Piazza periferica di una città non definita. Socrate, sbalzato nel futuro, va come sempre in giro a cercare qualcuno con cui parlare. Tira un vento caldo, quasi primaverile. Gli si avvicina Fedro, suo interlocutore di tanti dialoghi. Cercano appigli per capire il tempo in cui sono stati catapultati.

Fedro: Socrate, Socrate! Vieni qui, dove stai andando?

Socrate: Fedro il libico, ma che sorpresa… Sembrano secoli che non ci vediamo. Dai tempi di Platone. Ma pensa tu che bell’incontro oggi! Non so che dirti sai? Fino a poco fa bevevo la cicuta dinanzi a Fedone e ora da qualche ombra del sole sulla meridiana mi trovo qui. Da ieri dormo sotto il portico di quel palazzo, vicino a quella che chiamano stazione in cui mezzi su ruote corrono su strade di ferro. Sono curioso di ciò che vedo e non capisco. Mi aiuti?

F.: Dove andavi?

S.: Io? Cercavo qualcuno con cui parlare in questa città e a cui chiedere un aiuto. Ogni tanto scambiare due parole fa bene, soprattutto quando sei straniero. Ma la cosa strana è che, fra questi palazzoni, non mi ci raccapezzo. Giri e giri e sembra che fra migliaia di persone tu sia solo. Non è come ai tempi della nostra Atene dove qualcuno disposto a parlare c’era sempre e a ogni angolo c’erano venditori di sapienza. Lo ricordi? In questo, cosa assurda pensarci, 2022!, tutti sono piegati su alcuni marchingegni strani, a usare le dita come se aggiustassero qualcosa su facciate di simil vetro. Ho chiamato, interrogato tutti su chi essi fossero e tutti mi hanno guardato malissimo. Nessuno, per Giove, che mi abbia visto in faccia alla domanda. Nessuno! Eppure non è che indossi abiti simili ai loro. Avrei dovuto suscitare attenzione ma nessuno mi ha pensato.

F.: Ehhhh, hai ragione! Io sono qui da qualche giorno in più e ho capito poco su questo periodo della storia. Quel che so però te lo dico. In questo tempo non si ha, scusa il gioco di parole, tempo per le chiacchiere. Tutto è improntato sulla realtà avida delle cose. Si compra, si acquista tutto. Se qualcuno ti chiede chi tu sia lo eviti. Con questi stracci addosso ho provato a bussare ai portoni ma nessuno apriva. Ho provato a chiedere dove fossi e ho capito che non ero gradito. Sarà per la mia pelle leggermente scura dovuta alla mia nascita in Libia, prima di venire in Grecia da ragazzino? E chi lo sa? Qui se qualcuno non vuoi incontrarlo lo si guarda e si passa sull’altra sponda della strada. La sapienza non viene nemmeno più insegnata, pensa tu. A trovarlo un Gorgia o un Protagora! Ma nemmeno a pagarli si mostrano. Se non ti hanno visto è perché nessuno pensa a come ti vesti. Non ti hanno notato perché credono tu stia recitando parti di una scena teatrale. Vedessi poi che idee strane hanno questi uomini di questo tempo. Vengo or ora dall’agorà di questa città. Nella confusione di cartelli e di voci ho ascoltato qualcuno che incitava alla verità, dicendo che questa è nascosta e non ci viene fatta conoscere. Applausi come le onde del mare salutavano questa idea e tantissima gente inveiva contro un certo Sistema che guida tutto. Non so se parlassero di una persona o di un Dio che ce l’abbia con loro. Non è che l’abbia capito ancora sai? Poi vi erano persone con braccia tese. Ma non ho capito, sinceramente.

S.: Ecco dove erano tutti! Tutti lì con te. Sistema? Verità nascosta? Ma sono come me allora. Anche io affermavo che la verità sia dentro sé, nascosta ai più ma sempre valida. Mi incuriosisce capirne di più. Nessuno può illuminare la nostra mente a tal proposito? Camminiamo amico mio. Non può essere che non esista un uomo che possa interloquire con noi. Domandiamo a quello lì? Che dici? Buon uomo posso farle una domanda? Per favore…

Buon uomo: Dite pure. Siete per caso comparse di un film?

