
QUANDO IL CANE DIVENTA UN IMPICCIO
Paolo, novantacinque anni vive in una villetta con la figlia e il genero, raccoglitore di reperti archeologici. Non appena albeggia, Fido, il suo cane, batte, inerpicandosi con le zampe, contro la porta, la gratta, uggiola, guaisce, abbaia sonoramente, ringhia, mentre la coda freneticamente scodinzolando, solleva un polverone.
L’arzillo vecchietto, occhi già spalancati, si getta dal letto, col cuore in gola, nonostante la virulenza di artrosi e reumatismi. Il cane, un tripudio di moine, irrompendo, raggiunge la testa scheletrica dell’uomo accartocciato. Finendo ambedue sulla poltrona a dondolo, si guardano profondamente negli occhi, e le due anime, umana e canina, si fondono.
Era un cucciolo, un batuffolo bianco con le orecchie nocciola. Stremato. Terrorizzato. Insanguinato. Zappettava, il solerte contadino, cantando la canzone di Mario Merola “lo Zappatore” che non si scorda mai della mamma, quando alle orecchie sordastre arrivano flebili guaiti. All’occorrenza l’udito gli ridiventa integro.
Di corsa, dirigendosi nella direzione del lamento, si imbatte in un cumulo di immondizia, calcinacci e pezzi del micidiale amianto, sul quale troneggia scompostamente un guaito inesauribile. Le sue ruvide mani, pietose, raccattano con dolcezza quel grumo di sangue. Zappa in spalla e trovatello in braccio, raggiunge la sua rustica abitazione, lo medica e rifocilla. La forza dell’amore in pochi giorni fa miracoli, e il piccolo riprende a trotterellare. Da allora, uomo ed animale vivono l’un per l’altro. Indissolubilmente.
Nella nostra società i vecchi sono un peso. Dario Fo con la satira li getta dall’ultimo piano. Ora li si abbandona in casa in compagnia della solitudine o li si deposita nelle RSA. Dopo una vita di affetti e fatiche. Per l’eredità, invece, scatta l’arrembaggio, con i pugnali tra i denti, se non ci si è già scannati tra fratelli e sorelle.
Paolo lo avverte dagli sguardi e dai gesti. Soffre per i commenti relativi alla fatica di badare al cane, alimentarlo, accudirlo e portarlo in giro per fargli sgranchire le zampe. Più volte di giorno e di notte vorrebbe eclissarsi fin dove le sue malferme gambe e le quattro zampe sono capaci di condurli. Vorrebbe far suo il costume degli esquimesi, che quando si sentono un peso per la famiglia, abbandonano l’igloo e vanno incontro al destino che li aspetta.
Il tempo non promette bene oggi. Paolo ha appena finito di far colazione. Schizzi di latte macchiano la sua camicia, e sua figlia, notandole, abbozza una smorfia. Il diapason dà il via. Parte istantanea e tutto d’un fiato una doccia fredda: “Papà, dobbiamo disfarci del cane, è diventato un peso. È anche invecchiato. Delicatezza di figliuola! Trionfa, l’usa e getta di… persone, animali e cose.
Un rigurgito, riporta la poltiglia alimentare nella bocca sdentata del vecchio. La ributta giù nello stomaco. A fatica. Risale ancora. Il pomo di Adamo, avanti e dietro. Il cane osserva, scruta nell’animo del suo padrone, e sconsolatamente abbaia. Ringhierà più tardi, quando sopraggiunge un vicino che lo trascina a forza con il guinzaglio, ed opporrà strenua resistenza.
Gli occhi del vegliardo si arrossano, lacrime amare finiscono sulla camicia punteggiata di caffellatte. Nelle prossime notti si prospettano incubi, durante il giorno si affaccerà lo sdegno e la voglia di farla finita con un mondo gravido di ipocrisia, egoismo e cattiveria. Neppure gli ettolitri di olio extravergine della sua campagna riescono a lubrificare gli ingranaggi ingrippati dei rapporti umani.
Fra non molto, chiudendo definitivamente le palpebre, Paolo pensando solo al suo amico a quattro zampe, dormirà, dormirà tranquillo nel piccolo cimitero di pianura. Un giorno, insieme si troveranno in un mondo, migliore per esseri umani e cani, dove l’amore non si vende e non si compra. Si pratica, come avviene in molte nicchie personali e sociali già sulla Terra.
L’articolo è veramente stupendo. Trabocca di umanità mentre ci invita a riflettere sulla perdita di senso a cui ci ha portato questa arida società del consumo che cancella i sentimenti e le relazioni umane guardando esclusivamente al denaro e al profitto. Grazie per il dono.
Antonio Grieco
Un pezzo degno di Gianni Rodari. La descrizione amara della realtà dell’usa e getta cui va incontro il genere umano. Bravo Domenico!