Riponi ogni speranza in una donna,

le affidi a piene mani il tuo riuscire,

t’appoggi a guisa d’arco su colonna…

 

eppure, in fondo al cor, par di sentire

mancanza di qualcosa indefinita

difficile a spiegar col solo dire.

 

Rincorri quel mestier tutta una vita:

raggiuntolo, t’accorgi, disilluso,

che ancora non hai vinto la partita…

 

e come quando in sogno hai arso il muso:

t’abbeveri con foga alla bottiglia

eppur di tanto ber non sei mai uso,

 

tale è la sete che ancora il core piglia

quando tagliato il traguardo ‘sì agognato,

realizzi che hai da far cent’altre miglia!

 

Non darti pena: è solo il risultato

d’aver scambiato Dio con la creatura,

ma solo Uno, placar può il tuo palato.

 

Continua, dunque, e non aver paura

di darti tutto a quella donna e a quel lavoro,

seppur lo darti a volte è alquanto dura;

 

ma fatto fosti, sappi, tu, per l’Oro

e loro, sono argento in questa vita…

il capo cinto infine avrai d’alloro

 

se questo impresso avrai sulle tue dita.

Ascolta “Beata inquietude” interpretata dall’autore Giuseppe Porro

 


FontePhoto by frank mckenna on Unsplash
Articolo precedenteLuce della notte
Articolo successivoRinsavita, o imperitura pazzia?
Giuseppe Porro nasce ad Andria nel 1985, vive in Seminario gli anni della sua fanciullezza e adolescenza. Frequenta il Liceo Classico “Carlo Troya” e si laurea in Lettere presso l’Università di Bari. Dal 2015 vive a Martina Franca con sua moglie e le sue figlie. Da sempre amante della poesia, l’endecasillabo lo diverte particolarmente: Per gioco cominciai al cento die convivio, i pari miei per allietare, vincendo primordiali retrosie dinnanzi ai prof non temmi di parlare: usai da dilettante il bello metro, per dare ai brindisi una veste un po’ più ilare. Ridea di gusto, vetusta, la Di Pietro, la Tarantini, ch’avvampa di vermiglio e la teatrale musa Notarpietro. Da allora quando carta e penna piglio, se voglio raccontare di qualcosa, m’imbarco in ‘sì nobile naviglio che può suonar più dolce della prosa.