«Il bene è infinito, non misurabile. Chi compie un’azione buona non diminuisce nemmeno di un milligrammo la sua capacità di compiere buone azioni»

(F. Gianfranceschi, Aforismi del dissenso)

Si chiama Ada, donna salentina, aspetto fiero, corpulenta al punto giusto, non troppo alta eppure non certo minuta, esperta di piante e coltivazioni, carnagione scura della sua terra, occhi neri, capelli corti e castani.

Esce ogni mattina non più tardi delle 07:30 con il suo pareo azzurro, il cappello di paglia chiara, una piccola sedia sdraio e raggiunge la spiaggia. Normalmente intorno alle 10:00 la si incontra in pineta, sulla via del ritorno.

Se la si guarda attentamente non ha mai neppure i piedi sporchi di sabbia: non si capisce bene come faccia, sembra essere sempre fresca di doccia.

Di lei so che ha lavorato molto: emigrata in Svizzera è rientrata in Italia all’età di 35 anni, quando ha dovuto cambiare tutte le sue abitudini. Qui non si può andare in giro con due bambini e senza marito, pensando di portare una gonna troppo corta: passi per chi non sei, devi rifarti il guardaroba.

L’aneddoto vi avrà svelato una cosa di lei, immagino: oggi è il suo compleanno, compie ottant’anni.

È una nonna che non ha l’aspetto della nonna. Suo figlio, fattosi adulto, ha incontrato una ragazza che poi è diventata la mamma del nipote di Ada, Maicol. Sì, scritto così, Maicol.

Io non so bene quali siano state le sorti del figlio di Ada, papà di quel bambino; so però che la sua donna è finita in una clinica forse psichiatrica ed il bambino reso disponibile per l’adozione.

Ecco che Ada, insieme a suo marito Francesco (unmetroequarantanondipiù di fabbro e coltivatore diretto) hanno spostato mari e monti per adottare Maicol. Ci sono riusciti, lo hanno cresciuto come fosse loro, ma mai sostituendosi ai suoi genitori: loro, per lui, sono nonno e nonna. Punto.

Lo conosco dacché aveva non più di cinque anni, oggi ne ha diciotto, ma la tempra di Ada e Francesco mi ha confusa: loro sembrano ibernati e il tempo non sembra averli cambiati di una virgola, mentre Maicol è diventato alto, è un bravo ragazzo, suona la tromba e lavora nella biblioteca del paese.

Questo avrebbe dovuto farmi rendere conto che il tempo è trascorso e, invece, quando mi è stato detto che oggi Ada avrebbe compiuto ottant’anni io sono trasalita. Letteralmente. Davvero sembra averne sessanta (no, anche meno) e non ha più nemmeno i segni del terribile ictus che l’ha colpita due anni fa.

Le ho portato un piccolo regalo stamattina: già, non vi ho detto che è la mia vicina di casa in vacanza, la stessa casa di cui suo marito si prende cura in inverno. Loro vivono qui vicino, quindi quando passano a controllare il loro alloggio estivo, aprono anche il mio perché prenda aria e si accertano che non ci sia nulla di rotto a causa del non utilizzo invernale. Non ho mai chiesto loro di farlo, solo lascio da sempre a loro le chiavi  – ‘ché non si sa mai.

Quando l’ho chiamata perché mi raggiungesse sul balcone e le ho fatto gli auguri era al telefono, ha fatto su e giù sulle ginocchia agitando il braccio e si è messa a piangere dandomi un fortissimo abbraccio anti Covid.

L’ho stretta, le ho chiesto con il labiale di non interrompere la sua telefonata e sono uscita con mia cognata ed i nostri cani.

Ho incrociato Ada in pineta, scendeva in spiaggia con la sua amica.

– Oggi avete deciso di farmi commuovere, ha detto.

– Eh no Ada, ho risposto, tu sei solo in debito con me. Sto ancora aspettando di sapere dove devo firmare per raggiungere il tuo traguardo essendo come sei tu.

Mentre la sua amica ha incalzato dicendo che siamo sulla buona strada (io e mia cognata), sembriamo due ragazzine, Ada si è messa a ridere, ha guardato il cielo ed alzando il dito ha detto:

– Da nessuna parte si firma, è tutta opera Sua.

Allorché ho ignorato il nemmeno tanto velato complimento dell’altra signora (non perché non fosse degno di attenzione, ma perché, senza dire inutili baggianate, sono ben conscia di non dimostrare ancora gli anni che l’anagrafe mi attribuisce e non era a quello che facevo riferimento) ed ho risposto ad Ada:

– Opera Sua? Mah… io direi di più opera delle opere che poi ritornano.

E nel mentre pensavo al peso di quanto detto, poiché chi mi accompagnava ha certamente fatto un’immensa opera di bene, ma continua a pagare prezzi altissimi imposti da quella stessa opera, chiedendomi ogni giorno perché? Myriam, perché?, Ada ha capito, ha chinato il capo, si è commossa di nuovo ed a quel punto, sistemando il suo pareo azzurro ed il suo cappello di paglia chiara, ha alzato la mano in segno di saluto e nell’atto di proseguire il suo cammino, non ha fiatato.

Mi ha salutata ulteriormente con un cenno della testa, tipico della dignità di chi non spreca parole e sa di aver fatto del bene, chissà a quale costo. Ha sorriso ed è andata via… so che tornerà, probabilmente con una favolosa teglia di calzone di cipolla, perché lei no, i dolci non li sa preparare.

Sarà che la vita dolce non dev’essere stata, così lei deve aver imparato a rendere prelibato anche tutto ciò che da troppo salato, trasforma in saporito.

Lievito e sale.

Crescita e sapore.


Articolo precedente“Senza Corona” (Quarantena Version), la nuova canzone di Vito Colasuonno
Articolo successivoI POVERI IERI E DI OGGI, MA SI SPERA NON PER SEMPRE
Sono una frase, un verso, più raramente una cifra, che letta al contrario mantiene inalterato il suo significato. Un palindromo. Un’acca, quella che fondamentalmente è muta, si fa i fatti suoi, ma ha questa strana caratteristica di cambiare il suono alle parole; il fatto che ci sia o meno, a volte fa la differenza e quindi bisogna imparare ad usarla. Mi presento: Myriam Acca Massarelli, laureata in scienze religiose, insegnante di religione cattolica, pugliese trapiantata da pochissimo nel più profondo nord, quello da cui anche Aosta è distante, ma verso sud. In cammino, alla ricerca, non sempre serenamente, più spesso ardentemente. Assetata, ogni tanto in sosta, osservatrice deformata, incapace di dare nulla per scontato, intollerante alle regole, da sempre esausta delle formule. Non possiedo verità, non dico bugie ed ho un’idea di fondo: nonostante tutto, sempre, può valerne la pena. Ed in quel percorso, in cui il viaggio vale un milione di volte più della meta ed in cui il traguardo non è mai un luogo, talvolta, ho imparato, conviene fidarsi ed affidarsi.