Avevo lasciato la città senza sapere dove stavo andando, esattamente come chiunque lasci la strada vecchia per la nuova, sapendo ciò che lascia e non sapendo ciò che trova.
E avevo trovato la Natura, imparando così a stare con lei. C’erano i prati e i boschi, potevo parlare con gli alberi e ricevere risposte gentili. A volte camminavo senza pensieri, per medicare le ferite e nell’anima mi facevo accompagnare dagli altri, per curare anche loro. La Natura rapisce.
Il verde guariva e la montagna scandiva, senza che io dovessi fare altro.
Madre natura e gli uccellini abbracciavano e custodivano.
Lì dov’ero non serviva correre o scappare, perché (non lo sapevo) da lì non avrei mai più potuto andare via: potevo essere ciò che ogni uomo dovrebbe poter essere… una sorta di medico dell’anima, guaritore dello spirito.
Lì la musica era vento, acqua e ghiaccio. Non era il blu a risanare, ma il verde a cucire ogni abito e allora potevo vestirmi di silenzio e leggerezza. Potevo ascoltare. Potevo sentire. E ascoltavo, e sentivo.
In quel posto avevo imparato a custodire la terra, ad essere terra e in lei a vedere ciascuno degli altri.
Grazie, Val d’Ossola.
Grazie, Mistero.
Grazie, Mani, Voci, Occhi ed Anime che ho incontrato.
Grazie per l’Amore.
Grazie per la lezione.
Grazie per avermi voluta.
Grazie per avermi tenuta.
Grazie, Domodossola, che sei domus.
Che il Sole ti illumini più spesso.
Che l’Acqua ti bagni e ti dia vita.
Che il Ghiaccio non sia mai spavento.
Che la Terra resti Verde e la Luna continui a tagliare il cielo notturno.
Che i suoni divini di quei luoghi restino ascoltati.
Che io sia capace di portarti al mondo, che io possa testimoniare finché avrò vita che l’Ossola ha in sé il miracolo dell’accoglienza a partire dal suolo e che io, ovunque la vita mi porterà, avrò in me l’Acca ossolana che mi ha resa migliore e più completa.
Grazie, casa.
L’ho detto già una volta e lo ripeto: un giorno, Domo, avrà il mare.