Anna Maria Marchini, Dalla femme savante alla madre di famiglia. La donna nell’Illuminismo francese, (Roma, Aracne Editrice 2020)
Da più parti si invoca di dare il giusto riconoscimento al ruolo delle donne in ogni ambito dalle istituzioni politiche e culturali a quelle religiose; ma per raggiungere tale scopo si sta sempre più rilevando decisivo il sorgere di centri e gruppi di ricerca come ad esempio la Società Italiana per le Donne in Filosofia (SWIP), costituitasi poco tempo fa con relativo statuto e con l’obiettivo di avviare una sistematica ricognizione sull’apporto dato al pensiero in generale da figure femminili; ma tali studi non si limitano a far conoscere meglio quelle poche figure più note e quelle soprattutto molto meno note, ma cercano nel loro insieme di offrire degli strumenti critici più in grado di fare emergere la specificità dei percorsi al femminile insieme alle diverse cause storico-sociali che hanno determinato nei secoli pregiudizi e discriminazioni nei confronti delle donne. Viene ad inserirsi in tale clima e ad arricchire in tal senso la più recente letteratura sull’immagine della donna nei secoli un lavoro organico sul ‘700 francese di Anna Maria Marchini, Dalla femme savante alla madre di famiglia. La donna nell’Illuminismo francese, (Roma, Aracne Editrice 2020).
Tale lavoro si rivela estremamente utile, non solo per la mole di riferimenti ad opere e a figure di questo ricco e a volte contraddittorio momento del pensiero europeo di cui siamo eredi, ma soprattutto per la chiave di lettura che ne offre nel far vedere le varie dinamiche e poste in gioco ideologiche e concettuali dei non omogenei dibattiti intorno al femminile e le diverse posture derivate; del resto il ‘700 illuminista è considerato comunemente non a caso ‘il secolo della donna’ se non altro perché molti dei maggiori e più famosi protagonisti dei dibattiti filosofico-scientifici dagli Enciclopedisti come D’Alembert e Voltaire a figure meno note come Maupertuis, La Mettrie e D’Holbach, ma non meno importanti, da Rousseau allo stesso Kant vi dedicarono molto spazio nei loro scritti. Questo articolato studio di Anna Maria Marchini si segnala non solo perché passa in rassegna le modalità con cui tale non secondario tema è stato declinato da queste figure, ma perché offre uno sguardo di insieme nel collegare le diverse immagini del femminile emerse a partire dai discorsi dei cosiddetti philosophes e poi in certi cambiamenti di rotta nella stessa morale cattolica e nel diritto in base agli sviluppi del sapere scientifico biomedico grazie al ruolo assunto dallo studio dall’anatomia dei corpi maschili e femminili e con la nascita dell’ostetricia, ‘nuova branca della medicina’ con la relativa figura sociale della levatrice; nello stesso tempo si rivela un non comune approccio per capire la nascita dei vari periodici ‘indirizzati al pubblico femminile’ e soprattutto l’affermarsi della variegata produzione letteraria dove venne a svilupparsi il romanzo come ‘genere femminile’ o quello che viene chiamato molto opportunamente ‘il destino femminile nel romanzo’. In tal modo acquistano un diverso significato letterario e sociale figure femminili più note, che hanno arricchito il nostro immaginario collettivo con i relativi pregiudizi, come Julie in La Nouvelle Eloïse e Emile e Sophie descritte da Rousseau, come Justine nei romanzi del Marchese De Sade e Suzanne in La Religieuse di Diderot, come quella meno nota di Ernestine descritta tra l’altro da una scrittrice come M.me Riccoboni nel 1756 in L’histoire d’Ernestine.
Ma il fatto non secondario da tenere presente per capire l’interesse da parte dei philosophes illuministi e le successive trasformazioni del dibattito, come lo stesso significativo titolo suggerisce e cioè il passaggio dalla femme savante all’idea di ‘madre di famiglia’ che successivamente prese piede, è il ruolo pioneristico ed elitario avuto tra il ‘600 ed il ‘700 da alcune donne come Mademoiselle de l’Espinasse, Madame Dacier e Madame du Châtelet che si sono confrontate, alla pari delle figure maschili, coi nuovi risultati ottenuti nell’ambito della biologia, della medicina e della fisica ed hanno in tal modo posto all’attenzione generale il problema dell’educazione della donna, l’immagine del femminile e le sue particolarità. Per capire tale fenomeno di femmes savantes ben evidenziato da Anna Maria Marchini ed in genere poco analizzato, ci possono essere d’aiuto le pioneristiche ricerche condotte negli anni ’20-‘30 da Hélène Metzger (Hélène Metzger: la complessità come rimedio razionale, in Odysseo 20 agosto 2020); tale figura non comune di storica della scienza ha studiato la genesi delle idee chimiche e, studiando negli archivi dei palazzi nobiliari di Parigi, trovò dei laboratori di alchimia dove si dilettavano in particolar modo le figure femminili. In tal modo è stato evidenziato il ruolo sociale delle donne che, pur da ‘dilettanti’ e definite non in senso negativo des amateursper tutta una serie di esperimenti fatti, hanno dato il loro contributo alla stessa prima rivoluzione scientifica e gettato le basi della chimica su cui poi si sono inserite le ricerche di Lavoisier proprio per falsificare tali teorie a cui per secoli si era dato credito.
