«Fermezza di fronte al destino, grazia nella sofferenza, non vuol dire semplicemente subire: è un’azione attiva, un trionfo positivo»

(Thomas Mann)

Caro lettore, adorata lettrice,

sono sicuro tu l’abbia già attraversata: mi riferisco a quella sorprendente condizione per cui, ad un dato punto, ti ritrovi a vivere qualcosa o con qualcuno che avevi sempre atteso eppure, a te stesso, a te stessa, avevi sempre negato.

È come ci spaventassimo all’idea di desiderare troppo chi o cosa temiamo mai possa arrivare; e così, per paura di restare delusi, neghiamo a noi stessi l’attesa, ignoriamo il sogno, viviamo in sospensione senza sapere perché.

È quel che, scrivendo ad un’amica, mi è capitato di definire “un giorno di mai che attendi da sempre”: dici che non succederà mai e poi avviene, ti eri illuso di non aspettarlo e poi devi confessare a te stesso che non volevi altro, tanto da farlo accadere.

Penso al frangente che stiamo vivendo: in alcune regioni è già partita la scuola, in altre incomincerà a giorni; in alcune regioni e comuni si eleggono i rispettivi amministratori, in altri no. Ma in ogni luogo d’Italia si teme che non arrivi quel che tutti desideriamo profondamente: abbiamo un bisogno estremo di normalità e siamo terrorizzati all’idea che essa ci sfugga ancora; vorremmo tanto poter dire che nulla più sarà come prima, ma ci rode il tarlo che nulla sia cambiato; speriamo spasmodicamente che il peggio sia passato, ma ci angoscia il pensiero inconfessabile che il peggio debba ancora venire.

Mai come in questo momento il nostro Paese e il mondo intero avrebbero bisogno di sana quotidianità, di tornare semplicemente a potersi scambiare una stretta di mano o un abbraccio fraterno. E invece no. E invece persistiamo nell’attesa di un giorno di mai…

Forse, ci possono aiutare le parole di Thomas Mann: ci serve, ancora, fermezza di fronte ad un destino che minaccia di sovrastarci, ma soprattutto abbiamo bisogno di grazia nella sofferenza, cioè di non subire il fortunale, di attraversare il tempo da protagonisti, fermi al nostro posto, finché la tempesta non sarà passata.

Henry David Thoreau ha scritto: «Essere filosofi non significa soltanto avere pensieri acuti, o fondare una scuola, ma amare la saggezza tanto da vivere secondo i suoi dettami: cioè condurre una vita semplice, indipendente, magnanima e fiduciosa».

Semplice: senza malizia. Indipendente: perché non schiava di agenti interni o esterni, per quanto grandi. Magnanima, cioè con un cuore grande. E fiduciosa: perché non attende se non chi spera. È quanto mi sento di augurarti in questo nuovo anno sociale che si riavvia, pur tra mille incertezze e difficoltà.

Michel Quoist: «Non occorrono molti bagagli per mettersi in viaggio nella vita. Basta amare».

Alda Merini: «La tenerezza è un amore disinteressato e generoso che non chiede nient’altro che essere compreso e apprezzato».

Caro lettore, adorata lettrice,

che il tuo viaggio sia colmo di tenerezza e con pochi bagagli.


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La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...