S.: Buon uomo, noi non sappiamo chi sia questo film, perché siamo qui ma non comprendiamo come. Ci sembra che questo tempo sia quello di una ricchezza enorme. Vediamo mezzi di energia su quattro ruote correre più dei cavalli nelle gare. Notavo che avete luoghi in cui la sapienza sembra essere dovunque, da luoghi chiamati wikipedia a luoghi fisici. Infatti, ammiravo in proposito quelle che ho sentito dire essere librerie, e ho visto uomini e donne con addosso pezzi di stoffa o maschere teatrali. Siete sapienti più di noi greci. Il mio sogno è parlare con voi. Lei perché non indossa maschere? Io mi chiamo Socrate, per gli amici il Sileno. E lui è Fedro il libico.

B.u.: Siete abbastanza strani. Ora capisco, Socrate che studiavo a scuola? Che noia. Ma ormai di che stupirsi se qualcuno vuol travestirsi tanto da credere di essere lui? Ognuno può fare quello che desidera. Sto al gioco allora. Io amo definirmi Libero Vero, mio nome anche sui luoghi dove ci si incontra senza vedersi di persona. Non indosso le maschere perché sono libero. La libertà è esprimere ciò che si è e fare ciò che si desidera. Nessuno può dirmi quello che devo fare. Una tirannia non deve imporre nulla all’uomo. Non esiste che io faccia quello che un Sistema sbagliato vuole imporre. E vedo che anche voi fate lo stesso. Bravissimi…

S.: Buon uomo, chi è Sistema? È un uomo? È un gruppo di uomini?

B.u.: Sistema è il mondo in cui siamo immersi. Ci sono persone che credono che la terra sia tonda quando invece è piatta. Fin da piccoli ci viene insegnato che esistano rimedi contro le malattie fatte da sostanze chimiche. Nozioni e sostanze insomma, create ad arte per controllarci. Ci vengono inserite nel corpo e ci modificano il pensare e poi siamo soggetti alle patologie e malattie e alla incapacità di capire il vero. Ci modificano dal di dentro. Esistono gruppi di potere che impongono a noi qualunque cosa. Ad esempio se entrate in quel negozio e non avete la carta verde vi cacciano. È tirannia.

S.: Ma pensa tu, Fedro …Qui i Trenta tiranni avranno preso il potere e imposto la loro presenza. Non si spiega in altro modo. Ma dimmi, o uomo, dove si prende questa carta verde e perché ci si deve muovere così?

B.u.: Se usi la mascherina oggi credi di poter guarire. Ma in realtà sei malato, profondamente. Uno ha tutto il diritto di avere dei dubbi, specie se sfruttano la paura. La paura ci mette uno contro l’altro e nel frattempo con l’altra mano inseguono il vero scopo. Vogliono schiavi che sembrano liberi. Stanno giocando alla magia. E la carta verde c’è se dentro il tuo corpo inietti, per combattere una malattia che non esiste, una di quelle sostanze velenose che poi ti ammazzano. Se vuoi vivere devi toglierti la vita. Un paradosso insomma.

F.: Ma che strano, Socrate, vero? Qui vogliono la vita quando noi invece anelavamo alla morte per poter andare verso la verità. La verità questi uomini la cercano e si dividono fra chi la conosce e chi non la conosce.

S.: Hai ragione Fedro, ma sai che sono curioso e voglio capirne di più? Amico, come capisci che una cosa sia vera e una falsa?

B.u.: È facile. L’opinione di quelli che vanno contro un progresso che vuole schiavi è sempre vera. Falso è quello che noi diciamo proposto da quelli che chiamiamo mezzi di comunicazione. Quelli stravolgono la realtà. La realtà è vera solo se la capisci con la tua ragione.

