teniamoci l’assoluta: Dio

Se ti ritrovi con una faccia di bronzo non devi credere poi che ti porti appresso il secondo posto in pedana poiché si tratta di ben altra cosa…

Averla di bronzo significa essere sfacciato, impudente. Ma non è questo il punto a cui si vuol tendere se d’altra parte all’essere impudente e sfacciato non corrisponda una certa inclinazione alla verità. Certo che esser tale uno non è che corra il rischio di perdere la faccia se al medesimo tempo non è cosciente d’averne una.

Oggi si discute in Parlamento di alzare il tetto del contante per pagare la spesa, ma senza indicare che tipo di spesa: se si tratta solo dell’acquisto di prodotti leciti oppure di quell’altro tipo…

Questo fatto che, a ragion veduta e non dovuta, si debba cangiare regola ogni qualvolta cangia la direzione del vento, non ci reca in porti sicuri. Con l’instabilità meteorologica che ci ritroviamo occorra che ognuno di noi si munisca ed abbia sempre a portata di mano una margherita, per sfogliarla: Pos o contanti, Pos o contanti…? Covid o non Covid?  Mascherina sì oppure no…?

Non è che uno va a prostitute munito di mascherina, ma solo per pudore, e pretende di pagare il “servizio” col Pos, considerando che queste “libellule” non hanno commercialisti come consulenti, ma papponi. Oppure ve lo immaginate un mafioso che viene a chiedervi il pizzo e si pretende che vi faccia una ricevuta o che questi si porti appresso, insieme ad un’arma per il ricatto, pure la macchinetta per la quietanza, illecita?

Qui non è che si è persi solo la testa, ma pure il collo, per ben guardare oltre il muro dell’irragionevolezza. Rimanere con i piedi in due scarpe, per chi ha la fortuna di averne ancora due di questi arti, comporta restare coscienti e razionali rispetto a chi ci guida e che lo fa da incompetente oppure volutamente. Trovare una posizione definitiva affinché sia facile per tutti capirne il funzionamento, non vedo come si possa definirla utopia.

Se non lo si fa è perché si vuol mantenere nel pantano dell’incomprensione e nella bruma degli interrogativi, una schiera di “sudditi” ben tenuta salda e composta in una negatività maldestramente voluta.

Le “verità” sono molteplici se si vuol dar fiato ai diversi strumenti dell’orchestra parlamentare e ai vari (tanti) oratori di turno che, di volta in volta, sparano munizioni dialettiche alla rinfusa che a Napoli direbbero: – Addo coglie, coglie.

Ma siamo veramente sicuri dove vogliamo andare? Siamo coscienti in quale situazione ci siamo, ci hanno cacciati? Tornare sui propri passi ci sarà possibile, visto che nel nostro incedere non lasciamo che terra bruciata alle nostre spalle? Porsi con sempre rinnovato rigore intellettuale a ché la propria coscienza risulti refrattaria e non trasudi forme di disagi, qualora si debba rispondere dei propri atti, davanti a Dio e al prossimo: è cosa da mantenere, decorosamente, in gran considerazione?

Io credo di sì. Credo pure di non sottovalutare chi cerca di sperimentare le varie, specifiche “nozioni” su di sé per la verità unica, trascendentale, Kantiana. Ma solo se ci mette la ragione, la coerenza intellettuale, laddove manca l’esperienza per dar man forte al proprio vissuto. La capacità raziocinante messa a confronto con le “surrogate” verità implicano determinazioni di coscienza e di serietà deontologiche. A nulla vale catapultare le proprie mal comprovate “verità” nell’ambito di un terreno incontaminato da bugie.

Senza insistere in una forma di esortazione parenetica, io credo che per venirne a capo, mantenendo il collo sulle proprie spalle a sorreggere la testa, si può ben guardare oltre il “muro” delle incomprensioni procurate, senza usurpare i tanti giardini da margherite e magari contaminarli da false verità.

Di false verità si nutrono passivamente gli stolti, i menefreghisti, gl’incuranti e i cinici ma non certo coloro i quali fanno perno sulla propria ragione, ponendosi dei perché sulle paradossali verità espresse, con così tanta iterazione e leggerezza, da chi ha interesse a farlo.

Molte volte si fa uso indiscriminato rivolgendosi al proprio istinto per espletare una tesi è darle dei contorni ben definiti: è un metodo azzardato e approssimativo rispetto ad una ricerca conoscitiva più sostanziale e ragionata. Il risultato che ne consegue mette, come si usa dire, “la coscienza a posto”, ma solo se si è tenuta a bada l’intrusione innata dei nostri egoismi.

Dopo aver letto un testo scritto da Adriano Alessi dal titolo: “Sui sentieri della verità” mi sono posto anch’io qualche domanda: – Se tutte le verità si mettessero in partita e non si addivenisse ad una verità assoluta, non c’è il pericolo che venga esclusa dal proprio credo, anche quella religiosa? Sarebbe, ahimè, l’azzardata, consapevole rinuncia all’ultima ancora di salvezza, nel nostro movimentato mare di bugie: la nostra stupidamente accettata, inutile esistenza.


FontePhoto by Davide Cantelli on Unsplash
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Salvatore Memeo è nato a San Ferdinando di Puglia nel 1938. Si è diplomato in ragioneria, ma non ha mai praticato la professione. Ha scritto articoli di attualità su diversi giornali, sia in Italia che in Germania. Come poeta ha scritto e pubblicato tre libri con Levante Editori: La Bolgia, Il vento e la spiga, L’epilogo. A due mani, con un sacerdote di Bisceglie, don Francesco Dell’Orco, ha scritto due volumi: 366 Giorni con il Venerabile don Pasquale Uva (ed. Rotas) e Per conoscere Gesù e crescere nel discepolato (ed. La Nuova Mezzina). Su questi due ultimi libri ha curato solo la parte della poesia. Come scrittore ha pronto per la stampa diversi scritti tra i quali, due libri di novelle: Con gli occhi del senno e Non sperando il meglio… È stato Chef e Ristoratore in diversi Stati europei. Attualmente è in pensione e vive a San Ferdinando di Puglia.