«Sacro è se qualcuno decide di trovarci

e ci trova in un punto in cui

non ci siamo mai fatti trovare da nessuno»

(Franco Arminio)

Ci sono molti miti greci che narrano dell’amore di un dio per una creatura umana. Molti meriterebbero di essere ripresi e forse avremo modo di incrociarli in questo nuovo cammino dei “caffè col mito”.

Ma ce n’è uno che mi affascina in particolare: quello della storia tra Amore, il figlio di Venere, ai cui strali nessuno poteva scampare, e Psiche, una fanciulla di straordinaria bellezza, così bella da suscitare l’invidia della stessa Venere.

Ed è proprio la dea della bellezza a incaricare suo figlio di scagliare una freccia nel cuore di Psiche sì da farla innamorare di un mostro. Amore ci prova, ma questa volta qualcosa va storto: in qualche modo, finisce per colpire se stesso. L’Amore si innamora e, rapito dalla bellezza di Psiche, ne diventa rapitore: i due amanti si riparano infatti nel palazzo di Amore, al riparo da occhi indiscreti, e qui si danno ad una passione folle e segreta.

C’è però una condizione, un limite che, come spesso accade nel mito greco, non andrebbe superato e invece viene puntualmente violato: Psiche non deve mai guardare in volto Amore. La fanciulla accetta, fino a quando, per il desiderio di gustarne la bellezza e perché spinta dalle sorelle invidiose, non rompe il patto: guarda Amore mentre dorme, ma per illuminarne il volto lo ferisce con una goccia di olio bollente.

Perde così Amore che l’abbandona all’istante.

Psiche è disperata e si sottopone ad un lungo cammino iniziatico per “meritare” quello che le era stato donato gratuitamente: l’incontro di Amore. Venere, sempre più inviperita e gelosa, le impone una serie di prove impossibili da portare a termine, ma Psiche, spinta dalla sua mancanza d’Amore, le supera tutte.

La sua determinazione è tale da commuovere Zeus, il padre degli dei, che la rende immortale e la unisce per sempre ad Amore: sono le nozze mistiche tra una nuova dea, simbolo dell’Anima, e lo stesso divino Amore.

Mi sono dilungato più del solito nel riassunto, ma invito te, caro lettore, adorata lettrice a leggerne per intero la storia nelle “Metamorfosi” di Apuleio: ne sarai a tua volta abbagliato o abbagliata.

Quanto al nostro caffè, quali e quante riflessioni potrebbe suggerire la “favola” di Amore e Psiche! Dall’aspirazione dell’anima al divino, all’importanza di tutelare dagli occhi degli invidiosi i nostri beni più preziosi, quelli interiori; dall’urgenza di aver cura della nostra fragilità, al valore edificante di qualsiasi cammino di crescita umana, morale e spirituale; fino ad arrendersi alla fiducia, o forse dovrei dire fede, confessata dalle parole di Virgilio: “Omnia vincit amor: et nos cedamus amori”, l’amore vince tutto: anche noi cediamo all’amore.

Nondimeno, tra tutte queste, potenti, suggestioni ne rimane una che più di tutte mi affascina: la necessità di amare senza possedere.

Psiche perde Amore quando pensa di poterne possedere il volto, cioè la sua stessa identità, la sua intima natura. Lo ritrova, quando accetta di perdersi per ritrovarlo. E ritrovandolo, si ritrova.

Ecco, Amore e Psiche mi pare ci insegnino proprio questo: si è amati gratuitamente, non per merito, e gratuitamente si restituisce amore. Mai per possesso. Mai lasciandosi possedere.

Tutto qui. Non mi sembra poco.

John Donne:

«La diversità che esiste

tra la purezza degli Angeli e dell’Aria

tra l’amore dell’uomo e della donna

sempre esisterà».

Johann Wolfgang  Goethe: «È certo che al mondo nulla è necessario agli uomini quanto l’amore».

Apuleio: «Prendi, Psiche, e sii immortale. Mai Amore ripudierà il vincolo che a te lo unisce».


FontePhotocredits: https://flic.kr/p/Rx79qY
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La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...