Stalking e femminicidio nella vicenda di Santa Scorese. Vittima di violenza maschile. Capace di perdono. Per statura umana e religiosa, icona di donna da proporre l’8 marzo

“Santa delle perseguitate”, “Santa delle altezze”, “Santuzza di nome e di fatto”, “Volto giovane della santità”…

Espressioni che si addicono perfettamente a Santa Scorese (1968-1991), fiore di ragazza nata e vissuta in Puglia, vittima a soli 23 anni di uno stalker psicopatico.

Ha lasciato una fulgida testimonianza di dignità femminile e di vita cristiana.

È facile riconoscere, nel suo nome, il segno premonitore di un disegno divino. La si paragona alla dodicenne Maria Goretti. La si indica come figura di eccellenza nel laicato cattolico contemporaneo, specie dopo l’avvio del processo di canonizzazione a iniziativa dell’arcidiocesi di Bari-Bitonto (1998).

I fatti si consumano tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, con il luttuoso epilogo del 16 marzo 1991.

L’opinione pubblica italiana è attraversata dal maschilismo strisciante, ma in seno ad essa matura la convinzione che i comportamenti molesti e gli atteggiamenti persecutori a sfondo sessuale siano da prevenire e reprimere con sanzioni penali. La legislazione non offre tuttavia tutele adeguate, come invece avverrà a partire dal 2009. Eppure sono ancora tanti gli stalker e sono 116 i femminicidi nel 2016!

Santa è una ragazza speciale. Affascinante. Sensibile. Impegnata. Vitale. Giovane e matura al tempo stesso. Capace di alternare “l’attività frenetica alla calma contemplativa”, come osserva con intelligenza il biografo Giuseppe Micunco. Si direbbe una ragazza “contemplattiva”, con due “t”, secondo l’accezione di don Tonino Bello.

Nasce a Bari il 6 febbraio 1968. Nel capoluogo pugliese frequenta le scuole dell’obbligo, consegue la maturità classica all’Orazio Flacco, è prossima a compiere gli studi universitari di Magistero. Ottimi i risultati. Ma non le bastano: nel cuore le si accende il fuoco della vocazione religiosa, e quello della misericordia nel rapporto umano. Sceglie di frequentare l’istituto delle Missionarie di padre Kolbe a Palese, di prestare la sua opera nella Croce Rossa Italiana, di recarsi come volontaria in una casa di riposo, di seguire le attività del movimento Gen 2, animato da Chiara Lubic che la indicherà come “misura elevata dell’esistere in purezza”.

Santa non disdegna neppure l’attivismo in parrocchia. Ed è proprio lì che conosce il futuro assassino, un uomo di 31 anni, dalla personalità ambigua, alla cui amicizia non tiene affatto, al punto da apostrofarlo come “lurido individuo” dopo il primo tentativo di aggressione. La giovane annota sul suo diario: “Ieri pomeriggio mi sono spaventata e, nello stesso tempo, tanto arrabbiata che ho urlato come un’isterica contro quel tizio che mi segue. Con una faccia da ebete, mi ha detto cose sconce, che mi hanno fatto venire il voltastomaco. Non so proprio come fare per togliermelo di torno e non nascondo che se prima avevo solo paura, ora ho il terrore di vederlo tra i piedi. Ci si può aspettare di tutto da un tipo come quello”.

Figura diabolica, quell’uomo non le dà tregua! La perseguita per anni, e non appena può, la colpisce con tredici fendenti alla gola e al petto. E la finisce. È femminicidio! In una tiepida serata che volge alla primavera.

Santa rincasa raggiungendo ansiosa la propria abitazione in viale Europa, a Palo del Colle, dove la famiglia Scorese si è trasferita proprio per sottrarla alle fastidiose attenzioni di Giuseppe D.

La giovane suona il citofono di casa. Vuole farsi aprire il portone. Il suo persecutore esce dal cono d’ombra in cui si nasconde e le si scaglia contro con un coltello da cucina. Poi fugge.

Il signor Pietro, papà di Santa, è il primo a soccorrerla. Quindi gli altri familiari. Precipitosa corsa al Policlinico di Bari, nel tentativo disperato di salvarla. Santa perde molto sangue dalle lesioni procurate. Il medico del pronto soccorso è sgomento nell’accogliere il suo corpo trafitto, ma percepisce con chiarezza le parole di perdono che la giovane pronuncia riferendosi all’aggressore. Poi le cure disperate. Cinque ore di agonia, la morte.

Santa “rinasce” con il rinvenimento dei suoi diari manoscritti, così intrisi di libertà, di voglia di vivere e pregni di spiritualità incarnata. Un fiume di considerazioni luminose, di riflessioni profonde, d’impegni maturati fra il 1986 e il 1990. Rendono esplicito l’intenso percorso interiore.