S.: Per Ercole! Tu sì che la utilizzi. E dimmi, buon uomo, come distingui il vero? Te lo suggerisce un demone? Il vero è quello che tutti considerano vero oppure è qualcosa che esiste anche se tutti non lo considerano?

B.u.: La prima che hai detto. Quello che esiste è evidente.

S.: E allora illuminami, perdonando di certo la mia impertinenza. Se tutti considerano vero qualcosa, che in realtà si rivela essere falso, come può dirsi vero? La verità esiste perché il pensiero pensa che ogni cosa pensata sia vera oppure la verità si impone da sola al pensiero?

B.u.: Ho ancora da fare molte commissioni ma ti rispondo volentieri. Il vero è quello che tutti capiscono essere vero, realmente esistente. Se esistono dati certi su qualcosa non può che essere vero. Se io penso che il vero è tale perché l’ho scoperto, sarà vero sempre. Io sono certo che, ad esempio, questa malattia di cui tutti parlano non esiste. Da tre anni vivo benissimo e non mi sono ammalato mai.

S.: È interessante quanto tu esponi. Se dici, però, che qualcosa non esiste potresti anche essere nell’opinione. Se io ti dicessi, ad esempio, che il cielo è azzurro tu cosa diresti? È vero o no? Ma se qualcuno ti ingannasse dicendoti qualcosa che reputi vero e lo scoprissi torneresti indietro nelle idee?

B.u.: Direi che può essere azzurro ma anche che non possa esserlo. Magari ci hanno imposto che si chiami così il cielo, ma in realtà non è altro che un gioco di luci fatto da una cupola sopra noi colorata. Azzurro è una convenzione. E poi… Ma perché poi qualcuno dovrebbe impormi il falso? Guarda qui. Il mio amico fraterno la pensa come me. E tanti, con me, la pensano allo stesso modo. Non possono ingannarmi e ingannarsi loro a propria volta. Quanti sono bendati oggi tanto da credere a cose inesistenti? Pensa che esiste anche qualcuno che crede a un Dio, ai dogmi. La verità, carissimo, è che non esistono verità se non quelle condivise. Non esistono verità dove girano i soldi. E nella politica ne girano tanti. Ci vogliono far credere che mettersi un bavaglio significhi proteggere qualcuno dalla malattia. Ci dicono che farci innestare un virus inesistente possa salvare il mondo. È una fantasia, una favola per chi non ragiona. Io non ci casco.

S.: Una favola? Uh che gioia. Favole. Che nostalgia! Come quelle che mia mamma Fenarete mi raccontava da bambino. Ma quindi, seguendo il tuo ragionamento, esiste una ragione per te? E cosa significa? Significa capire cosa scegliere fra due opposti? O significa prendere la prima idea che passa per la testa?

B.u.: No no …Significa discernere il bene dal male, meglio la cosa giusta e la cosa sbagliata. Metto alla prova il ragionamento, sperimento e determino la mia scelta. Ad esempio vedo che i morti sono dati snocciolati lì senza senso. Hanno mostrato camion pieni di bare vuote facendoci credere sia una tragedia. Lo hanno detto con certezza alcuni che conosco: erano una presa in giro. E io dimostro che non mi sono ammalato. So anche che bene è essere liberi di respirare senza bavagli e che male è invece farmi imporre cose non dimostrate. Insomma sono attento a queste cose io. E tu?

S.: Quindi vuoi dirmi che usi il metodo dell’esperienza? Cioè vedi i dati, poni una ipotesi e giungi a una idea che credi certa?

B.u.: Senza nessun dubbio…

S.: Quindi agisci come la scienza dell’episteme. Cioè segui quella che Parmenide l’incompreso definiva la via della luce? Allora credi che il vero sia immutabile, non cambi mai, si definisca sempre come tale e che non sia soggetto ad alcuna modifica?

B.u.: Non ti seguo bene ma credo di capire. Sì, usare la ragione significa mettere alla prova quanto penso. La verità è verità. Non può essere il contrario di se stessa.

