Una musica che è un sogno
Una ripida scala a chiocciola. Gradini di legno consumati dal tempo e un corrimano d’ottone che si attorciglia su una parete dipinta di rosso che le si stringe addosso.
Il profilo di una donna risplendente nel suo vestito di paillettes, le spalle nude accarezzate da morbidi riccioli neri, la mano poggiata sul corrimano a lasciarsi accompagnare giù.
Dal basso, una musica soffusa e una voce graffiante le vanno incontro portandole il profumo intenso dell’alcool, mescolato ai sapori umani della sala da ballo.
La donna si ferma al termine della scala, lasciando che il suo corpo si abitui a quella sensazione. Porta all’indietro la testa, inala profondamente e scuote lievemente il capo lasciando che il suo sguardo vaghi a destra e a manca. I suoi lunghi capelli si muovono con lei. Un brivido la percorre dalla testa ai piedi.
Riprende a scendere gli ultimi scalini.
Lascia il corrimano. Si guarda intorno.
La sala è quasi deserta, la luce delle piccole abat-jour di cristallo poste sui tavoli è appena sufficiente per guidare i passi degli ospiti verso il proprio posto.
In prima fila, un tavolo libero, abbastanza defilato rispetto alla pista ma non tanto da impedire la visuale sul palco. Lo punta e va. La sua gamba sfiora il ginocchio di un tizio seduto sguaiatamente ed è costretta ad abbassare la testa per un attimo. Lo sguardo dell’uomo è sulle sue gambe nude. Lo sente.
Lo vede sollevare il capo a frugare anche il suo viso. Gli punta addosso il suo sguardo, oltrepassandolo, impedendogli di penetrarla.
Continua ad avanzare fino in fondo.
Poggia sul tavolino la pochette e si lascia scivolare nella poltroncina di velluto, abbandonandosi alla carezza del tessuto sulla sua schiena nuda. Le spalle adagiate sullo schienale, le braccia mollemente appoggiate al tavolino, accavalla le gambe inclinandole. Le caviglie sottili si avvinghiano una all’altra.
Un cameriere, lesto, si avvicina, come rispondendo ad un segnale noto e le porta da bere. Lei agguanta decisa il bicchiere di cristallo, tintinnano i cubetti di ghiaccio mentre lo porta alle labbra senza smettere di guardarsi intorno. Ingoia avidamente. Il calore dell’alcool le raggiunge la testa, invade il suo corpo, ammorbidendolo.
Poi nuovi musicisti salgono sul palco …
Il batterista prende a carezzare i piatti con le spazzole e mentre quel suono si espande nella sala, il tocco più deciso delle bacchette prende a scandire un ritmo che diventa sempre più vigoroso.
Una voce che pronuncia parole senza senso, quasi uno scioglilingua, si inserisce in quell’onda e presto si impossessa della scena fin tanto che, caldo e avvolgente, il tocco vibrante di un contrabbasso la azzittisce prendendo a duettare con la batteria. Improvviso irrompe il tintinnio dei cimbali di un tamburello e la voce si risveglia. Continuano così per un po’ con un ritmo energico che disperde, che si porta via i pensieri, che le entra dentro sempre più e la scuote.
Poi è la volta dei fiati che irrompono allegri a travolgere tutto…
Gli uomini sul palco si agitano rincorrendo le note, si fanno avanti a conquistare il palco quand’è il loro turno, indietreggiano quasi a scomparire quando il loro strumento tace.
Lei è estasiata.
Immobile, lo sguardo perso nel vuoto, invasa da una silente euforia che la illumina.
L’uomo a cui appartiene la voce solista, approfittando di una pausa, salta giù e la raggiunge. Allunga la mano verso di lei e la porta in pista con fermezza. La attira a sé e la stringe: “Seguimi”, le sussurra muto e lei, muta, acconsente.
Il tempo di annusare l’odore di borotalco che lo pervade e lui prende a farla roteare. La allontana e la ritira a sé sorridendole, con la perizia di chi conosce quel ritmo come conosce se stesso. La guida nelle piroette, ne sostiene il corpo cingendole la vita e serrando forte la presa della mano. Ridono contenti, come due, ritrovatisi dopo tanto tempo, che rieseguono rituali mai dimenticati. La musica incalza sempre più, e così il ritmo della loro danza. Ora lui è alle sue spalle e lei, istintivamente reclina il capo all’indietro a cercare il suo. L’uomo della musica si china verso la sua gola, tesa sotto di lui e la avvolge nel suo respiro, dolce.
Il suono dei fiati si va spegnendo. È tempo per lui di tornare sul palco.
La riaccompagna al tavolo, aspetta che prenda posto e con un balzo è nuovamente al centro della musica, a pronunciare il suo scioglilingua.
Poi …il silenzio.
***
Mena si sfilò la cuffia e riaprì gli occhi. Le ci volle un po’ per ritornare in sé.
Ricordava di essere entrata in libreria per cercare qualcosa per rivitalizzare quel periodo particolare.
Solo che, chissà perché, si era fermata prima di giungere alla sezione narrativa…
Davanti a lei si delineò la sagoma del giovane addetto del reparto musicale: “Allora che ne pensa?”, le chiese quello, attendendo una reazione. Le aveva proposto un genere particolare.
“È perfetto”, disse Mena con gli occhi luccicanti, “non avrei potuto desiderare niente di meglio. Lo prendo. Grazie”.
E con il Cd tra le mani si avviò a piano terra. Mentre scendeva, si poggiò al corrimano. A metà strada si fermò a respirare lasciando andare all’indietro la testa e chiudendo gli occhi per un attimo.
Poi, riprese a scendere gli ultimi scalini.
Lasciò il corrimano e avanzò verso la cassa. Scosse ancora una volta la testa e lasciò che il suo sguardo vagasse a destra e a sinistra, i suoi lunghi capelli si mossero con lei e il loro fruscio le riportò il brivido di quella musica …
“Flip Flop, Mim mam, Wham mam fliggle man,
Hip, hip, Mama gimmie some.
Gong gong willy wonk, ting tang bing bang….”
Da Straight on Memphis – Club des Belugas