Il percorso che Anna Maria Marchini ci offre, pertanto, gli strumenti per arrivare a vedere come questo dibattito che, pur iniziato dai philosophes e caratterizzato da un tentativo di emancipazione anche grazie alla metabolizzazione delle ricerche scientifiche in corso che davano dei risultati in grado di liberarsi dalle visioni misteriose sul corpo femminile, poi nello stesso ‘700 sia arrivato progressivamente ad affermarsi il ‘modello familiare borgese’ con il connesso processo di ‘privatizzazione della vita familiare’, con la conseguente scissione tra vita professionale e vita familiare, con il decollo definitivo dell’economia di tipo commerciale e la ‘centralizzazione della sfera del potere pubblico’. All’interno di tale complesso processo prende piede la “legittimazione del ruolo domestico ‘interno’ della donna” con l’occuparsi esclusivamente delle cose domestiche e della crescita dei figli; tale modello viene ritenuto organizzato concettualmente nella filosofia di Rousseau che diventa così lo strumento concettuale ed ideologico per far passare questa ‘modificazione dei modi di considerazione morale della donna’ fenomeno che si impone insieme con la ‘rilevanza che la Chiesa attribuisce al vincolo matrimoniale’. Infatti al matrimonio viene a darsi ‘un significato e un’importanza religiosa e sociale specifici’ e tale “centralizzazione morale del femminile” viene “giocata all’interno dell’elemento ‘positivo’ della funzione materna e coniugale” con il rinnovare così la stessa morale religiosa che si libera dalle catene medievali incentrate sulla colpevolizzazione del corpo.
Così gli stessi philosophes diedero vita a dei dibattiti sull’autonomia dello spazio materno e domestico, dibattiti che portarono alla “fioritura delle filosofie del pudore femminile, come forma naturale di autogestione della moralità”; Anna Maria Marchini passa in rassegna testi e scritti di moralisti cattolici come quelli del priore Antoine Blanchard che nel difendere il ruolo della donna nella famiglia, ne rivendica il diritto a non essere più succube del marito col rivendicare una specifica autonomia morale. Ma sono sempre i philosophes come Montesquieu, Helvétius, Laclos, Diderot che nelle diverse voci dell’Encyclopédie come ‘Femme’, ‘Morale’ parlavano del particolare pudore femminile come ‘esercizio quotidiano di virtù’; a questo riguardo risulta essenziale la lettura che viene fatta del testo di Diderot Sur les femmes e di altri simili come quello di De Laclos per l’importanza assegnata al ruolo della madre nell’educare le giovani figlie ad atteggiamenti virtuosi, come del resto veniva indicato anche nell’Emile di Rousseau. Ma un altro aspetto non secondario che emerge da questo lavoro è quello relativo al fatto che tutti questi dibattiti acquistano maggior significato nell’essere confrontati con il ‘nuovo femminile’ che emerge nell’ambito della biologia e dell’anatomia; poi non bisogna dimenticarsi che nel ‘700 francese vennero al costituirsi veri e propri filoni di pensiero confluiti nelle cosiddette philosophie biologique, philosohie médicale, philosophie zoologique, philosophie sociale, philosophie chimique che hanno allargato lo spettro delle posizioni in campo con arricchirle di nuovi contenuti da quelli filosofici a quelli etico-politici e religiosi.
Per Anna Maria Marchini sono ancora una volta i philosophes, come soprattutto Maupertuis con la sua Vénus physique del 1745, che ‘si impadroniscono delle nuove teorizzazioni sulla generazione’ e di altri importanti acquisizioni scientifiche sino a procurare delle ‘trasformazioni in immagini ideologiche e filosofiche’ del femminile, molte delle quali hanno influenzato i dibattiti dell’epoca e quelli successivi sino a noi; e ripercorrerli criticamente è il non secondario pregio di questo lavoro che dovrebbe far parte del bagaglio culturale di ognuno di noi non tanto per conoscere meglio un capitolo del pensiero umano, quello dell’Illuminismo che ha avuto il merito di mettere sul tappeto la questione del femminile come di altre problematiche di tipo sociale, ma anche per prendere coscienza della sua cogenza culturale in quanto è su questo piano che si gioca oggi più che mai il destino del genere umano. Sarebbe auspicabile una edizione inglese per far conoscere al pubblico internazionale tale lunga e sofferta storia dell’emancipazione della donna.