Giuseppe Goffredo, Soli con il mondo. La specie umana dentro la crisi di civiltà. Il virus, l’ambiente, la via d’uscita (Alberobello, Poiesis Editrice 2020)
Con parole di Simone Weil e Alain Badiou, due figure del panorama culturale francese che hanno saputo interpretare con acume non comune le tragiche vicende rispettivamente del primo Novecento e quelle ancora in corso a volte non colte come tali, possiamo considerare l’attuale pandemia un vero e proprio ‘evento di verità’ con il quale siamo obbligati seriamente a fare i conti non come singoli ma come intera umanità, idea sulla quale convergono figure pur distanti tra di loro come Papa Francesco ed Edgar Morin; non a caso viene visto da più parti come una netta linea di demarcazione tra XXI e XX secolo coll’imporre un ripensamento globale del nostro modo di essere e di pensare, fatto questo che forse più che mai è diventato necessario in quanto sono in gioco le sorti dell’intero pianeta. Nella ricca e a volte contraddittoria letteratura che ne è scaturita in questo ultimo e intenso anno per cercare di capire le complesse dinamiche in corso, si segnala per il modo del tutto particolare di ‘attraversarle e di ‘abitarle’, per cercare di coglierne gli intrinseci e molteplici significati sempre per usare le parole di Simone Weil, il testo di Giuseppe Goffredo, Soli con il mondo. La specie umana dentro la crisi di civiltà. Il virus, l’ambiente, la via d’uscita (Alberobello, Poiesis Editrice 2020).
Giuseppe Goffredo ha alle spalle una lunga esperienza di poeta e di narratore con l’assegnazione nel 1987 del ‘Premio Pier Paolo Pasolini’ con raccolte di poesie che vanno dal 1982 al 2019, ma negli ultimi tempi ha dato vita anche ad una notevole produzione saggistica portata avanti insieme con la coraggiosa iniziativa di aver messo in piedi in un piccolo comune del Sud Italia la casa editrice ‘Poiesis’; essa, anche per sfuggire alle a volte soffocanti leggi del mercato editoriale, ospita opere di poeti e scrittori dell’intera area mediterranea dai Balcani al variegato universo arabo, compreso il paese iraniano, che difficilmente avrebbero trovato spazio altrove. Ma ‘Poiesis’ non è solo una casa editrice, ma un vero e proprio laboratorio di idee per rendere il Mediterraneo, come diceva Paul Valéry sempre e ancora di più ‘il mare del possibile’; con molteplici iniziative e di incontri negli ultimi anni, come ad esempio da venticinque anni i ‘Seminari di Marzo’, lo sforzo è teso a far dialogare figure appartenenti a mondi diversi con la consapevolezza della necessità di una reciproca conoscenza tra culture per superare quella che chiama ‘crisi di civiltà’, come viene ben approfondito nei volumi Cadmos cerca Europa- il Sud fra il Mediterraneo e l’Europa del 2000 e I dolori della pace. Crisi o scontro di civiltà nel Mediterraneo del 2009.
Soli con il mondo non è l’ennesimo e normale saggio sulla pandemia, ma come dice lo stesso Goffredo ‘un diario-saggio’ dove l’io, a volte sotto forma di poesia, nel viverla l’’attraversa’, proprio nel senso weiliano, e la sente sulla propria pelle come forma emblematica della crisi di civiltà, dove la crisi sanitaria ne fa vedere, nella loro cogenza e drammaticità, altre del pianeta come le migrazioni, l’ambiente e le crescenti disuguaglianze; ma è anche un modo per permettere all’Italia di interrogarsi sul proprio ruolo nel Mediterraneo, di ripensare se stessa dalle fondamenta per non lasciarsi travolgere da un evento così drammatico che sta mettendo in discussione certezze e modi di essere del passato. Utilizzando idee che provengono da fonti diverse, come quelle di Umberto Eco, Franco Cardini, Papa Francesco e Quinn Slobodian e da una ricca letteratura sulla situazione attuale ma sempre filtrate dalla propria esperienza personale sia di poeta che di uomo che vive e si confronta con le ferite del presente, Goffredo a più riprese ci offre un lucido e sofferto viaggio nelle logiche sempre più pervasive del neo-liberismo con l’avvertirci che non è solo ‘mercato’, ma una vera e propria visione del mondo che come un ‘intruglio’ con “i suoi tentacoli di protozoo… impone il suo abbraccio mortale, la sua foresta falsificata”; inoltre il suo ‘diario-viaggio’ è un modo concreto per farci prendere coscienza del fatto che il corollario del neo-liberismo, cioè “la globalizzazione non è affatto apertura e inclusione contro l’esclusione. É l’imposizione di un modello culturale e ideologico che influenza la geopolitica, condiziona la salute dell’ambiente, vincola il comportamento individuale e collettivo”.