Il modello di donna è Maria: in lei la bellezza del corpo si lega alla finezza spirituale. L’urgenza, per Santa, è discernere la propria vocazione, ma anche saperla annunciare…: “Come fai a spiegare che Dio si è innamorato di te, e tu di Lui, e vuoi corrispondere al suo amore?”

Santa ci prova. È il 6 agosto 1986: “Siamo stati fatti per i cieli… vorrei avere ali d’aquila e spiccare voli sempre più alti. Sarò giglio, vela, aquila, musica perché Tu sei tutto questo”. Aggiunge: “Sono disposta, mio Dio, a fare ciò che vuoi, costi quel che costi; ho scelto te, Signore, perché ti amo, perché mi ami. Tu sei il fuoco che arde in me, il sole che mi dà calore. Sei l’acqua cristallina e pura in cui la mia anima vuole rispecchiarsi e di cui ha sete”.

Sono chiare parole di un’innamorata. Che però non disdegna il mondo, non è avulsa dalla realtà: “Come non amarti, Signore, negli altri? Grazie per tutti quelli che mi hai fatto incontrare nella vita, perché ognuno è dono, anche chi non mi piace”.

Il 15 maggio 1988 fa sintesi: “Se il Signore mi chiama, è perché io stia nel mondo ma non sia di questo; é perché vuole che io stia soprattutto con Lui e poi sia per Lui”.

La fedeltà al Signore è piena, ma fortemente avversata dallo stalker, che vorrebbe Santa tutta per sé, anche a costo di annientarla in odium fidei.

Gli scritti spirituali di Santa Scorese risultano straordinariamente fecondi di attenzioni, specie in ambito giovanile. La sorella Rosa Maria ne offre la cifra: “Santa parla alle nuove generazioni di grandi ideali, con il linguaggio della coerenza delle scelte e l’esuberanza tipica della sua giovane età. La sua vicenda, però, è il racconto dell’impotenza delle istituzioni di allora. Se ci fosse stata la legge sullo stalking, probabilmente oggi proporremmo un’altra storia”.

Quella vera, serve comunque a riflettere sull’irriducibile dignità della donna, qualità presente nella storia di Santa: oggi riproposta attraverso le suggestioni sceniche dell’efficace spettacolo-oratorio allestito dal Teatro della fede di Alfredo Traversa, o con le importanti pubblicazioni L’attirerò a me (Stilo 2000) e Le zolle fiorite (Stilo 2003), con il significativo premio alla bontà annualmente assegnato in ambito scolastico, con il crescendo delle iniziative culturali, religiose e artistiche dedicate alla giovane di Palo, con il foglio di collegamento tra gli “amici di Santa”, pubblicato ormai da decenni “per meglio conoscerne la spiritualità, raccogliere la documentazione e testimoniare la sua breve ma intensa esistenza; per diffondere l’esempio e i valori da lei incarnati”.

La testata è denominata Su ali d’aquila, secondo le parole del Deuteronomio e del Salmo 90 tanto apprezzate da Santa: “E ti rialzerò, ti solleverò, su ali d’aquila ti reggerò, sulla brezza dell’alba ti farò brillare, come il sole… così nelle mie mani vivrai”.

 

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Renato Brucoli (Terlizzi, 1954) è editore e giornalista pubblicista. Attivo in ambito ecclesiale, ha collaborato con don Tonino Bello dirigendo il settimanale d’informazione religiosa della diocesi di Molfetta e il Settore emerge della Caritas, in coincidenza con il primo e secondo esodo dall’Albania in Italia (marzo-agosto 1991) e per alcune microrealizzazioni di ambito sanitario nel “Paese delle Aquile”. Nella sfera civile ha espresso particolare attenzione al mancato sviluppo delle periferie urbane e fondato un’associazione politica di cittadinanza attiva. Ha anche operato nella Murgia barese per la demilitarizzazione del territorio. Autore e curatore di saggi biografici su don Tonino Bello e altre personalità del Novecento pugliese, dirige la collana Alfabeti per le Edizioni Messaggero Padova. Direttore responsabile della rivista Tracce, collabora mensilmente con il periodico La Nuova Città. È addetto stampa per l’associazione Accoglienza Senza Confini Terlizzi che favorisce l’ospitalità di minori bielorussi in Italia nel dopo Chernobyl. L’Università Cattolica del Sacro Cuore, per la quale ha pubblicato una collana di Quaderni a carattere pedagogico sul rapporto adulto-adolescente, gli ha conferito la Medaglia d’oro al merito culturale. L’Ordine dei Giornalisti di Puglia gli ha attribuito il Premio “Michele Campione”: nel 2013 per l’inchiesta sul danno ambientale procurato da un’industria di laterizi; nel 2015 per la narrazione della vicenda umana e sportiva di Luca Mazzone, campione del mondo di paraciclismo.