Francesco: “Non possiamo restare indifferenti, il mondo ha un’ardente sete di pace”
“Solo la pace è santa. Solo la pace è santa, non la guerra!”. Con queste forti parole, Papa Francesco, si avviava a concludere il discorso rivolto ai partecipanti, alla Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace: Sete di pace. Religioni e culture in dialogo, tenutasi ad Assisi lo scorso 20 settembre.
Il Papa ha ribadito, con energetiche e robuste parole, il no al: “…paganesimo dell’indifferenza” e ha sottolineato l’importanza della volontà a collaborare perché: “La preghiera e la volontà di collaborare impegnano a una pace vera, non illusoria: non la quiete di chi schiva le difficoltà e si volta dall’altra parte, se i suoi interessi non sono toccati; non il cinismo di chi si lava le mani di problemi non suoi; non l’approccio virtuale di chi giudica tutto e tutti sulla tastiera di un computer, senza aprire gli occhi alle necessità dei fratelli e sporcarsi le mani per chi ha bisogno”.
È un’accorata invocazione a Dio quella, che Papa Francesco, ha elevato ad Assisi, per l’incontro “Sete di Pace”. Presenti più di 500 rappresentanti di ogni religione, il Papa con tono, veemente, ha affermato che: “…la grande malattia del nostro tempo: è l’indifferenza”. Un “virus”, ha detto, che “paralizza, rende inerti e insensibili, un morbo che intacca il centro stesso della religiosità, ingenerando un nuovo tristissimo paganesimo: il paganesimo dell’indifferenza”.
Facendo memoria del suo viaggio a Lesbo, in Grecia il 16 aprile 2016, Francesco dice: “Non possiamo restare indifferenti”, particolarmente oggi che “il mondo ha un’ardente sete di pace”, che “in molti Paesi si soffre per guerre, spesso dimenticate, ma sempre causa di sofferenza e povertà”. Lui queste persone sofferenti le guardate negli occhi durante il viaggio a Lesbo. “Abbiamo visto negli occhi dei rifugiati il dolore della guerra, l’angoscia di popoli assetati di pace…la cui vita è stata sconvolta…bambini, che non hanno conosciuto nella vita altro che violenza…anziani, costretti a lasciare le loro terre. Tutti loro hanno una grande sete di pace“.
La pace di cui ha bisogno il mondo intero: “…non è una semplice protesta contro la guerra”, ancor meno “…il risultato di negoziati, di compromessi politici o di mercanteggiamenti economici”. L’umanità è assetata di pace, una pace che non può fuoriuscire dai: “…deserti dell’orgoglio e degli interessi di parte, dalle terre aride del guadagno a ogni costo e del commercio delle armi”.
Il Papa avviandosi alla conclusione del suo discorso dice che la pace è una: ”…parola tanto semplice e al contempo difficile…”. Per Papa Francesco pace significa:
- “Perdono che, rende possibile sanare le ferite del passato”.
- “Accoglienza, disponibilità al dialogo, superamento delle chiusure, che non sono strategie di sicurezza, ma ponti sul vuoto”.
- “Collaborazione, scambio vivo e concreto con l’altro, che costituisce un dono e non un problema, un fratello con cui provare a costruire un mondo migliore”.
- “Educazione una chiamata ad imparare ogni giorno la difficile arte della comunione, ad acquisire la cultura dell’incontro, purificando la coscienza da ogni tentazione di violenza e di irrigidimento, contrarie al nome di Dio e alla dignità dell’uomo”.
Ricordando la storica visita di Giovanni Paolo II ad Assisi, il 27 ottobre 1986, Francesco riprende un passaggio del discorso tenuto, ai rappresentanti delle chiese cristiane e comunità ecclesiali e delle religioni mondiali: “La pace è un cantiere aperto a tutti, non solo agli specialisti, ai sapienti e agli strateghi. La pace è una responsabilità universale”, ed invita:
- i Credenti a diventare e ad essere: “artigiani di pace”;
- i Capi Religiosi ad: “…essere solidi ponti di dialogo, mediatori creativi di pace”;
- i Capi delle Nazioni a non stancarsi di: “…cercare e promuovere vie di pace, guardando al di là degli interessi di parte e del momento.”
Ogni vivente, ogni uomo, ogni donna, ogni credente e non, è ‘tenuto’ ad essere responsabile e costruttore di pace, quella pace di cui: “l’umanità è assetata”.
La guerra, meglio le tante guerre in corso, non cesseranno, dopo la lettura di questo scritto, si ricomincerà a contare i morti, a costruire nuovi muri e ad occupare nuovi territori, se le Religioni, alcune in particolare, non imparano, in fretta, a mostrare il volto del vero Dio e che nel nome di Dio non può essere giustificata nessuna violenza, nessuna occupazione, nessuna guerra o crociata santa, perché Dio è solo grande nella pace.
Uomini e donne di ogni fede, religiosa o laica, convinti e determinati, senza se e ma, nel dire no al terrore, no a un falso “dio grande”, crudele e assassino, e che svelino il vero volto di un’umanità che è capace di essere solidale e di con-vivere.