
Amare la vita e attraversare il dolore, senza lasciare che ci paralizzi.
La morte esiste. Si muore e la morte può giungere all’improvviso, inaspettata, in modo inammissibile. Come è avvenuto nello scontro frontale dei due treni il 12 luglio scorso.
La morte provoca dolore, scuote l’esistenza umana. La morte ricorda a noi esseri umani la sua limitatezza; la riconduce alla sua vera natura che è mortale, imperfetta, caduca.
Se la morte, tuttavia, fosse solamente un fatto naturale, non si vedrebbe il motivo per cui essa provochi tanto dolore negli uomini. Il dolore c’è e va compreso, affrontato. Altrimenti sarà esso a dominare l’esistenza umana senza che ce se ne accorga.
È l’identificarsi con quelle morti che provoca dolore. È l’avvertire la morte come una perdita personale che provoca dolore.
Più il legame tra le persone è stretto, più l’identificazione con la morte delle vittime si fa più forte, più la perdita si fa grave.
Viceversa, più il legame tra le persone è blando, più l’identificazione con la morte delle vittime non avviene, più la perdita si fa inconsistente. I casi estremi, di vilipendio della morte, non meritano commenti.
Dunque, quando la morte ti colpisce in una persona cara, tutto cambia: sei colpito in prima persona. La morte altrui diventa un po’ anche la tua morte; il dolore dei famigliari diventa anche il tuo dolore. Si prova dolore perché si avverte la morte come una perdita personale propria o altrui.
Per l’incidente ferroviario avvenuto sulla linea Bari-Barletta, in piena campagna, tra Andria e Corato, all’emozione del dolore per la morte si associa in più quello per della rabbia. Si sarebbe potuto benissimo evitare un incidente di tale portata con i mezzi tecnologici messi a disposizione dalla scienza. Invece, per cause ancora da accertare sono morte ventitré persone innocenti, in una comune giornata feriale di mezza estate.
In che modo onorare queste morti e affrontare il dolore ad esse associato? Non può essere che uno.
Dopo aver portato assistenza ai feriti e alle famiglie delle persone decedute e coinvolte nell’incidente; dopo aver ripristinato la viabilità ferroviaria e aver preso l’impegno di mettere in sicurezza il trasporto pubblico, dopo aver fatto verità e accertato le responsabilità, l’unico modo per onorare queste morti e attraversare il dolore, senza lasciare che ci paralizzi, è quello di amare la vita in ogni istante.
Se conoscessimo il giorno e l’ora della nostra morte – che giunge sempre inaspettata -, di certo ameremmo di più ogni piccolo istante che ci è concesso di vivere.
La vita è un dono. La vita non ci appartiene, neanche quando si tratta di quella dei nostri cari. Non se ne possiede né il biglietto di entrata né quello di uscita.
I sensi di colpa e il dolore non abbiano, allora, la meglio sulla felicità e sul dono della vita. Altrimenti la morte avrà vinto due volte: con la morte dei cari defunti e con la morte delle persone ancora in vita.
L’immagine delle persone in fila per donare il sangue, per “donare” la propria vita liberamente per gli altri, si imprima nella mente e nella memoria. Ciò sia di conforto per le famiglie delle vittime, anche se non riporterà in vita i loro cari la cui corsa è terminata su un binario ferroviario a senso unico.
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Mai più, mai più, mai più! Treni sicuri, giustizia vera: firma la petizione