S.: Quindi, fammi capire. Se metti alla prova tutto dovresti mettere alla prova anche il tuo pensiero caro Libero. O no? Immagina che qualcosa non esista se non in tuo sogno ma tu voglia raccontarlo. Il contenuto del sogno sarà vero no?

B.u.: Beh, normale. Io racconterei ciò che ho vissuto dormendo. Ma non ti sto capendo…

S.: Giungerai come me alla conclusione quindi che il sogno, in quanto cosa non esistente ai sensi, non sia vero se non nella tua mente. E che chi ti ascolta potrebbe anche pensare che il tuo sogno sia una tua pura invenzione.

B.u.: Evidentemente è così

S.: Dunque se non è che nella tua mente il sogno, come fai a dimostrare che quanto tu abbia sognato sia vero? L’altro interlocutore potrebbe dirti che tu lo stia ingannando.

B.u.: Ma non è falso che io possa sognare qualcosa. E che ciò possa essere vero.

S.: Certo che è così. Ma è facile mettere in dubbio un sogno. Posso anche dire che tu abbia bevuto vino del Falero capace di mostrarti immagini non reali. Potrei aggiungere anche che è tutta una invenzione. Come posso dimostrare che una tua fantasia sia giusta? Potrebbero anche venirmi a testimoniare in migliaia che tu abbia sognato asini volanti, giurando su ogni dio dell’Olimpo. Ma alla fine nessuno potrebbe distruggere nella mia mente il fatto che tu possa stare ingannando tutti. Quindi il tuo vissuto sognante, per quanto vero, potrebbe farmi credere a un complotto orchestrato da te. Ti potrei accusare di aver manipolato la gente, pur se tu fossi in buona fede. In analogia, potremmo essere in una fase in cui il falso, che tu credi essere una malattia, sia una tua opinione ma basata su un errato giudizio come nel caso del sogno. Che dici di ciò?

B.u.: Ma non lo penso solo io. Ci sono studi. Vedi, vedi qui… Ascolta bello! Tu non ami la libertà. Sei uno schiavo. Noi non sogniamo.

S.: Io sono schiavo solo della voglia di conoscere gli altri. Nemmeno quando ero ad Atene sono mai stato costretto a nulla. Salvo forse nelle passioni del corpo, finché compresi che bellezza avesse l’anima. Dunque amico mio, non adirarti se ti chiedo ancora qualcosa… Se tutti dicessero di te che sei un omicida sarebbe vero se tu non avessi mai commesso un delitto?

B.u.: Non ho mai ucciso uomo. Amo tutti io, anche gli animali e le piante…

S.: Me ne compiaccio. Ma se ciò accadesse e tutti lo reputassero vero avresti mai ucciso qualcuno?

B.u.: No di certo.

S.: Ma non hai forse detto poc’anzi che non esistono verità se non quelle condivise?

B.u.: L’ho detto, ma…

S.: Dunque converrai che se si condividesse l’idea di te omicida tu saresti un omicida per tutti.

B.u.: Non lo sarei.

S.: Ma per tutti lo saresti. Come sarebbe facile affermare che tutto ciò che occupa i vostri ospedali sia fasullo, una invenzione pur, magari, essendo realmente esistente. Potrebbero anche costruire prove fasulle per cui tu possa essere altro da ciò che sei. E questo vale anche per una malattia. Può essere realmente presente così come no? Converrai su questo, vero? Se una malattia non esiste come fa ad esistere? Ma se esistesse e diciamo ora che non esiste potremmo essere in errore?

B.u.: Se costruissero prove su di me fasulle dovrei convincere che si sbagliano e lotterei per la mia salvezza dal carcere. Se una cosa è non può non essere.

S.: Quindi tu hai prove che dicano che siano false le teorie per cui una malattia sia falsa?

B.u.: Ho prove che dicono che il morbo covidico non esiste.

S.: Quindi esistono coloro che riconoscono prove per cui non esiste. E altre che dicono che esiste?

B.u.: Sì.

