«Se arriviamo…»
Si guardarono l’un l’altra in silenzio ognuno rannicchiato nella propria coperta.
I capelli le ricadevano pesanti sul viso, unti e sporchi di sale.
Gli zigomi di lei si erano fatti più spigolosi e le sue dita…erano sempre state così sottili?
Le labbra screpolate dal freddo gli regalarono l’accenno di un sorriso che però non arrivò ai suoi occhi scuri e tristi. Come il mare di notte.
Non era certo del proprio aspetto, ma probabilmente doveva essere simile a quello degli altri che erano con loro su quella nave. In mezzo al nulla.
Invece di una cosa era certo: puzzava. Come tutto lì dentro.
Da quanto tempo si erano imbarcati?
Non lo ricordavo neanche più.
Stipati come sardine, tanto vicini da inspirare l’uno il respiro dell’altro.
Quella barca era troppo vecchia per il tragitto. Ne erano consapevoli.
Quella barca era troppo piccola per contenere tutte quelle persone. Sapevano anche questo.
Il biglietto era costato uno sproposito, ma trattare sul prezzo sarebbe stato come tentare di contrattare con qualcuno che ti tiene un coltello ben puntato vicino alla gola.
Nonostante questo il bisogno di partire era stato troppo grande per rinunciare.
Gli sfuggì un mezzo sorriso. Non ricordava nemmeno più cosa le aveva promesso per convincerla a partire.
Con il passare dei giorni i suoi progetti si erano fatti così evanescenti, e adesso l’unica cosa di cui gli importava davvero era arrivare. Vivo, possibilmente.
Scendere da lì. Lavare via quella sofferenza anche se con altra acqua di mare.
E poi avrebbero ricominciato.
Certo lui non parlava la lingua, ma l’amava e per lei avrebbe fatto qualunque cosa.
Se fossero arrivati era pronto ad essere messo in fila da militari sgarbati, fino ad arrivare ad un banchetto dove avrebbero trovato un uomo che tra l’annoiato e lo stizzito li avrebbe visitati e diviso i sani dai malati. Poi ancora un’altra interminabile fila e qualcun’altro avrebbe chiesto loro nome e cognome, ma probabilmente avrebbe sbagliato a scriverli; perché lui a stento parlava italiano, figurarsi l’inglese.
Uno del paese gli aveva letto tutte le lettere di suo cugino, quindi sapeva a cosa andavano incontro.
Grazie a lui un posto dove passare la notte lo avrebbero avuto, almeno i primi tempi.
Se fosse sopravvissuto sentiva di poter anche affrontare il disprezzo di chi vedeva gli italiani come fannulloni invasori, pur di lavorare. Qualunque lavoro.
Era il 1903. L’inizio di un nuovo secolo, dopotutto. Le cose sarebbero cambiate. Se non per lui, per i suoi figli non ancora nati, magari. Ne era certo.
«Eh Marí! Come sarà bella l’America! Con i primi soldi, ti compro un bel vestito e ci facciamo una mangiata da re». Lei sorrise davvero stavolta. I suoi occhi luminosi, come quando l’aveva sposata. Poi si spensero, ma quell’immagine di felicità era rimasta stampata sul fondo della sua anima.
«Se arriviamo, Salvató». Lui la strinse a sé.
«Arriviamo. Arriviamo. Ormai l’America è dietro l’angolo».
Forse noi “italiani” abbiamo rimosso i viaggi che sono stati fatti da i nostri antenati per giungere su “sponde migliori” ; forse abbiamo cancellato quante sofferenze e angherie hanno dovuto subire i nostri predecessori .
Oppure è soltanto che …..quando hai il coltello tra le mani , ti dimentichi che vuol dire sentire il coltello puntato in gola!!!
Effettivamente mi trovi d’accordo. Volevo comunicare esattamente quello che hai detto. Se solo ci ricordassimo di più del passato probabilmente molte storture non si verificherebbero.