Per non essere più in balìa delle lusinghe di tale ‘abbraccio’ non neutrale che se non ben individuato in quanto in base alla lezione marxiana sembra essere un fatto ‘naturale’ può rivelarsi ‘mortale’, vengono in aiuto non solo di natura ermeneutica ma soprattutto esistenziale delle indicazioni tratte da scrittori e poeti sia del passato come Omero e Saffo che del Novecento come Fernando Pessoa, Franz Kafka, Primo Levi, Toni Maraini, Andrea Zanzotto e di altre figure meno note del mondo arabo e non solo, perseguitate nei loro paesi ma la cui voce è ritenuta indispensabile per creare le basi di un nuovo rapporto tra culture e popoli e per superare la crisi di pensiero che poi è alla base della crisi di civiltà; Goffredo fa tesoro, nel senso biblico del termine, delle sofferenze di tali figure come di quelle precedenti patite da Elisa Springer e Primo Levi, per interpretare l’evento di verità rappresentato dal Covid, i cui ‘spettri’, come quello del terrorismo, ‘strato dopo strato’, ‘menzogna dietro menzogna’ riescono a spegnere il lume della ragione, ‘fanno indietreggiare le nostre coscienze’ col fare avanzare ‘la bestia dell’irrazionalità’ dove prendono piede “i demoni del mondo, tutti insieme, [che] prendono il comando”. Come viene denunciato da più parti, tutto concorre a “pensare che siamo davvero a un cambio di epoca che farà regredire ulteriormente le libertà residue a nostra disposizione e spaccherà il mondo in due parti: Nord e Sud”.
Goffredo vive concretamente e lucidamente questo ‘pessimismo della ragione’, ma insieme col vecchio e caro Antonio Gramsci ci inoltra nell’’ottimismo della volontà’ grazie al suo continuo interscambio culturale ed esistenziale con uomini e problemi del Mediterraneo, la cui miscela di popoli e di civiltà gli ha permesso e permette ad ognuno di noi di prendere atto di “una sola forma di globalizzazione: l’unicità della specie umana e l’unicità delle sue civiltà”, dove “koinè sempre nuove hanno generato sorpresa, stupore e bellezza nel corso del tempo. Tutto sotto l’effetto continuo del mescolamento”. Ma per irrobustire la ragione umana di ulteriori elementi di speranza e ‘radicarla’ nel senso di Simone Weil su nuove basi, Goffredo fa sue alcune cruciali indicazioni che vengono dal mondo della scienza, dove più che mai prima con il paleontologo Teilhard de Chardin e negli studi recenti sui simbionti e la coevoluzione emerge sempre di più la natura unitaria dell’universo e dove ogni singolo essere vivente riflette l’intera vita; cruciale viene ritenuto l’invito di Papa Francesco e del teologo ispano-indiano Raimon Panikkar a “dimenticare il linguaggio armato e cedere al paradigma della dolcezza e della tenerezza”.
Questi inviti, avverte Goffredo, possono sembrare “sogni, utopie, illusioni, eppure in ogni parte delle contrade del mondo esistono desideri, intelligenze, volontà che si oppongono alla follia di pochi, alla violenza dei poteri, all’abbrutimento della vita”; è necessario che insieme elaboriamo altre koiné, quella tra noi e le piante, tra noi ed il paesaggio, per riscoprire insieme un percorso ed avviarsi verso una faticosa certamente, ma “lunga marcia per avvicinare le forme e i modelli del vivere alla complessità nell’umano e del suo vivere la natura”. Così questo non comune ‘diario-viaggio’ nell’universo della pandemia, che oscilla tra momento poetico e momento più riflessivo, ci ricorda che è arrivata l’ora “di attuare quell’antica promessa della modernità: essere vicino alla umana complessità. Attuare per intero quello che siamo e quello che vogliamo. L’unità con la natura e la felicità del vivere fra i viventi”.
In tal modo il pensiero della complessità, che ha trovato nei lavori di Edgar Morin e Mauro Ceruti una forma organica, ha ricevuto in questo ‘diario-viaggio’ di Giuseppe Goffredo una particolare e inedita testimonianza; con l’ottica del paradigma della complessità e fatta soprattutto propria anche nel concreto vivere, la pandemia si rivela essere un mondo pluriarticolato e rugoso con le sue contraddizioni da attraversare perché acquistino il loro più giusto senso; con le sue logiche e sofferenze non è “solo un malessere da deprecare, ma, anche una dolcezza su cui contare. Entrambi sono reali e producono degli effetti. Positivi. Negativi. Sta a noi comprendere ritmi e tempi. Occorre costruire, uno a uno, cose, e porsi una visione concreta e molteplice”.
Ma ancora una volta tocca noi come singoli e come comunità avere il coraggio razionale di fare i conti con il reale e la sua intrinseca complessità verso cui non si può mentire a dirla sempre con Simone Weil, non farci prendere dalla ‘bestia dell’irrazionalità’, costruire giorno per giorno pezzi della nostra umanità; ed il lascito che ci dà questo testo-testimonianza di Giuseppe Goffredo, unico nel suo genere, è l’invito a comprendere che “nulla sarà come prima, perché il prima aveva smarrito il senso e la misura. Non occorrono più mezzi, tecnica, sviluppo, privilegi, risorse, consumi, ma più significati, poesia, fini, pensiero”.