S.: Vuol dire quindi che entrambe le strade potrebbero esser vere, o sbaglio? Poi resta pure della tua convinzione. Qui stiamo parlando fra amici.

B.u.: Potrebbero.

S.: Dunque esistono due possibilità: esiste un morbo o non esiste. Ed entrambe le strade si basano su prove che non sappiamo se siano vere. In ogni caso potrebbero essere smentite da qualcuno no?

B.u.: Il tuo ragionare è capzioso ma io non ho paura degli agenti del Sistema. Non mi convincerai mai.

S.: Non ne ho intenzione. Io vengo dall’Atene lontana nel tempo e non so nulla del tempo che vivi. Se esistono due strade con convinzioni valide in entrambi i casi, come fai a distinguere la strada vera dalla falsa?

B.u.: La distinguo perché il vero si impone quando la condivisione è massima.

S.: E dimmi. Come funziona la medicina secondo i tuoi nemici?

B.u.:Si racconta che si sperimenta. Sappi che fra le case farmaceutiche c’è battaglia perché esistono poteri che vogliono solo guadagnare denaro. Si sperimenta, i dati vengono resi pubblici e poi c’è qualcuno che vuole affossarli fra loro. Finché non si giunge a una conclusione ritenuta alla fine valida. Ma tutto è pilotato.

S.: Ho capito. Quindi si discute insieme, come in una piazza del problema, e poi si trova la cura? È così?

B.u.: Questo è quanto ci dicono. Ma io non abbocco come un pesce all’amo. Nessuno ci riesce. Io so questo

S.: Ma tu in cosa sei sapiente?

B.u.: Io sono sapiente perché quando ho dati dinanzi di questi soloni della scienza so che sono falsi in partenza. Perché condurre battaglie contro le medicine che dà già la natura? Nella natura trovi tutto ciò che serve.

S.: Carissimo, nella mia Atene ho visto gente raccontarmi di malattie terribili. Ho visto corpi butterati dal vaiolo. Ho visto gemere dai lamenti di pustole che partivano da sotto le ascelle. Un male peggiore di altri attanagliava la città. Hanno usato ogni erba. Tantissimi morivano. Non c’era medicina che curava, salvo interventi degli dèi o la fuga.

B.u.: Perché non conoscevate la capacità del corpo di generare positività. Si moriva per lo spavento. Ciò influisce…

S.: Ma io tante volte mi sono spaventato di fronte a una febbre eppure non sono mai morto. Mi uccise un’erba, la cicuta. Farmaco, pensavo, per la mia anima che poteva andare verso la verità. Ma eccomi qui. La natura non è sempre la cura

B.u.: Sei stato sfortunato. Leggevo su Facebook che una bevanda, un antibiotico (parole che non capisci ce ne sono…) ti salvano da questo morbo. Ma non esiste la malattia. E io starnutisco addosso a tutti, facendo finta. Che ridere quando scappano. Sono stolti! Ahahahahahah.

S.: Ma se per caso un morbo arrivasse tramite l’aria dello starnuto all’altro tu saresti colpevole del passare una malattia?

B.u.: Solo se esistesse.

S.: E come fai a dire che una malattia non esiste? E’ o no vero che anche la posizione contraria, per l’idea di libertà che ami, può essere vera?

B.u.: La vera libertà non si fa comprare, ma la si vive. Ma in teoria potrebbe esser giusto che la posizione contraria sia vera

S.: Dunque se può essere vera l’altra posizione, non sarebbe il caso anche di dire che la tua posizione è opinione fra tante altre e che quanto dici non esista sia invece vero? E che il tuo, presumiamo non essere (l’idea che hai sempre creduto vera) sia divenuto essere? Ti ritrovi?

B.u.: Effettivamente sì …Ma scusa non posso restare qui. Devo andare ad ascoltare Ernesto che mi attende. Oggi parla di come poter accusare questo governo che ci impone una dittatura sanitaria di terrorismo.

