Tempo di elezioni. Di “votazioni”, forse: visto che un’altissima percentuale di italiani è intenzionata a non votare.
Gli slogan si sprecano.
I delusi: “Sono tutti uguali” – “Una volta lì, pensano solo a farsi i soldi” – “Promettono, promettono e poi…”
Gli attivisti: “Votare è partecipare” – “Votare è l’unico modo per cambiare” – “Libertà è partecipazione”.
E potremmo continuare così a lungo, includendo nella passerella i disonesti e gli onesti-ma-non-posso, il partito dei puri e quello dei benpensati, i menefreghisti e gli arrivisti, i capipopolo e quelli per cui non va mai bene nulla, i moralizzatori e i cinici.
Eccetera, eccetera, eccetera.
C’è posto per tutti.
E tuttavia, ci sia concesso qualche punto di distinguo.
“Sono tutti uguali”? Si fa presto a dire. Altrettanto presto a verificare che non è proprio così. Tra uno che ti chiede la tangente e uno che non te l’ha mai chiesta, né mai te la chiederà, ci sarà pure una differenza! Basterebbe chiedere cosa ne pensano quelli che la tangente, magari per non dichiarare fallimento, l’hanno dovuta pagare, sennò il Comune la strada non te la fa asfaltare…
“Votare è l’unico modo per cambiare”! Neanche questo è automaticamente vero: perché dipende da come si vota. Se voti chi ti compra, non solo le cose non cambieranno in meglio, ma potranno persino peggiorare…
Ora, per chiunque voglia usare un po’ di buon senso, sarà facile capire che il punto non è votare, ma COME e CHI votare. Ed è solo questo che può fare la differenza.
Quanto a chi sceglie di restare a casa, be’: la protesta e la disillusione son ben comprensibili, l’effetto pratico un po’ meno. Non votare, infatti, non è solo non partecipare. È lasciare che siano gli altri a decidere per te. Nel bene e, soprattutto, nel male.
31 maggio, festa della democrazia: buon voto a tutti!