Nella cultura indigena non esiste la concezione di proprietà privata, la terra è comunitaria

“Unidos venceremos”, questo è il motto di UCIRI (Union de Comunidades Indigenas de la Region del Istmo) una cooperativa del commercio equo e solidale formata da 64 comunità indigene che producono caffè biologico di qualità, che ha cambiato in positivo la loro vita.
Per la precisione, è la più antica cooperativa del caffè nella regione di Oaxaca, zona montuosa nel sud del Messico, fondata nel 1983 da circa 500 famiglie di indigeni Zapotecos, Mixes e Chontales, grazie anche al sostegno di Francisco van der Hoff, teologo ed economista olandese, che viene identificato come il padre del Commercio Equo e Solidale.

Nella cultura indigena non esiste la concezione di proprietà privata, la terra è comunitaria e viene ripartita ogni anno tra i diversi membri della cooperativa, in base alle necessità. Il motto citato all’inizio non è stato scelto a caso, perché “uniti vinceremo” è un forte monito che sottolinea l’importanza dell’unione e della collaborazione per far fronte alle ingiustizie che le comunità subiscono da parte dei coyotes, intermediari locali spietati, che impongono prezzi molto bassi e non rispettano il lavoro dei produttori. Proprio da questa esigenza di libertà nasce Uciri che oggi coinvolge circa 2500 coltivatori legati dalla nobile tradizione della “Pachamama”, la madre terra da rispettare e amare e non da sfruttare, per il bene delle attuali e soprattutto future generazioni.

Nel 1987 la cooperativa ha iniziato a esportare caffè in Europa, tramite il circuito del commercio equo e solidale e grazie alle cooperative che garantiscono loro una giusta retribuzione per il lavoro svolto, oltre a promuovere giustizia, trasparenza e soprattutto continuità nei rapporti commerciali. In questo modo vengono favoriti gli abitanti dei villaggi che ad oggi hanno la possibilità di costruire infrastrutture come scuole, pozzi, ospedali per il bene della comunità e di garantire un futuro migliore alla propria famiglia.

Filomondo