C’era una volta il bel segno di pace…
scattava spontaneo ad un cenno del prete,
più di parole e concetti loquace.
Vedevi all’istante formarsi una rete
di mani e di braccia all’altro protese,
diverse esperienze… ormai già desuete:
trovavi la mano un po’ timida al tatto,
quella robusta, callosa, forzuta,
quella al contatto ritrarsi di scatto;
quella sudata, un po’ fredda, sparuta,
quella di anelli fatta vetrina,
quella del bimbo, felice e minuta.
Di strette di mano ne avevi a decina.
Ma or, son tre anni che questo è cambiato,
che l’uno all’altro ossequioso s’inchina
quasi si fosse in nipponico stato…
Fa niente che il virus non fa più notizia:
la stretta di mano è un ricordo passato.
Smettiamo le vesti di tale pigrizia!
Torniamo a far nostra l’usanza ch’è ita!
A Quel che seguiamo faremo giustizia:
a Lui, che a Tommaso, prese le dita,
poste se l’è nel fianco trafitto…
a Chi, per ridare a due occhi la vita
per terra sputò deciso e diritto,
del fango vi fece e lo mise sugli occhi,
com’avesse l’igiene a gran dispitto!
C’insegna che l’uomo ha bisogno di tocchi,
che esiste un contagio che non fa clamore
non passa attraverso le pulci e i pidocchi…
terribile morbo: “Sclerosi del cuore”!
Che non ci succeda che per troppa igiene
in quarantena rimanga l’amore:
ritorni a diffondersi il gesto del bene.