È giunto il momento di rivendicare alla scuola l’umanizzazione dell’insegnamento, o, se preferite, la sua ri-umanizzazione

Insegnamento sì, ma verso dove? Nell’era della rete informatica globale e della globalizzazione capitalistica neoliberista molti (non tutti) hanno accesso ad una quantità smisurata di informazioni, disponibili in una forma relativamente facile e veloce.

La scuola vive immersa dentro questo oceano di notizie e dati e l’insegnante non ha più alcun monopolio o posizione dominante sulla conoscenza.

Il rischio è che l’informatica e la cibernetica soppiantino la figura umana dell’insegnante: oltretutto, in molti casi, la macchina può essere, con la sua ripetitività e precisione, ben più produttiva della persona: rischiamo dunque di diventare tanti cani di Pavlov davanti a piattaforme di apprendimento, con quiz e test a volontà. Senza poi contare che potremmo farlo (e lo facciamo già talvolta) da casa e a spese nostre.

È giunto il momento di rivendicare alla scuola l’umanizzazione dell’insegnamento, o, se preferite, la sua ri-umanizzazione. Posto che la scuola è e deve rimanere luogo privilegiato della socialità e della formazione dei cittadini in senso democratico e costituzionale, l’insegnante deve assumere un ruolo adeguato ai tempi.

Certamente un/una docente non può né deve pensare di competere o essere alternativo a quella massa di informazioni cui accennavamo. Piuttosto, deve esercitare un ruolo critico, ovvero selezionare, vagliare, analizzare, dare qualità e spessore alle informazioni apprese dagli studenti. Certamente chi ha familiarità ad esempio, con le ormai temibili “tesine” degli esami di Stato, intende bene questo aspetto.  Nelle materie umanistiche abbiamo bisogno di spessore critico, abbiamo bisogni di ragionare, di problematizzare, togliere banalità e aggiungere consapevolezza. Nelle materie scientifiche abbiamo urgenza di dare spessore etico ai contenuti.

Un insegnante umanizza la conoscenza se la sottrae dal fluire cieco e le ambienta nella sfera del ragionamento, del gusto, dell’autenticità; in una sola parola, della libertà. Qui sta la libertà dell’insegnamento.

L’insegnante può fare questo a condizione che mantenga viva la propria curiosità e questo è possibile finché è egli/ella stesso/a dentro un processo di crescita, di evoluzione, di ricerca. Finché c’è questo atteggiamento interiore, vitale, saprà essere a fianco dello studente, saprà condividere, stimolare all’analisi, costruire insieme conoscenza. Questa condivisione è umanizzare l’insegnamento.


Fontehttps://pixnio.com/people/children-kids/boys-and-girls-with-their-female-teacher
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Sono nato a Barletta nel 1956; ho insegnato Lettere per 23 anni e sono stato dirigente scolastico dal 2007 al 2023. Mi sono dedicato allo studio di vari aspetti della storia locale e sono membro della Società di storia patria per la Puglia; ho censito, trascritto e tradotto le epigrafi di Barletta. Per i tipi della Rotas ho pubblicato il romanzo-saggio “Ricognizioni al giro di boa”. Da molti anni mi interesso di religioni (specialmente il Buddhismo Mahayana) e di dialogo interreligioso. Ho avuto la fortuna di avere tre figli e ora di essere anche nonno! Da settembre 2023 sono in pensione: si dice tecnicamente "in quiescenza" ma è un po' difficile fermarsi. Gioco a tennis, mi piace molto viaggiare e credo molto nel lifelong learning. Sono stato cooptato in Odysseo da Paolo Farina :) e gli sono grato per avermi offerto uno spazio per parlare di scuola (e non solo) fuori dall’ambito formale/ istituzionale.