
Mansi scrive una lettera al presbiterio diocesano e cita Ratzinger: “La liturgia non è uno show”
Alla ripresa delle attività pastorali, dopo la pausa estiva, il Vescovo di Andria, Mons. Luigi Mansi, ha ritenuto necessario far pervenire ai confratelli presbiteri, diaconi e responsabli del luoghi di culto, una lettera con indicazioni precise in chiave liturgico pastorale.
Mons. Mansi raccomanda vivamente che la centralità, nei vari momenti o incontri di preghiera, è la Parola di Dio perchè Dio si rivela all’uomo con il dono della sua Parola (cfr. Benedetto XVI, Esortazione apostolica Verbum Domini) e “che bisogna incontrare la modernità e non conservare e radicalizzare sacche di medioevo, perché così non cresceremo mai. È chiaro che anime inquiete e fragili riunite in momenti di preghiera utilizzando molta scenografia ed eccessiva teatralità trovano piacere e appagamento. Noi, invece, dobbiamo costruire la Chiesa di persone libere e responsabili, come il Concilio Vaticano II insegna”.
A riguardo il Vescovo di Andria, cita le parole dell’allora Cardinale J. Ratzinger “La liturgia non è uno show, uno spettacolo che abbisogni di registi geniali e di attori di talento. La liturgia non vive di sorprese “simpatiche”, di trovate “accattivanti”, ma di ripetizioni solenni. Non deve esprimere l’attualità e il suo effimero ma il mistero del Sacro. Molti hanno pensato e detto che la liturgia debba essere “fatta” da tutta la comunità, per essere davvero sua. È una visione che ha condotto a misurarne il “successo” in termini di efficacia spettacolare, di intrattenimento. In questo modo è andato però disperso il proprium liturgico che non deriva da ciò che noi facciamo, ma dal fatto che qui accade Qualcosa che noi tutti insieme non possiamo proprio fare. Nella liturgia opera una forza, un potere che nemmeno la Chiesa tutta intera può conferirsi: ciò che vi si manifesta è l’assolutamente Altro che, attraverso la comunità (che non ne è dunque padrona ma serva, mero strumento) giunge sino a noi”. Per il cattolito, la liturgia è la Patria comune, è la fonte stessa della sua identità:anche per questo deve essere “predeterminata”, “imperturbabile”, perché attraverso il rito si manifesta la Santità di Dio”. (cfr. Joseph Ratzinger, Introduzione allo spirito della liturgia).
Il Vescovo di Andria, Mons. Mansi, invita, perciò, a “non intraprendere prassi di carattere devozionale che non hanno senso sul piano di una corretta interpretazione della Liturgia, che è momento di luce e di grazia nell’incontro, attraverso la Parola e il Sacramento, col Signore Risorto”.
Con questo in pratica Mons. Mansi vuol dire che uomini di fede, ministri e laici, devono sempre prendersi cura dei “credenti” senza manipolare la loro coscienza e legarli a loro. Devono far emergere il desiderio di Dio, di incontrarlo, quel desiderio che è inscritto nel cuore di ogni uomo, desiderio di infinito, di bontà, di liberta perché solo in Dio l’uomo trova salvezza e verità. Difatti il Salmista nella Bibbia recita così:
“O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco, di te ha sete l’anima mia, a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz’acqua. Così nel santuario ti ho cercato, per contemplare la tua potenza e la tua gloria”. (cfr. Salmo 63).
A questa fame e questa sete il Signore risponde con la sua parola e con la sua presenza.
E noi come siamo? Io come sono? Sono sazio? Oppure sento dentro di me questa fame e questa sete di cose vere, di valori importanti, di salvezza umana e spirituale, terrena ed eterna? L’anima mia ha sete del Dio vivente: quando vedrò il suo volto? Come una cerva anela ai corsi delle acque, così la mia anima anela a te, o Dio. Perché ti abbatti, anima mia, e ti agiti in me? Spera in Dio: mia salvezza . (cfr Salmo 41)
Occorre coltivare la fame e la sete di Dio; cercare la sua acqua, che disseta veramente, il suo pane che è pane di vita eterna, senza sprecare energie in tante cose che non ci sono di alcun aiuto e non saziano.
“Noi viviamo in un’epoca in cui sono evidenti i segni del secolarismo. Dio sembra sparito dall’orizzonte di varie persone o diventato una realtà verso la quale si rimane indifferenti. Vediamo, però, allo stesso tempo, molti segni che ci indicano un risveglio del senso religioso, una riscoperta dell’importanza di Dio per la vita dell’uomo, un’esigenza di spiritualità, di superare una visione puramente orizzontale, materiale della vita umana. Guardando alla storia recente, è fallita la previsione di chi, dall’epoca dell’Illuminismo, preannunciava la scomparsa delle religioni ed esaltava una ragione assoluta, staccata dalla fede, una ragione che avrebbe scacciato le tenebre dei dogmatismi religiosi e avrebbe dissolto il mondo del sacro, restituendo all’uomo la sua libertà, la sua dignità e la sua autonomia da Dio”.
Ed è qui che viene a galla chiaramente nel cuore dei credenti l’inesorabile interrogativo: la sete di Verità esiste ancora?
Benedetto XVI cosi prosegue: “Gli uomini cercano nell’esperienza religiosa la risposta ai grandi enigmi della condizione umana: la natura dell’uomo, il senso e il fine della nostra vita, il bene e il peccato, l’origine e lo scopo del dolore, la via per raggiungere la vera felicità, la morte, il giudizio e la sanzione dopo la morte, infine l’ultimo e ineffabile mistero che circonda la nostra esistenza, donde noi traiamo la nostra origine e verso cui tendiamo”. L’uomo porta in sé una sete di infinito, una nostalgia di eternità, una ricerca di bellezza, un desiderio di amore, un bisogno di luce e di verità, che lo spingono verso l’Assoluto; l’uomo porta in sé il desiderio di Dio. E l’uomo sa, in qualche modo, di potersi rivolgere a Dio, sa di poterlo pregare, di potersi affidare a Lui completamente. Nella preghiera, in ogni epoca della storia, l’uomo considera se stesso e la sua situazione di fronte a Dio, a partire da Dio e in ordine a Dio, e sperimenta di essere creatura bisognosa di aiuto, incapace di procurarsi da sé il compimento della propria esistenza e della propria speranza”. (cfr Benedetto XVI, 11.05.2011).