un macigno.
In quel periodo avevi qualcuno accanto?
La mia ex moglie. Ero sposato, ci amavamo e dividevamo ogni cosa persino i sogni, anche lei insegnante in una scuola privata come me per pochi soldi al mese e con il pallino della recitazione: tre volte a settimana frequentavamo una compagnia teatrale. Si viveva con poco eppure eravamo felici. Lei artatamente, senza spiegazioni cominciò ad essere fredda nei miei confronti, distante ed io stupido cercavo spiegazioni: lei mi rispondeva che non era nulla solo un brutto periodo, io uscivo ogni mattina a comprarle la sua brioche alla nutella preferita per colazione pur di dimostrarle vicinanza. Lì ho cominciato a vacillare, passava molto tempo a rispondere ai messaggi su uno di quei primi cellulari, non aveva più voglia di fare l’amore. Una sera sono tornato a casa e ho trovato la classica lettera di addio in cui mi spiegava che partiva con un uomo più grande di lei conosciuto a scuola per una vacanza e che non mi amava più.
Ecco, lì, sono crollato perché per pagare l’affitto della casa in cui vivevamo oltre che ad insegnare davo ripetizioni e talvolta la sera mi lacrimavano gli occhi per la stanchezza. A lei permettevo di andare in palestra ed uscire con le amiche, le infilavo di nascosto i soldi nelle tasche dei giubbotti che indossava per non farle mancare nulla. Che pena mi faccio ora se ci ripenso. E puoi immaginare cosa mi sia accaduto: ho pianto e gridato disperazione sono finito in cura da uno psichiatra. una cosa mi consola, non ho mai smesso di pregare il buon Dio. La diagnosi è stata quella di Disturbo Bipolare e ho cominciato la solita terapia a base di Litio e Quetiapina che mi ha aiutato a rialzarmi e ricominciare a vivere. Mi sono curato, ma ho perso, lentamente, discretamente, quei pochi amici cui mi ero confidato. Persino i miei genitori mi hanno amorevolmente allontanato per timore che spaventassi i nipotini, figli di mio fratello. Ero al buio ma con una strada di mattoni gialli che sapevo mi avrebbe condotto dal mio mago di Oz nella città di Smeraldo. Mi sentivo vuoto e leggero come il Leone del Mago di Oz che sa di essere forte, ma di avere bisogno di trovare più coraggio. Leggevo di altri casi simili al mio, mi documentavo.
L’hai trovata quella ragione?
Il teatro mi ha salvato la vita, ho scritto e recitato per le compagnie più disparate: tornavo a casa dal lavoro e pur di non pensare al vuoto che mi aveva inghiottito, correvo su di un palco, mi buttavo in ogni angolo di casa mia con della musica nelle orecchie a scrivere. Ho vinto diversi premi di scrittura. Sono rinato.
Perché mi stai raccontando tutto questo?
Perché ho visto altri bipolari come me pisciarsi addosso e spaccare la testa contro le pareti bianche di un ambulatorio solo perché rifiutavano i medicinali e non avevano la forza di curarsi e non avevano nessuno accanto. Ho visto gli uomini di medicina e altri ridere davanti a quella carne sanguinante e a quelle anime affogate nella disperazione. Ho visto cinghie e corde improvvisate cercare di fermare le braccia e le gambe. Ho visto cose che mi hanno spaventato perché nella esagerazione non esiste dignità e comprensione.
Perché chi ne soffre deve imparare l’amore e la forza, deve amarsi disperatamente. Un giorno prima o poi il Grande Mago di Oz potrà decidere di aprire le porte del suo castello ma regalerà solo qualcosa che in realtà già si possiede: tuttavia è il senso profondo del regalo, del dono a salvare una vita. Chi soffre di certi disturbi come me deve amare ciò che sarà ogni giorno. E ricordare che i pazzi non esistono: quelli che distruggono, saccheggiano il mondo e violentano con le parole e i gesti, uccidono, si chiamano imbecilli.
Puoi pubblicarla, amico mio, questa intervista o confessione?
Ci provo, amico mio