S.: Amico mio, vai pure. Ma rammenta che una verità non soggiace mai all’opinione non contrastata ma vive sempre nel dialogo. Se combatti solamente imporrai una idea. Se invece cerchi la pace con l’altro eserciterai la libertà e la verità. Cerca il vero. Potrebbe anche darsi che sia altro dal tuo pensiero…Una verità, mi insegni, va considerata nei suoi massimi estremi, nel suo imporsi. Ma se una sua imposizione non è certa, come fai a dire che qualcosa sia vero in sé? Lasciati impregnare di dubbio. Se si dibatte insieme con chi i dati li vede e cerca pure di abbattere l’altro fino a giungere a verità, come nella vostra scienza, forse sarei più certo di chi immagina e si basa solo su un dato, magari solo il proprio vissuto. Ma non perché abbia preso il partito del riconoscere il morbo ma solo perché una oggettività si determina immutabilmente. D’altronde se i morti esistono nei dati potremmo mai pensare a un complotto talmente grande da ammazzarli tutti, contemporaneamente, andando contro una legge? Io credo che una legge abbia sempre dentro un contenuto più importante delle mie particolari idee. Per questo decisi di non oppormi alla condanna. Perché una legge seppur sbagliata è legge e non accettarla è un male. Ora se una legge vuole salvare vite mi viene il dubbio che in realtà rinnegarla sia il male peggiore. Non è che hai trasformato il tuo non essere in essere?

B.u.: Non è possibile che io mi inganni. Puoi dirmi quello che vuoi ma non ci casco. Salute Socrate scocciatore. Pagato dal sistema! Nessuno me lo toglie dalla mente. La filosofia è inutile. Serve vedere il vero.

S.: La mia sola moneta è aver dialogato con te senza importi nulla.

B.u.: Addio, Socrate…

S.: Salute e buona vita amico…

F.: Socrate, ma allora mi spieghi cosa significa trasformare il non essere in essere? E com’è possibile che una causa della malattia che non è vita in sé (dicono virus) sia vita?

S.: Per un’altra strada andiamo, Fedro caro…Ti risponderò a suo tempo.


Fontehttps://pixabay.com/it/vectors/la-morte-di-socrate-socrate-6471743/
Articolo precedenteBando “Ecosistemi dell’Innovazione”: otto progetti del Poliba approvati alla fase del finanziamento
Articolo successivoGrazie, Salvatore
Antonio Cecere (1980), docente di Filosofia e Storia presso il Liceo Tito Livio di Martina Franca. Laurea in Filosofia presso l’Università degli studi di Bari nel 2004, con relatore il prof. Francesco Fistetti e una tesi in Storia della filosofia contemporanea su Karol Wojtyla. Appassionato di Bioetica, ha conseguito il Master in Bioetica e Consulenza filosofica a Bari e il Master in Bioetica per le sperimentazioni cliniche e i Comitati etici presso il Politecnico delle Marche oltre a vari perfezionamenti di ambito pedagogico e didattico. Impegnato nella Cisl Scuola, è in Azione Cattolica per cui attualmente coordina il Mlac di Taranto come incaricato. Socio Uciim, insegna filosofia anche agli adulti presso l’Università popolare Agorà di Martina Franca. Fra le sue passioni lo studio della storia, il calcio e la musica rock. In passato, oltre che clown terapeuta presso l'asssociazione Mister Sorriso di Taranto, è stato anche conduttore di programmi radiofonici. Presso il Liceo Tito Livio, da qualche anno, coordina il Progetto Percorsi di Bioetica per avvicinare, attraverso modalità didattiche innovative e con la collaborazione di esperti esterni, gli allievi alla cittadinanza bioetica. Ideatore di vari caffè filosofici nella provincia di Taranto e in Valle d'Itria.

2 COMMENTI

  1. Bella trasposizione calata armonicamente in tempi e modi tanto da lasciare il lettore anelare la fine delle stesse riflessioni, quasi a voler scoprire anch’egli il suo “non essere” che si trasforma.

Comments are closed.